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«Be’, cara, sapeva della tua presenza mentre tu eri ancora su Rotor. Deve essersi accorto che un’intelligenza stava invadendo il Sistema Nemesiano quando noi eravamo ancora lontani nello spazio. Hai avuto questa impressione?»

«Non credo, zio Siever. Per me, si è accorto di noi solo quando siamo scesi su Eritro. Abbiamo attirato la sua attenzione, e allora si è guardato attorno e ha trovato Rotor.»

«Forse è così. Poi è entrato in contatto con queste nuove menti percepite su Eritro. Forse era la prima volta che incontrava delle menti esterne, estranee alla sua. Che età ha, Marlene? Hai idea?»

«Non proprio, zio Siever. Però ho l’impressione che sia molto vecchio, quasi quanto il pianeta, forse.»

«Può darsi. In ogni caso, indipendentemente dall’età, per la prima volta si è ritrovato circondato da molte altre menti, diversissime dalla sua. Ti sembra giusto, Marlene?»

«Sì.»

«Così ha tentato un approccio, un contatto, con le nuove menti e, dato che non sapeva quasi nulla di quelle menti, le ha danneggiate. Ecco cos’era il Morbo di Eritro.»

«Sì» disse Marlene, animandosi all’improvviso. «Non ha parlato direttamente del Morbo, ma l’impressione era intensa. Quel tentativo iniziale di contatto ha provocato il Morbo.»

«E quando si è accorto dei danni che stava provocando, ha smesso.»

«Sì, ecco perché adesso il Morbo non c’è più.»

«Quindi, pare che questa mente sia benigna, che abbia un’etica che possiamo approvare, che non voglia danneggiare le altre menti.»

«Sì!» esclamò Marlene, contenta. «Ne sono sicura.»

«Ma cos’è questa forma di vita? Uno spirito? Qualcosa di incorporeo? Qualcosa che i nostri sensi non possono percepire?»

«Non saprei, zio Siever» sospirò Marlene.

«Be’, ora proverò a ripetere quello che ti ha detto. Interrompimi, se sbaglio. Ha detto che la sua struttura "si estende"; che "è semplice in ogni punto ed è complessa solo se presa nel suo insieme"; che "non è fragile". Giusto?»

«Sì.»

«E l’unica forma di vita che abbiamo trovato su Eritro sono i procarioti, le cellule microscopiche. Escludendo qualcosa di spirituale e incorporeo, non restano che i procarioti. È possibile che quelle minuscole cellule, che sembrano separate, in realtà facciano parte di un organismo planetario globale? In questo caso, la struttura della mente sarebbe estesa. Sarebbe semplice in ogni punto e complessa solo se considerata nel suo insieme. E non sarebbe fragile perché, anche se le sue cellule venissero uccise in gran numero, l’organismo planetario, globalmente, non ne risentirebbe quasi.»

Marlene fissò Genarr. «Intendi dire che ho parlato con dei microbi?»

«Non sono in grado di affermarlo con certezza. È soltanto un’ipotesi, però tutti i particolari quadrano a meraviglia, e non mi viene in mente una spiegazione migliore di questa. E poi, Marlene, se consideriamo le centinaia di milioni di cellule che compongono il tuo cervello, ognuna di quelle cellule presa singolarmente non è granché. Tu sei un organismo in cui tutte le cellule cerebrali sono ammassate. Se parli a un altro organismo in cui tutte le cellule cerebrali sono separate e collegate, diciamo, da minuscole onde radio, c’è poi tanta differenza?»

«Non lo so» rispose Marlene, visibilmente turbata.

«Ma, un’altra domanda, importantissima. Questa forma di vita, qualunque cosa sia, cosa vuole da te?»

Marlene parve sorpresa. «Può parlare con me. Può trasmettermi delle idee.»

«Dunque, secondo te, vuole solo qualcuno con cui parlare? Pensi che con l’arrivo degli esseri umani si sia resa conto per la prima volta di essere sola?»

«Non lo so.»

«Nessuna impressione a questo proposito?»

«No.»

«Potrebbe distruggerci…» Ora Genarr stava parlando tra sé. «Potrebbe distruggerci senza difficoltà se si stancasse di te, o se l’annoiassi.»

«No, zio Siever.»

«Però mi ha fatto del male, quando volevo impedirti di entrare in contatto con la mente del pianeta. E ha fatto del male alla dottoressa D’Aubisson, a tua madre, e a una guardia.»

«Sì, ma non vi ha fatto molto male… quel tanto che bastava per impedirvi di ostacolarmi. Nient’altro.»

«E arriva a fare tutto questo solo per poter parlare con te e avere un po’ di compagnia. Mah… non mi sembra un motivo sufficiente.»

«Forse il motivo è qualcosa che non possiamo capire. Probabilmente ha una mente troppo diversa e non può spiegarcelo… o magari, anche se ci spiegasse il motivo, per noi non avrebbe senso.»

«Però la sua mente non è poi così diversa dato che può conversare con te. Riceve delle idee da te e ti trasmette altre idee, no? Voi due comunicate.»

«Sì.»

«E ti capisce abbastanza bene da cercare di farsi apprezzare da te assumendo la voce e la faccia di Aurinel.»

Marlene piegò la testa e fissò il pavimento.

Genarr proseguì sottovoce. «Quindi, dal momento che ci capisce, può darsi che noi riusciamo a capirla, e in tal caso devi scoprire perché ti vuole tanto. Potrebbe essere importantissimo scoprirlo, perché chissà che intenzioni ha? E tu sei l’unica in grado di scoprirlo, l’unico strumento che abbiamo.»

Marlene stava tremando. «Non so come fare, zio Siever.»

«Fai come hai fatto finora. La mente ti è amica, pare… e forse ti spiegherà.»

Marlene alzò lo sguardo e studiò Genarr. «Hai paura, zio Siever.»

«Naturale. Siamo di fronte a una mente molto più potente della nostra. Se decidesse che non ci vuole, potrebbe eliminarci, tutti quanti.»

«Non mi riferivo a questo. Hai paura per me.»

Genarr esitò. «Sei sempre sicura di non essere in pericolo su Eritro? Non è pericoloso parlare con questa mente?»

«No, assolutamente» rispose Marlene, quasi con arroganza, alzandosi. «Non c’è nessun rischio. Non mi farà del male.»

Sembrava molto sicura di sé, ma Genarr si sentì mancare. Quello che pensava Marlene contava ben poco, perché la sua mente era stata adattata dalla mente di Eritro. "Posso ancora fidarmi di lei?" si chiese Genarr.

In fin dei conti, chissà… forse quella mente composta di trilioni e trilioni di procarioti aveva dei piani… come Pitt, per esempio. E forse, ansiosa di realizzare quei piani, agiva con la stessa doppiezza di Pitt.

Già… e se la mente avesse mentito a Marlene per motivi propri?

Date le circostanze, faceva bene Genarr a consentire a Marlene di uscire?

Ma in fondo, che importanza aveva? Aveva scelta, lui?

34 Vicini

LXXVI

«Perfetto» disse Tessa Wendel. «Perfetto, perfetto, perfetto.» Fece un gesto, come se stesse inchiodando qualcosa alla parete con decisione. «Perfetto.»

Crile Fisher sapeva di cosa stesse parlando. Erano passati nell’iperspazio, due volte, in due direzioni diverse. Due volte, Crile aveva osservato la posizione delle stelle che cambiava un poco.

E aveva cercato il Sole, trovandolo leggermente più fioco la prima volta, leggermente più luminoso la seconda. Cominciava a sentirsi come un vecchio vagabondo iperspaziale.

«Dunque, il Sole non ci disturba» disse.

«Oh, sì, ma è un disturbo perfettamente calcolabile, quindi l’interferenza fisica è un piacere psicologico… capisci?»

Facendo l’avvocato del diavolo, Fisher commentò: «Il Sole è piuttosto lontano. L’effetto gravitazionale dev’essere molto vicino allo zero».

«Certo, però "molto vicino allo zero" non significa zero. L’effetto è misurabile. Abbiamo attraversato l’iperspazio due volte, e il sentiero virtuale prima si è avvicinato al Sole trasversalmente, poi si è allontanato con un’altra angolazione. Wu aveva calcolato tutto, e la nostra traiettoria coincideva alla perfezione con quella calcolata, fino all’ultima frazione decimale immaginabile. Quell’uomo è un genio. Riesce a prendere delle scorciatoie incredibili col programma del computer.»