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«Ma c’è il Morbo, Marlene. Il Morbo.» Eugenia fece per stringere la figlia.

Marlene si sottrasse all’abbraccio. «Il Morbo non mi preoccupa.»

«Ma ti abbiamo spiegato…»

«Quello che mi avete spiegato non ha importanza. Qui non sono in pericolo. Affatto. Conosco la mia mente. La conosco da una vita. La capisco. Be’, non corre nessun rischio.»

«Sii ragionevole, Marlene» intervenne Genarr. «Per quanto possa sembrarti stabile, la tua mente è soggetta alle malattie e al deterioramento. Potresti essere colpita dalla meningite, dall’epilessia, da un tumore al cervello, o dalla senescenza, invecchiando. Non basta avere la certezza che non ti accadrà nulla per tenere a bada queste cose, no?»

«Non sto parlando di queste cose. Sto parlando del Morbo. Non mi colpirà.»

«Non puoi esserne certa, cara. Non sappiamo nemmeno cosa sia il Morbo.»

«Di qualunque cosa si tratti, non mi colpirà.»

«Come fai a esserne certa, Marlene?» chiese Genarr.

«Lo so, e basta.»

Eugenia perse la pazienza e afferrò la figlia per i gomiti. «Marlene, devi fare come ti dicono.»

«No, mamma. Non capisci. Su Rotor, mi sono sentita attratta da Eritro. L’attrazione è ancora più forte adesso che sono qui. Voglio rimanere su Eritro. Qui sarò al sicuro. Non voglio tornare su Rotor. Là, i rischi per me sarebbero maggiori.»

Genarr alzò la mano, impedendo a Eugenia di ribattere. «Io suggerisco un compromesso, Marlene. Tua madre è qui per compiere dei rilevamenti astronomici che richiederanno un certo tempo. Mentre sarà impegnata, prometti che ti accontenterai di restare nella Cupola, che prenderai le precauzioni che io riterrò opportune, e che ti sottoporrai a degli esami periodici. Se non riscontreremo alcuna alterazione delle tue funzioni mentali, potrai aspettare qui nella Cupola finché tua madre non avrà terminato il lavoro, dopo di che potremo tornare a discutere il problema. D’accordo?»

Marlene piegò la testa, meditabonda. «D’accordo» ammise poi. «Ma, mamma, non pensare di far finta di avere terminato. Me ne accorgerò. E non ti venga in mente di fare un lavoro affrettato invece di procedere con l’accuratezza necessaria. Capirò anche questo.»

Eugenia corrugò la fronte. «Non imbroglierò, Marlene. E sappi che non trascurerei mai volutamente la precisione del mio lavoro scientifico… nemmeno per amor tuo.»

«Mi dispiace, mamma» disse Marlene. «Lo so che mi trovi irritante.»

Eugenia sospirò. «Non lo nego. Comunque, irritante o no, tu sei mia figlia, Marlene. Ti voglio bene e voglio che tu sia al sicuro. Mento, su questo?»

«No, mamma, non menti. Ma, per favore, credimi, se ti dico che sono al sicuro. Da quando mi trovo su Eritro, sono felice. Non sono mai stata felice su Rotor.»

«E perché sei felice?» chiese Genarr.

«Non lo so, zio Siever. Ma quando una persona è felice, le basta questo, anche se non sa perché è felice, no?»

XXXVI

«Sembri stanca, Eugenia» disse Genarr.

«Non fisicamente, Siever. Sono solo stanca dentro, dopo due mesi di calcoli. Non so come facessero gli astronomi del periodo prespaziale a ottenere certi risultati servendosi soltanto di computer primitivi. E pensa che, Keplero ha elaborato le leggi del moto planetario servendosi soltanto dei logaritmi, che, per sua fortuna, erano appena stati inventati.»

«Scusa la mia ignoranza in materia, ma io pensavo che oggigiorno gli astronomi si limitassero a dare delle istruzioni ai loro strumenti, si coricassero tranquillamente, e, dopo qualche ora, si svegliassero e trovassero i risultati stampati in modo chiaro e ordinato sulla scrivania.»

«Magari. Ma questo lavoro era diverso. Ho dovuto calcolare con la massima precisione la velocità effettiva di Nemesis rispetto al Sole, e viceversa, per sapere esattamente quale sarà la distanza minima che li separerà e quando avverrà questo passaggio ravvicinato. Il minimo errore, e il passaggio di Nemesis sarebbe sembrato innocuo per la Terra anziché devastante… e viceversa. E la situazione si complica ulteriormente perché Nemesis e il Sole non sono gli unici due corpi celesti dell’universo. Ci sono delle stelle vicine, tutte in movimento. Almeno una dozzina di queste stelle sono abbastanza grandi da esercitare una piccola influenza su Nemesis o sul Sole o su entrambi. Una piccola influenza, ma sufficiente a produrre un errore di milioni di chilometri in un senso o nell’altro, se ignorata. E per fare un lavoro accurato, bisogna conoscere con notevole precisione la massa di ogni stella, la sua posizione, la sua velocità.

"È un problema complicatissimo, Siever. Nemesis attraverserà il Sistema Solare e avrà un effetto percettibile su parecchi pianeti. Molto dipende dalla posizione effettiva di ogni pianeta al passaggio di Nemesis, naturalmente, e dall’entità dello spostamento provocato dall’influsso gravitazionale di Nemesis, e da come questo spostamento inciderà sull’attrazione esercitata dal pianeta sugli altri pianeti. E, tra parentesi, bisogna calcolare anche l’effetto di Megas.»

Genarr ascoltò serissimo. «E, in sostanza, quale sarà il risultato finale, Eugenia?»

«Io credo che l’orbita della Terra diventerà leggermente più eccentrica e che il semiasse maggiore diventerà un po’ più piccolo.»

«Il che significa?»

«Il che significa che la Terra diventerà troppo calda per essere abitabile.»

«E cosa accadrà a Megas e a Eritro?»

«Nulla di apprezzabile. Il Sistema Nemetico è molto più piccolo del Sistema Solare e quindi è tenuto assieme da una forza coesiva maggiore. Qui non ci saranno mutamenti degni di nota, ma per la Terra sarà diverso.»

«Questo, quando accadrà?»

«Tra 5024 anni, con un margine di errore di quindici, Nemesis toccherà il punto di massimo avvicinamento. L’effetto si distribuirà lungo un arco di tempo di venti o trent’anni, via via che Nemesis e il Sole si avvicineranno e si allontaneranno.»

«Ci saranno collisioni o qualcosa del genere?»

«Le probabilità di un incidente di questo tipo sono quasi zero. No, nessuna collisione tra corpi celesti di grandi dimensioni. Naturalmente, un asteroide solare potrebbe colpire Eritro, o un asteroide nemetico potrebbe colpire la Terra. È difficilissimo che succeda, ma se dovesse accadere sarebbe un evento catastrofico per la Terra. Comunque, è impossibile calcolarlo adesso. Bisogna aspettare che le due stelle siano molto vicine.»

«Ma, in ogni caso, la Terra dovrà essere evacuata, vero?»

«Oh, certo.»

«Ma hanno cinquemila anni di tempo per farlo.»

«Cinquemila anni non sono poi tanti per organizzare l’evacuazione di otto miliardi di persone. Bisognerebbe avvertirli.»

«Anche se nessuno li avverte, non lo scopriranno da soli?»

«Già, ma quando? E anche se dovessero scoprirlo presto, noi dovremmo fornirgli la tecnica dell’iperassistenza. Ne avranno bisogno.»

«Sono certo che ci arriveranno da soli, e tra non molto, forse.»

«E se non ci arriveranno?»

«Entro un secolo o meno, sicuramente, Rotor riuscirà a comunicare con la Terra. In fin dei conti, se abbiamo l’iperassistenza per il trasporto, l’avremo anche per le comunicazioni, prima o poi. Oppure manderemo una Colonia nel Sistema Solare, e la Terra avrà ancora tutto il tempo necessario per salvarsi.»

«Parli come Pitt.»

Genarr ridacchiò. «Be’, sai, non può avere sempre torto.»

«Non vorrà comunicare. Lo so.»

«E non può nemmeno fare sempre a modo suo. C’è una Cupola qui su Eritro, nonostante lui fosse contrario. E anche se in questo caso riuscirà a spuntarla, non vivrà in eterno. Dammi retta, Eugenia, non darti troppo pensiero per la Terra in questo momento. Abbiamo problemi più immediati. Marlene sa che hai quasi finito?»