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«Quanto è grande?»

«Dovrebbe essere in grado di trasportare una mezza dozzina di persone.»

«Allora dev’essere una delle nostre.»

«No. Abbiamo controllato. Non è una nave rotoriana. Quelli del Servizio di Sorveglianza saranno anche stati restii a parlartene, però non sono rimasti con le mani in mano. Nessun computer del sistema è stato utilizzato per la progettazione di una nave del genere, e nessuno avrebbe potuto costruire una nave come quella avvistata senza l’aiuto di un computer.»

«Quindi?»

«Quindi non è una nave rotoriana. Proviene da qualche altra parte. I miei ragazzi sono stati zitti, non ti hanno disturbato, si sono attenuti alle tue istruzioni… prima volevano essere sicuri che non fosse una nave costruita da noi. Quando non ci sono stati più dubbi, mi hanno informato e hanno detto che bisognava avvisarti, ma che loro non volevano farlo. Sai, Janus, calpestare la gente è controproducente, se si esagera.»

«Sta’ zitto» sbottò Pitt, stizzito. «Una nave non rotoriana? Impossibile! Da dove dovrebbe provenire?»

«Dal Sistema Solare, immagino.»

«Impossibile! Una nave di quelle dimensioni con una mezza dozzina di persone a bordo non può essere arrivata fin qui dal Sistema Solare. Anche se avessero scoperto l’iperassistenza, il che è plausibilissimo, sei persone chiuse in uno spazio ristretto per oltre due anni non arriverebbero mai a destinazione vive. Forse un equipaggio speciale, molto bene addestrato e composto di gente con doti fuori del comune, potrebbe portare a termine il viaggio senza impazzire del tutto… ma, no, nessuno nel Sistema Solare affronterebbe una simile impresa. Solo una Colonia completa, un mondo autosufficiente abitato da persone abituate a quel tipo di vita fin dalla nascita, può compiere un viaggio interstellare senza problemi.»

«Comunque, abbiamo una nave di piccole dimensioni che non è rotoriana» disse Leverett. «Questo è un dato di fatto, e non ti resta che accettarlo, te l’assicuro. Da dove viene, secondo te? La stella più vicina è il Sole… altro dato di fatto. Se non proviene dal Sistema Solare, allora proviene da qualche altro sistema stellare… un viaggio molto più lungo di due anni e rotti, e a maggior ragione impossibile secondo il tuo ragionamento.»

«Forse non è una nave umana» disse Pitt. «Forse si tratta di altre forme di vita, con una psicologia diversa, in grado di sopportare lunghi viaggi in ambienti ristretti.»

«O forse sono alti così…» Leverett alzò la mano e lasciò mezzo centimetro tra il pollice e l’indice. «E per loro quella nave è una Colonia. Be’, non è così. Non sono alieni. Non sono lillipuziani. Quella nave non è rotoriana, però è umana. Gli alieni dovrebbero essere completamente diversi dagli esseri umani, no, e dovrebbero costruire navi completamente diverse. Quella è una nave umana al cento per cento, con tanto di sigla in alfabeto terrestre sulla fiancata.»

«Non me l’avevi detto!»

«Credevo non fosse necessario.»

«Potrebbe essere una nave umana, ma automatizzata. Potrebbero esserci dei robot a bordo.»

«Può darsi» annuì Leverett. «In tal caso, dovremmo distruggerla? Se a bordo non ci sono esseri umani, non c’è nessun problema etico. Distruzione di proprietà altrui… però in fin dei conti stanno sconfinando…»

«Ci sto pensando» disse Pitt.

Leverett fece un ampio sorriso. «Non farlo! Quella nave non è stata nello spazio per oltre due anni.»

«Cosa intendi dire?»

«Hai dimenticato in che condizioni era Rotor quando siamo arrivati qui?

Noi siamo stati nello spazio per oltre due anni, viaggiando la metà del tempo nello spazio normale appena al di sotto della velocità della luce. A quella velocità, la superficie è stata graffiata dalla collisione con atomi, molecole e granelli di polvere. Ricordo che è stato necessario levigarla e ripararla. Non ricordi?»

«E questa nave?» chiese Pitt, senza rispondere alla domanda di Leverett.

«Lucida come se avesse percorso al massimo qualche milione di chilometri a velocità normali.»

«Impossibile. Smettila con questi scherzi.»

«Non è impossibile. Hanno percorso al massimo qualche milione di chilometri a velocità normali… Il resto del viaggio… iperspazio.»

«Di che stai parlando?» Pitt stava perdendo la pazienza.

«Volo ultraluce. Ecco cos’hanno.»

«È teoricamente impossibile.»

«Davvero? Be’, se hai qualche altra spiegazione, forza, sentiamo.»

Pitt lo fissò a bocca aperta. «Ma…»

«Lo so. Gli scienziati dicono che è impossibile, eppure quelli hanno il volo ultraluce. Adesso, ascolta… Se hanno il volo ultraluce, devono avere anche le comunicazioni ultraluce. Quindi il Sistema Solare sa che sono qui e sa cosa sta succedendo. Se distruggiamo la nave, il Sistema Solare lo saprà, e trascorso un po’ di tempo arriverà una flotta di navi come quella, sbucherà dallo spazio sparandoci addosso.»

«Tu cosa faresti, allora?» Pitt si ritrovò incapace di pensare, momentaneamente.

«Non ci resta che accoglierli amichevolmente, scoprire chi sono, cosa stanno facendo, cosa vogliono. Bene, pare che abbiano intenzione di atterrare su Eritro. Dovremo andare su Eritro anche noi, a parlare con loro.»

«Su Eritro?»

«Certo, Janus, se scendono su Eritro, dove dovremmo andare? Dobbiamo affrontarli là. Dobbiamo correre questo rischio.»

Pitt sentì che la sua mente ricominciava a funzionare. «Dal momento che lo ritieni necessario, saresti disposto a farlo? Con una nave e un equipaggio, naturalmente.»

«Intendi dire che tu non lo farai?»

«Io, il Commissario? Non posso venire su Eritro ad accogliere una nave sconosciuta.»

«Poco dignitoso, dato il tuo rango, eh? Capisco. Dunque, dovrò affrontare gli alieni o i robot o i lillipuziani o quel che sono, senza di te.»

«Mi terrò continuamente in contatto, visivo e vocale, ovvio, Saltade.»

«A distanza.»

«Sì, però se la tua missione avrà successo per te ci sarà una ricompensa adeguata, tieni presente questo.»

«Davvero? In tal caso…» Leverett guardò Pitt, meditabondo.

Pitt attese, poi chiese: «Hai intenzione di fissare un prezzo?»

«Di proporlo. Se vuoi che vada ad accogliere quella nave su Eritro, be’, voglio Eritro, allora.»

«Cosa intendi dire?»

«Voglio stabilirmi su Eritro. Sono stanco degli asteroidi. Sono stanco di sorvegliare. Sono stanco della gente. Ne ho avuto abbastanza. Voglio un mondo intero deserto. Voglio costruirmi un alloggio decente, rifornirmi di cibo e via dicendo alla Cupola, avere una fattoria e degli animali miei se riuscirò ad allevarli.»

«Da quanto tempo lo desideri?»

«Non so. La cosa è nata a poco a poco. E dopo essere venuto qui e avere dato un’occhiata a Rotor, così affollato e rumoroso, Eritro mi attira più che mai.»

Pitt corrugò la fronte. «Siete in due, allora. Sei come quella ragazza, quella pazza…»

«Quale ragazza pazza?»

«La figlia di Eugenia Insigna. Conosci Eugenia Insigna, immagino.»

«L’astronoma? Certo. Non conosco sua figlia.»

«Completamente pazza. Vuole stare su Eritro.»

«E sarebbe pazza per questo? A me sembra una cosa perfettamente sensata. Anzi, se vuole stare su Eritro, una donna potrei anche sopportarla…»

Pitt alzò un dito. «Ho detto "ragazza".»

«Quanti anni ha?»

«Quindici.»

«Oh? Be’, invecchierà… Purtroppo, invecchierò anch’io.»

«Non è una bellezza mozzafiato.»

«Guardami bene, Janus… nemmeno io sono sono molto bello, no? D’accordo, queste sono le mie condizioni.»

«Vuoi che venga registrato ufficialmente nel computer?»

«Semplice proforma, eh, Janus?»