Выбрать главу

"È un pensiero privato?" chiese la voce nella sua mente.

Marlene per poco non rispose ad alta voce… "Sì."

"Riesco a cogliere una differenza. Non risponderò ai tuoi pensieri privati."

Marlene aveva sete di elogi. "Hai visto molte menti?"

"Ne ho percepite molte, da quando voi… cose u… umane siete venute."

Non era sicura della parola, pensò Marlene. La voce non rispose, e Marlene rimase sorpresa. La sorpresa era stata una sensazione privata, ora che ci pensava, però lei non l’aveva etichettata in quel modo dentro di sé. Forse, il privato era privato, automaticamente. La voce aveva detto che riusciva a cogliere la differenza, ed era chiaro che ci riusciva. Si vedeva dalla struttura.

Anche questa volta, nessuna risposta. Marlene doveva fare una domanda specifica, dimostrare che non si trattava di un pensiero privato.

"Per favore… si vede dalla struttura?" Non c’era bisogno di precisazioni. La voce avrebbe capito a cosa si riferiva.

"Si vede dalla struttura. Si vede tutto, perché la tua struttura è congegnata molto bene."

Marlene gongolò soddisfatta a quel complimento. Il minimo che potesse fare era ricambiare. "Anche la tua dev’essere ben congegnata."

"È diversa. La mia struttura si estende. È semplice in ogni punto, ed è complessa solo se presa nel suo insieme. La tua è complessa già in partenza. Non c’è semplicità. Ed è diversa dalle altre del tuo genere. Le altre sono… aggrovigliate. Non è possibile entrare in contatto con loro… comunicare. La ristrutturazione è dannosa, perché la struttura è fragile. Non lo sapevo. La mia struttura non è fragile."

"La mia, è fragile?"

"No. Si adatta."

"Hai provato a comunicare con gli altri, vero?"

"Sì."

Il Morbo di Eritro. (Nessuna risposta. Il pensiero era privato.)

Marlene chiuse gli occhi, concentrandosi, tendendo la propria mente, cercando di localizzare il punto d’origine della mente esterna. Non capiva bene cosa stesse facendo, forse non era quello il sistema giusto per individuarla… forse non stava facendo proprio nulla, così. E magari la mente avrebbe riso per la sua goffaggine… sempre che ridesse.

Nessuna risposta.

"Pensa qualcosa" pensò Marlene.

Come prevedibile, la risposta giunse subito. "Cosa devo pensare?"

Non proveniva da nessun posto. Era nella mente di Marlene.

Contrariata dalla propria incapacità, Marlene chiese: "Quand’è che hai percepito la mia struttura mentale?"

"Sul nuovo contenitore di… esseri umani."

"Su Rotor?"

"Su Rotor."

Marlene ebbe un’illuminazione improvvisa. "Mi volevi. Mi hai chiamata."

"Sì."

Certo. Ecco spiegato il suo desiderio così intenso di andare su Eritro! Ecco perché stava guardando Eritro con tanta bramosia il giorno in cui Aurinel l’aveva raggiunta per dirle che sua madre la cercava!

Marlene strinse i denti. Doveva continuare a chiedere. "Dove sei?"

"Dappertutto."

"Sei il pianeta?"

"No."

"Mostrati."

"Eccomi." E di colpo la voce giunse da una direzione precisa.

Marlene stava fissando il ruscello, e all’improvviso si rese conto che mentre aveva comunicato con quella voce, non aveva percepito che la presenza del ruscello. Tutto il resto attorno a lei era scomparso, quasi la sua mente si fosse chiusa in se stessa per essere più ricettiva, per concentrarsi meglio sull’unica cosa che la occupava.

Ora il velo si aprì. L’acqua scorreva lungo le rocce, gorgogliando, spumeggiando, turbinando in un piccolo mulinello costellato di bolle. Le bollicine giravano e si spaccavano, sostituite subito da nuove bollicine, formando un disegno che in sostanza non cambiava anche se i particolari non erano uguali.

Poi, ad una ad una, le bollicine si dissolsero… ora l’acqua era una superficie piatta, liscia, informe… ma continuava a scorrere, a turbinare. Da cosa lo capiva Marlene?

Dal luccichio. Perché l’acqua luccicava leggermente nella luce rosata di Nemesis. E i riflessi scintillanti creavano degli archi, delle spirali, che vorticavano e si fondevano, calamitando lo sguardo di Marlene. Lentamente, formarono la caricatura di una faccia… due buchi per occhi, una linea trasversale come bocca.

L’immagine si fece sempre più nitida, definita, mentre Marlene osservava affascinata.

E a un certo punto diventò una faccia, una faccia che fissava Marlene con occhi vuoti, ma abbastanza reale da essere riconoscibile.

Era la faccia di Aurinel Pampas.

LXXV

Pensoso, sforzandosi di affrontare la questione con calma, Siever Genarr disse: «Così, allora te ne sei andata».

Marlene annuì. «La prima volta, mi sono allontanata quando ho sentito la voce di Aurinel. Questa volta, quando ho visto la faccia di Aurinel.»

«Ti capisco…»

«Sei troppo indulgente, zio Siever.»

«Cosa dovrei fare? Picchiarti? Lascia che sia indulgente… se voglio. La mente, come la chiami tu, ha preso la voce e l’immagine di Aurinel dalla tua mente, direi. Queste due cose dovevano essere presenti in modo molto chiaro nel tuo intimo. In che rapporti eri con Aurinel?»

Marlene lo guardò sospettosa. «In che rapporti? Cosa intendi dire?»

«Nulla di terribile. Eravate amici?»

«Sì, certo.»

«Avevi una cotta per lui?»

Marlene esitò un attimo, serrando le labbra. «L’avevo, credo» rispose poi.

«Avevi? Adesso non più?»

«Be’, tanto a che serve? Mi considera solo… una ragazzina. Una sorellina, magari.»

«Un atteggiamento abbastanza normale, date le circostanze. Però tu pensi ancora a lui… ecco perché hai evocato la sua voce e la sua faccia.»

«Come sarebbe a dire, «evocato»? Erano vere, sia la voce che la faccia.»

«Sicura?»

«Certo.»

«Ne hai parlato con tua madre?»

«No, non le ho detto nulla.»

«Perché?»

«Oh, zio Siever. La conosci. Non avrei sopportato… tutta quella agitazione. D’accordo, adesso mi dirai che lei fa così perché mi vuole bene, ma rimane sempre una seccatura.»

«A me lo dici, però, e anch’io ti sono molto affezionato.»

«Lo so, zio Siever, però tu non sei un tipo eccitabile. Tu esamini le cose in modo logico.»

«È un complimento?»

«Sì.»

«In tal caso, esaminiamo quello che hai scoperto, e procediamo in modo logico.»

«D’accordo, zio Siever.»

«Bene. Innanzitutto, c’è qualcosa di vivo su questo pianeta.»

«Sì.»

«E non è il pianeta stesso.»

«No, assolutamente. L’ha negato.»

«Ma è un essere vivente, a quanto pare.»

«Ho l’impressione che sia un essere vivente. Il guaio è, zio Siever, che quello che sento non corrisponde all’idea che si ha di solito della telepatia. Non è come leggere una mente e ricevere dei messaggi. Ci sono anche delle impressioni, delle sensazioni, che ti assalgono contemporaneamente… come guardare un quadro nel suo insieme invece di soffermarsi sui particolari, sui chiaroscuri che compongono l’immagine.»

«E l’impressione che hai è quella di un essere vivente.»

«Sì.»

«Intelligente.»

«Molto intelligente.»

«Ma non tecnologico. Sul pianeta non abbiamo mai trovato alcuna traccia di tecnologia. Questo essere vivente che non è visibile, che non si manifesta in modo evidente, medita solo sul pianeta… pensa… ragiona… ma non fa nulla. È così?»

Marlene esitò. «Di preciso, non saprei… però può darsi che tu abbia ragione.»

«Poi siamo arrivati noi. Secondo te, quando si è accorto del nostro arrivo?»

Marlene scosse la testa. «Non saprei.»