«È uno stupido. Anche se una società non conosce la scienza, in teoria dovrebbe almeno sapere qualcosa della scienza, di come funziona. Se ti danno un milione di crediti mondiali al mattino, non dovrebbero pretendere dei risultati concreti entro la sera dello stesso giorno. Come minimo, dovrebbero aspettare fino alla mattina dopo, concederti tutta la notte per lavorare. Sai cosa mi ha detto Tanayama l’ultima volta che abbiamo parlato, quando gli ho annunciato che forse avevo qualcosa da mostrargli?»
«No. Sentiamo.»
«A rigor di logica, avrebbe dovuto dire: "È sorprendente che in soli tre anni abbia elaborato una cosa così straordinaria e nuova. I suoi meriti sono enormi, e la nostra gratitudine è smisurata". Ecco cosa mi sarei aspettata da lui.»
«Da Tanayama? Mai! Non direbbe mai una cosa simile. Comunque, che ha detto?»
«Ha detto: "Ah, finalmente ha qualcosa, dopo tre anni. Era ora, lo speravo proprio. Crede che io possa vivere in eterno? Pensa che l’abbia finanziata e abbia mantenuto lei e il suo esercito di assistenti e di operai perché ottenesse dei risultati quando sarò morto e non potrò vedere nulla?". Ecco quel che ha detto, e ti confesso che mi piacerebbe rimandare la dimostrazione fino alla sua morte, per soddisfazione personale. Ma immagino che il lavoro abbia la precedenza.»
«Hai davvero qualcosa di interessante per lui?»
«Solo il volo ultraluce. Il vero volo ultraluce, non quella sciocchezza dell’iperassistenza. Adesso abbiamo qualcosa che ci aprirà la porta dell’universo.»
Il luogo dove l’equipe di Tessa Wendel era al lavoro, decisa a scuotere l’universo, era stato preparato ancor prima che Tessa fosse reclutata e si trasferisse sulla Terra. Si trovava all’interno di una rocca montuosa inaccessibile alla brulicante popolazione terrestre; lì era stata costruita una vera e propria cittadella scientifica.
Ora era sul posto anche Tanayama, seduto su una carrozzella motorizzata. Solo i suoi occhi, dietro le palpebre socchiuse, sembravano vivi… penetranti, mobilissimi.
Tanayama non era assolutamente la più alta personalità del governo terrestre, e nemmeno la più alta personalità presente, ma era stato, ed era tuttora, la forza propulsiva alla base del progetto, e tutti automaticamente gli cedevano il passo.
Solo Tessa Wendel non sembrava intimidita.
La voce di Tanayama era un sussurro frusciante. «Cosa vedrò, dottoressa? Una nave?»
Non si vedeva nessuna nave lì intorno, naturalmente.
«Niente navi, Direttore» rispose Tessa. «Per le navi, bisognerà aspettare ancora qualche anno. Ho solo una dimostrazione, ma eccitante. Assisterà alla prima dimostrazione pubblica di vero volo ultraluce, qualcosa che supera di gran lunga l’iperassistenza.»
«E come farò a vederlo?»
«Credevo l’avessero informata, Direttore.»
Tanayama ebbe un accesso violento di tosse e dovette riprendere fiato. «Hanno provato a parlarmi, ma io voglio sentirlo da lei» disse poi, fissandola con un’espressione dura e sinistra. «È lei che comanda qui. Il progetto è suo. Mi spieghi.»
«Non posso spiegarle la teoria. Ci vorrebbe troppo tempo. La stancherei.»
«Non m’interessa la teoria. Cosa vedrò?»
«Vedrà due contenitori cubici di vetro. All’interno di entrambi c’è il vuoto spinto.»
«Perché il vuoto?»
«Il volo ultraluce può iniziare solo nel vuoto, Direttore. Altrimenti l’oggetto spinto a una velocità superiore a quella della luce trascina con sé della materia, i consumi energetici aumentano e diminuisce la controllabilità. E deve anche finire nel vuoto, altrimenti le conseguenze potrebbero essere catastrofiche perché…»
«Lasci perdere il perché. Se questo suo volo ultraluce deve iniziare e terminare nel vuoto, come lo utilizziamo, noi?»
«Prima è necessario raggiungere lo spazio esterno col volo normale, per poi passare nell’iperspazio e restarci. Si arriva vicino alla destinazione desiderata e si rientra nello spazio normale, quindi col volo normale si percorre l’ultimo tratto.»
«Così ci vuole tempo.»
«Nemmeno il volo ultraluce consente spostamenti istantanei. Ma se si può raggiungere una stella a quaranta anni luce dal Sistema Solare in quaranta giorni anziché in quarant’anni, be’, non mi pare giusto lamentarsi del tempo impiegato.»
«D’accordo, d’accordo… Ci sono questi due contenitori cubici di vetro. E allora?»
«Sono proiezioni olografiche. In realtà, i contenitori sono separati da una distanza di tremila chilometri, tremila chilometri di massa terrestre, si trovano ognuno in un posto sicuro e isolato tra i monti. Se la luce potesse viaggiare da un contenitore all’altro attraverso un vuoto senza ostacoli, impiegherebbe un millesimo di secondo, un millisecondo, per compiere il passaggio. Noi non useremo la luce, naturalmente. Sospesa al centro del cubo di sinistra, trattenuta da un potente campo magnetico, c’è una piccola sfera, che in realtà è un minuscolo motore iperatomico. Vede, Direttore?»
«Vedo qualcosa, là» rispose Tanayama. «Be’, tutto qui?»
«Se osserva attentamente, vedrà scomparire la sfera. Il conto alla rovescia sta procedendo.»
Era un sussurro all’orecchio di tutti i presenti, e allo zero la sfera sparì da un cubo e apparve nell’altro.
«Ricordi» disse la Wendel. «Tra quei cubi in realtà ci sono tremila chilometri di distanza. Il dispositivo di cronometraggio indica che, tra la partenza e l’arrivo, sono trascorsi poco più di dieci microsecondi, il che significa che il passaggio è avvenuto a una velocità quasi cento volte superiore a quella della luce.»
Tanayama alzò lo sguardo. «E chi mi dice che sia così? Potrebbe essere tutto un trucco per imbrogliare quello che lei ritiene un vecchio ingenuo.»
«Direttore» disse la Wendel severa. «Ci sono centinaia di scienziati qui, tutti famosi e stimati, e alcuni di loro sono terrestri. Le mostreranno qualsiasi cosa voglia vedere, le spiegheranno come funzionano gli strumenti. Qui non troverà altro che della scienza onesta e del lavoro scrupoloso.»
«Anche se è come dice lei, che significa? Una pallina… una pallina da pingpong che percorre qualche migliaio di chilometri. È questo il risultato che ha ottenuto dopo tre anni?»
«Forse quello che ha visto è più di quanto fosse lecito aspettarsi, Direttore, con rispetto parlando. Quello che ha visto avrà anche le dimensioni di una pallina da pingpong spostatasi di appena tremila chilometri, però è il vero volo ultraluce, proprio come se avessimo inviato un’astronave da qui ad Arturo a cento volte la velocità della luce. Lei ha assistito alla prima dimostrazione pubblica di volo ultraluce della storia umana.»
«Ma è l’astronave che voglio vedere.»
«Per quella dovrà aspettare.»
«Non ho tempo. Non ho tempo» gracchiò Tanayama in un sussurro rauco, e fu scosso di nuovo da un accesso di tosse.
«Nemmeno la tua volontà può muovere l’universo» disse Tessa Wendel sottovoce, e forse solo Tanayama sentì quelle parole.
A Iper City (nome non ufficiale del centro di ricerca) i tre giorni dedicati ai burocrati erano passati in modo opprimente, e adesso gli intrusi se n’erano andati.
«In ogni caso, ci vorranno ancora due o tre giorni per riprendersi e tornare al lavoro a pieno ritmo» disse Tessa Wendel a Crile Fisher. E, l’aria disfatta e contrariata, aggiunse: «Che vecchio spregevole!»
Fisher capì immediatamente che si riferiva a Tanayama. «È un vecchio ammalato.»
Tessa gli lanciò un’occhiata rabbiosa. «Lo difendi?»
«Sto solo affermando un dato di fatto.»
Lei alzò un dito ammonitore. «Sicuramente quel miserabile relitto umano era irrazionale e irragionevole anche in passato, quando non era ammalato, o quando non era vecchio, se è per questo. Da quanto tempo è Direttore dell’Ufficio?»