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«Voleva liberarsi di me» rispose Marlene a bassa voce.

14 A caccia

XXIX

Erano trascorsi cinque anni dalla Partenza. Crile Fisher stentava a crederci, gli sembrava che fosse passato molto più tempo, un’infinità di tempo. Rotor non apparteneva al passato, ma a un’altra esistenza completamente diversa, a cui lui riusciva a pensare solo con incredulità crescente. Aveva vissuto davvero in quel luogo? Aveva avuto una moglie?

Ricordava soltanto la figlia, bene… e anche quel ricordo conteneva elementi confusi, perché a volte gli sembrava di ricordarla come un’adolescente.

Naturalmente, il problema era aggravato dal fatto che la sua vita negli ultimi tre anni, da quando la Terra aveva scoperto la Stella Vicina, era stata frenetica. Crile Fisher aveva visitato sette Colonie.

Erano tutte abitate da Coloni del suo stesso colore di pelle, che parlavano più o meno la sua lingua e possedevano più o meno il suo retaggio culturale. (Ecco il vantaggio della varietà terrestre. La Terra era in grado di fornire agenti simili, in quanto ad aspetto esteriore e cultura, alla popolazione predominante di qualsiasi Colonia.)

Naturalmente, le sue capacità di inserimento in una Colonia non erano illimitate. Per quanto in superficie somigliasse ai suoi abitanti, Crile conservava sempre un accento caratteristico, non riusciva a muoversi con la grazia di un colono quando la gravità cambiava, non era in grado di galleggiare leggero come loro in condizioni di bassa gravità. Su ogni Colonia che visitava, si tradiva in vari modi, e loro si ritraevano sempre un po’ da lui, lo emarginavano, anche se si era sottoposto alla quarantena e alle terapie mediche prima di ricevere il visto di ingresso.

Naturalmente, Crile rimaneva su ogni Colonia solo alcuni giorni, o qualche settimana al massimo. Non doveva stabilirsi a lungo o crearsi una famiglia come aveva fatto su Rotor. Ma allora Rotor aveva l’iperassistenza, e, dopo la partenza di Rotor, la Terra aveva cercato informazioni di minor importanza, o almeno a Crile erano stati assegnati incarichi meno importanti.

Era rientrato da tre mesi. Non c’era nessun nuovo incarico in vista, e lui non era ansioso di iniziare un’altra missione. Era stanco di quegli sballottamenti continui, di non avere un minimo di stabilità, delle radici… stanco di fingersi un turista.

Adesso era con Garand Wyler, il suo vecchio amico e collega, che era appena tornato da una Colonia e lo stava fissando con occhi stanchi. La pelle scura della sua mano luccicò alla luce quando sollevò la manica un attimo accostandola al naso.

Fisher abbozzò un sorriso. Conosceva quel gesto, anche lui lo aveva fatto. Ogni Colonia aveva un odore caratteristico, a seconda dei prodotti agricoli che coltivava, delle spezie che usava, dei profumi che prediligeva, dei macchinari e dei lubrificanti utilizzati. Ci si abituava presto, ma tornando sulla Terra l’odore della Colonia rimaneva addosso, in modo percettibile. E anche se si faceva il bagno e si lavavano gli indumenti perché gli altri non notassero nulla, addosso a sé si sentiva ancora quell’odore.

«Bentornato» esordì Fisher. «Com’era la tua Colonia questa volta?»

«Come sempre… terribile. Il vecchio Tanayama ha ragione. La cosa che tutte le Colonie temono e odiano maggiormente è la varietà. Non vogliono nessuna diversità in fatto di aspetto fisico, gusti, abitudini, tipo di vita… Si scelgono in maniera tale da creare un complesso uniforme, e disprezzano tutto il resto.»

«È vero. Che peccato…»

«Mi sembra un commento piuttosto cinico e superficiale, il tuo» obiettò Wyler. «"Che peccato… Oops, mi è caduto il piatto. Che peccato… Oh, questo aggeggio non funziona. Che peccato." Stiamo parlando dell’umanità, Crile. Stiamo parlando dei lunghi sforzi che la Terra ha compiuto per trovare il modo di far convivere tutte le culture, tutte le razze. Non è ancora perfetto, ma se pensi alla situazione esistente un secolo fa, be’, siamo in paradiso adesso. Poi, invece, quando abbiamo la possibilità di andare nello spazio, ecco che gettiamo tutto al vento e torniamo ai secoli bui del passato. E tu dici: "Che peccato." Bella reazione, di fronte a una tragedia enorme!»

«D’accordo» replicò Fisher. «Ma a meno che tu non sappia indicarmi qualcosa di concreto che io possa fare per risolvere il problema, che importanza ha la superficialità del mio commento? Sei stato su Akruma, vero?»

«Sì.»

«Sanno della Stella Vicina?»

«Certo. Ormai la notizia si è sparsa su tutte le Colonie, a quanto mi risulta.»

«Erano preoccupati?»

«Assolutamente. Perché dovrebbero preoccuparsi? Hanno migliaia di anni. Possono andarsene tranquillamente, prima che la stella si avvicini troppo… se ci sarà una situazione di pericolo, cosa di cui non siamo affatto sicuri. Possono andarsene tutti. Ammirano Rotor, e aspettano solo l’occasione giusta per partire anche loro.» Wyler era accigliato, il suo tono era amaro. «Partiranno tutti, e noi rimarremo qui, bloccati» proseguì. «Come faremo a costruire Colonie sufficienti per otto miliardi di esseri umani?»

«Sembri Tanayama. Non servirà a nulla dargli la caccia e punirli, o distruggerli. Saremo ancora qui, bloccati. Se tutti restassero qui, buoni e obbedienti, ad affrontare la Stella Vicina con noi, la nostra situazione migliorerebbe?»

«Vedo che non te la prendi, Crile. Tanayama è furioso, invece, e io sono con lui. È abbastanza furioso da mettere a soqquadro la Galassia, se necessario, per trovare l’iperassistenza. La vuole… così potremo dare la caccia a Rotor e cancellarlo dalla faccia dell’universo… e anche se questo non servirà a nulla, avremo bisogno dell’iperassistenza per allontanare dalla Terra il maggior numero possibile di esseri umani, se scopriremo che il passaggio della Stella Vicina avrà conseguenze catastrofiche. Quindi, quello che sta facendo Tanayama è giusto, anche se i suoi motivi sono sbagliati.»

«Supponi che abbiamo l’iperassistenza e che ci accorgiamo di disporre solo del tempo e dei mezzi necessari per mettere in salvo un miliardo di persone. Quale sarà questo miliardo di persone che partirà? E cosa succederà se i capi, i responsabili, cominceranno a salvare solo quelli come loro?»

«Mi rifiuto di pensarci» borbottò Wyler.

«Già» annuì Fisher. «Per fortuna saremo morti e sepolti, prima che cominci a muoversi qualcosa.»

Wyler abbassò di colpo la voce. «Se è per questo, forse si sta già muovendo qualcosa. Ho il sospetto che abbiamo l’iperassistenza, adesso… o che l’abbiamo quasi.»

L’espressione di Fisher era notevolmente cinica. «Cosa te lo fa pensare? Sogni? Intuito?»

«No. Conosco una donna, e sua sorella conosce un collaboratore del Vecchio. Ti basta?»

«Certo che no. Dovrai essere più esplicito.»

«Non posso. Senti, Crile, sono un amico, no? Ti ho aiutato a rientrare nell’Ufficio con la posizione di prima, lo sai.»

Crile annuì. «Lo so e lo apprezzo. E ho cercato di ricambiare il favore di tanto in tanto.»

«Sì, e lo apprezzo. Bene, ora voglio darti delle informazioni riservate, che dovrebbero essere utili e importanti per te, credo. Sei disposto ad ascoltarle e a dimenticare che sono stato io a dirti queste cose?»

«Dispostissimo.»

«Sai cosa abbiamo fatto negli ultimi tempi, naturalmente…»

«Sì» si limitò a rispondere Fisher, trattandosi di una domanda retorica del tutto inutile.

Da cinque anni gli agenti dell’Ufficio (negli ultimi tre anni anche Fisher) frugavano tra i "rifiuti informativi" delle Colonie. Erano a caccia di scarti.

Ogni Colonia stava lavorando all’iperassistenza, proprio come la Terra, da quando era trapelato che Rotor disponeva di quella tecnica, sicuramente da quando Rotor aveva dato una dimostrazione pratica lasciando il Sistema Solare.