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Pitt non sorrise. «Benissimo. Cercheremo di localizzare il punto di atterraggio della nave, e intanto tu ti preparerai a raggiungere Eritro.»

36 Incontro

LXXXVI

Il tono che esprimeva un misto di perplessità e scontentezza, Eugenia Insigna disse: «Marlene stava cantando questa mattina. Una canzone che diceva: "Casa, casa tra le stelle, dove i mondi ruotano liberi"».

«La conosco» annuì Genarr. «Te la canterei, ma non ho orecchio.»

Avevano appena terminato il pranzo. Pranzavano insieme ogni giorno, adesso… un momento che Genarr attendeva tranquillo e soddisfatto, anche se l’argomento di conversazione immancabilmente era Marlene, e anche se Eugenia forse si rivolgeva a lui solo per disperazione, non potendo parlare liberamente con nessun altro.

A Genarr non importava. Gli bastava stare con lei.

«Non l’avevo mai sentita cantare, prima» disse Eugenia. «Ho sempre pensato che non sapesse cantare. Invece ha una voce gradevole, da contralto.»

«Probabilmente, significa che è felice, adesso… o eccitata… o contenta… è un segno positivo, insomma. Secondo me, Marlene ha trovato il suo posto nell’universo, la sua unica ragione di vita. Non tutti la trovano. La maggior parte di noi, Eugenia, si trascina in avanti, cercando il significato personale della vita, non lo trova, e alla fine sprofonda nella disperazione più cupa o si chiude in una serena rassegnazione. Io appartengo alla categoria dei rassegnati.»

Eugenia abbozzò un sorriso. «Mentre io no, vero?»

«Be’, non sei immersa nella disperazione più cupa, ma in effetti tendi a continuare le battaglie perse.»

Lei abbassò gli occhi. «Ti riferisci a Crile?»

«Se pensi che mi riferisca a Crile, d’accordo. In realtà, però, stavo pensando a Marlene. È uscita una dozzina di volte. Le piace moltissimo. La rende felice, eppure tu te ne stai qui a combattere la paura. Cos’è che ti angustia?»

Eugenia rifletté qualche attimo, giocherellando con la forchetta. «È il senso di perdita. L’ingiustizia di questa situazione. Crile ha faro una scelta e l’ho perso. Marlene ha fatto una scelta e la sto perdendo… Eritro me la sta portando via, se non il Morbo…»

«Lo so.» Genarr le prese la mano, e lei, distrattamente, lasciò che la stringesse.

Eugenia continuò. «Marlene è sempre più smaniosa di stare là fuori, in quella desolazione assoluta, e le interessa sempre meno stare con noi. Alla fine, troverà il modo di vivere all’esterno, si assenterà per periodi sempre più lunghi… e un giorno sparirà.»

«Probabilmente hai ragione, ma la vita è un susseguirsi di perdite. Perdiamo la giovinezza, i genitori, gli amori, gli amici, la salute, e infine la vita. Bisogna accettarlo, altrimenti oltre a perdere tutto ugualmente, si perde anche la tranquillità, la pace interiore.»

«Non è mai stata una bambina felice, Siever.»

«Ti senti responsabile?»

«Avrei potuto essere più comprensiva.»

«Non è mai troppo tardi per cominciare. Marlene voleva un mondo intero, e adesso ce l’ha. Voleva trasformare quella che è sempre stata una dote gravosa in un metodo di comunicazione diretta con un’altra mente, e c’è riuscita. Vorresti costringerla a rinunciare? Per non perderla, per averla sempre accanto, vorresti farle subire una perdita ben più grande, impedendole di usare nel modo giusto il suo cervello eccezionale?»

Eugenia ridacchiò, anche se aveva le lacrime agli occhi. «Con quella parlantina, sapresti convincere anche un sordo, Siever.»

«Davvero? I miei discorsi non sono mai stati efficaci quanto i silenzi di Crile.»

«C’erano altri fattori.» Eugenia corrugò la fronte. «Non importa… Adesso sei qui, Siever, e mi sei di grande conforto.»

Genarr osservò mesto: «Si vede proprio che sono vecchio, se il fatto di esserti di conforto mi consola. La fiamma arde bassa quando non chiediamo chissà cosa, ma ci accontentiamo del conforto».

«Non c’è nulla di male in questo.»

«Oh, no, assolutamente. Secondo me, molte coppie hanno vissuto passioni intense, hanno conosciuto i riti dell’estasi, senza mai trovare il conforto reciproco, e magari alla fine pur di averlo avrebbero rinunciato volentieri a tutto il resto… Non so… Le vittorie intime sono così… intime. Essenziali, ma passano inosservate.»

«Come te, mio povero Siever?»

«Via, Eugenia, è una vita che cerco di evitare la trappola dell’autocommiserazione, non devi tentarmi solo per vedermi soffrire.»

Oh Siever, non voglio vederti soffrire.»

«Ah, proprio quello che mi interessava sentirti dire. Visto come sono in gamba? Sai, se vuoi un sostituto di Marlene, sono pronto a rimanerti vicino, caso mai avessi bisogno di qualcuno che ti consoli. Se tu me lo chiedessi, non mi staccherei da te nemmeno se mi offrissero un intero pianeta.»

Lei gli strinse la mano. «Non ti merito, Siever.»

«Niente scuse, Eugenia. Sono disposto a immolarmi per te, e tu non dovresti impedirmi di compiere il sacrificio supremo.»

«Non hai trovato una persona più degna.»

«Non l’ho cercata. Né ho notato un grande interesse nei miei confronti da parte delle donne di Rotor. E poi, non saprei che farmene di una persona più degna. Sarebbe poco entusiasmante offrirmi come dono meritato. Molto più romantico essere un dono immeritato, piovuto dal cielo.»

«Essere quasi un dio nella tua magnanimità.»

Genarr annuì energicamente. «Mi piace. Sì, sì… Proprio l’idea che mi affascina.»

Eugenia rise di nuovo, con maggiore spontaneità. «Sei pazzo. Sai, non me n’ero mai accorta.»

«Ho dei lati nascosti. Conoscendomi meglio… senza alcuna fretta, naturalmente…»

Genarr fu interrotto dal ronzio acuto del ricevitore di messaggi.

Si accigliò. «Ecco… Riesco a incantarti, non so come… tu stai quasi per abbandonarti tra le mie braccia, e ci interrompono. Ohhh!» Di colpo, il tono di Genarr cambiò completamente. «È di Saltade Leverett.»

«Chi è?»

«Non lo conosci. Quasi nessuno lo conosce. È una specie di eremita. Lavora nella fascia degli asteroidi perché gli piace stare là. Sono anni che non vedo quel vecchio vagabondo… Chissà perché ho detto «vecchio»… ha la mia età… È anche un messaggio riservato. Si apre solo con l’impronta dei pollici. A questo punto, data la segretezza, dovrei chiederti di uscire prima di leggerlo.»

Eugenia si alzò subito, ma Genarr le fece cenno di restare seduta. «Non essere sciocca, Eugenia. La segretezza è la malattia dei burocrati. Io me ne infischio.»

Premette un pollice sul foglio, quindi l’altro pollice, nei punti richiesti, e cominciarono ad apparire delle lettere. «Spesso ho pensato che se a una persona mancassero i pollici…» Poi Genarr tacque.

Sempre in silenzio, porse ilmessaggio a Eugenia.

«Posso leggerlo? Il regolamento lo consente?»

Genarr scosse la testa. «Certo che no, ma a me non importa. Leggilo pure.»

Eugenia diede una rapida scorsa, e alzò lo sguardo. «Una nave straniera? Che sta per atterrare qui

Genarr annuì. «È quel che dice il messaggio, almeno.»

«Ma… e Marlene? È là fuori» disse concitata Eugenia.

«Eritro la proteggerà.»

«Come fai a saperlo. Potrebbe essere una nave di alieni. Alieni veri. Extraterrestri. L’organismo di Eritro forse non avrà alcun potere su di loro.»

«Noi siamo alieni per Eritro, eppure ci controlla facilmente.»

«Devo uscire all’esterno.»

«Ma a cosa può…»

«Devo raggiungere Marlene. Vieni con me. Aiutami. La riporteremo nella Cupola.»

«Se sono invasori potentissimi e malintenzionati non saremo al sicuro nemmeno nella…»