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«Be’, Siever, sei un vero psicologo» osservò Eugenia, con leggerezza voluta.

«No, assolutamente. Capisco solo questa situazione. L’ho vissuta anch’io.»

«Oh…» Eugenia parve imbarazzata.

«Stai tranquilla, Eugenia. Non ho intenzione di compiangere me stesso, e non stavo cercando di commuoverti per spingerti a offrire un po’ di comprensione e tenerezza a una povera creatura distrutta… perché non sono una povera creatura distrutta. Ho quarantanove anni, non quindici, e sono in pace con me stesso. Se fossi stato bello e stupido quando avevo quindici anni, o ventuno, cosa che allora desideravo, adesso indubbiamente non sarei più bello… però sarei ancora stupido. Quindi, in fin dei conti, il problema l’ho risolto, ce l’ho fatta, e sono certo che ci riuscirà anche Marlene… se ci sarà il tempo.»

«Cosa vorresti dire?»

«Marlene mi ha detto che ha parlato con il nostro caro amico Pitt, e che l’ha provocato volutamente per far sì che accettasse di mandarti su Eritro, perché così si sarebbe liberato anche di lei.»

«Non l’approvo» intervenne Eugenia. «Non mi riferisco al fatto che abbia influenzato Pitt, perché non credo che Pitt sia facilmente influenzabile. Marlene non doveva nemmeno provarci. Ormai pensa di potere manovrare le persone come marionette, e potrebbe finire in guai seri.»

«Eugenia, non voglio spaventarti, ma credo che Marlene si trovi già in guai seri. O almeno, forse Pitt spera che lei finisca nei guai.»

«Via, Siever, è impossibile. Pitt sarà anche ostinato e prepotente, però non è cattivo. Non se la prenderà con un’adolescente per così poco, per i giochetti sciocchi di Marlene.»

La cena era finita, ma le luci erano ancora un po’ basse nell’alloggio piuttosto elegante di Genarr, ed Eugenia corrugò leggermente la fronte quanto Genarr si sporse in avanti per premere il contatto che attivava lo schermo.

«Segreti, Siever?» chiese con una risata forzata.

«Sì, Eugenia. Dovrò fare di nuovo lo psicologo. Tu non conosci Pitt, non come lo conosco io. Io l’ho contrastato, ero in competizione con lui… ecco perché mi trovo qui. Voleva liberarsi di me. Nel mio caso, però, la separazione è sufficiente. Può darsi che non basti nel caso di Marlene.»

Altra risata forzata. «Via, Siever. Che stai dicendo?»

«Ascolta, e capirai. Pitt ama la segretezza. Detesta che gli altri conoscano le sue intenzioni. Prova un senso di potere quando percorre un sentiero misterioso trascinando con sé la gente ignara.»

«Forse hai ragione. Ha tenuto nascosta la scoperta di Nemesis, e mi ha obbligata a non rivelare nulla.»

«Ha molti segreti, più di quanti immaginiamo, ne sono certo. Ma a un certo punto entra in scena Marlene… per lei i pensieri e i motivi occulti di una persona sono chiari come il giorno. Una cosa che non piace a nessuno, soprattutto a Pitt. Quindi, Pitt ha mandato qui Marlene… e anche te, dal momento che non avrebbe potuto mandarla senza di te.»

«D’accordo. E allora?»

«Credi che la rivoglia indietro, per caso?»

«Questa è paranoia, Siever. Secondo te, Pitt avrebbe intenzione di tenerla in esilio per sempre? Che assurdità!»

«Può farlo, in un modo. Vedi, Eugenia, tu non conosci bene la storia della Cupola… le fasi iniziali della sua storia le conosciamo solo io e Pit, e pochissimi altri. La mania di segretezza di Pitt è sempre valida, anche qui. Devo spiegarti perché rimaniamo nella Cupola e non cerchiamo di colonizzare il pianeta…»

«Me l’hai spiegato. Il tipo di luce…»

«Questa è la spiegazione ufficiale, Eugenia. Accetta la luce: ci si può abituare. Pensa alle altre cose che abbiamo: un mondo con una gravità normale, un’atmosfera respirabile, una temperatura piacevole, cicli meteorologici e climatici che ricordano quelli terrestri, nessuna forma di vita a parte i procarioti, che non sono nocivi. E nonostante questo, non muoviamo un dito per colonizzare il pianeta, neppure in modo limitato.»

«Sentiamo, perché?»

«Quando la Cupola era sorta da poco, tutti uscivano liberamente a esplorare l’esterno. Non prendevano precauzioni particolari, respiravano l’aria, bevevano l’acqua.»

«Sì?»

«E alcuni si sono ammalati. Mentalmente. Permanentemente. Non erano pazzi furiosi, però… erano alienati dalla realtà. Alcuni sono migliorati col tempo, ma nessuno si è ripreso completamente, a quanto mi risulta. Non è un male contagioso, pare, e questi ammalati vengono curati su Rotor… con discrezione.»

Eugenia aggrottò le ciglia. «Stai inventando tutto, Siever? Io non ho mai sentito nulla di questa storia.»

«Ti ricordo ancora la mania di segretezza di Pitt. Non era necessario che tu ne fossi informata. Non riguardava il tuo campo. Io invece dovevo saperlo, perché sono stato mandato qui a occuparmi del problema. Se avessi fallito, forse avremmo dovuto abbandonare completamente Eritro, e una coltre di paura e di scontento sarebbe scesa su noi tutti.» Genarr rimase un attimo in silenzio prima di continuare. «Non dovrei dirti queste cose. In un certo senso, sto violando il mio giuramento. Però, per amore di Marlene…»

Un’espressione di profonda inquietudine attraversò il volto di Eugenia. «Che stai dicendo? Che Pitt…»

«Che Pitt può aver pensato che Marlene potrebbe contrarre quello che noi chiamiamo "Morbo eritrotico". Non la ucciderebbe. Non la farebbe nemmeno star male, non nel senso che si intende normalmente, però le altererebbe la mente in maniera tale da annullare la sua dote particolare… e Pitt avrebbe raggiunto lo scopo.»

«Ma è orribile, Siever. Inconcepibile. Esporre una bambina…»

«Non sto dicendo che succederà, Eugenia. Non è detto che Pitt debba ottenere sempre quel che vuole. Una volta arrivato qui, ho introdotto metodi protettivi drastici. Usciamo solo indossando delle tute apposite, e rimaniamo all’esterno il minimo indispensabile. Anche i procedimenti di filtraggio della Cupola sono stati perfezionati. Da quando ho introdotto queste misure, abbiamo avuto solo due casi, entrambi leggeri.»

«Ma quale è la causa, Siever?»

Genarr sbottò in una breve risata. «Non lo sappiamo. Ecco la cosa peggiore. Non possiamo migliorare ulteriormente le nostre difese. Abbiamo fatto degli esperimenti accurati, e pare che nell’aria e nell’acqua non sia presente alcun elemento nocivo. Nemmeno nel terreno… in fin dei conti, lo abbiamo proprio qui nella Cupola, non possiamo separarci dal terreno. Abbiamo anche l’aria e l’acqua, opportunamente filtrate. Eppure, molte persone hanno respirato l’aria naturale di Eritro e hanno bevuto l’acqua naturale di Eritro senza alcuna conseguenza.»

«Devono essere i procarioti, allora.»

«Impossibile. Tutti li abbiamo ingeriti o respirati inavvertitamente, e li abbiamo usati per dei test sugli animali. Non è successo nulla. Inoltre, se fossero i procarioti, il Morbo dovrebbe essere contagioso e, come ho detto, non lo è. Abbiamo fatto. altri esperimenti con le radiazioni di Nemesis, e anche quelle sembrano innocue. E poi, una volta, solo una volta, una persona che non era mai stata all’esterno si è ammalata nella Cupola. È un mistero.»

«Tu non hai nessuna teoria?»

«Io? No. Sono contento che il Morbo si sia praticamente arrestato… mi basta questo. Però, finché non conosceremo la sua natura e la sua causa che lo genera, non avremo mai la certezza che non ricominci. Un’ipotesi c’era…»