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«Oh, Siever, lascia perdere la logica, non è il momento! Ti prego. Devo stare accanto a mia figlia!»

LXXXVII

Avevano scattato delle fotografie e adesso le stavano studiando. Tessa Wendel scosse la testa. «Incredibile. Un mondo completamente desolato. A parte quella cupola.»

«Intelligenza ovunque» disse Merry Blankowitz, corrugando la fronte. «Non ci sono più dubbi ora che ci siamo avvicinati tanto. Desolato o no, l’intelligenza è presente.»

«Ma il punto in cui è più intensa è quella cupola, giusto?»

«Sì, Capitano. Là è più intensa, e decisamente familiare. All’esterno della cupola ci sono delle lievi differenze, e non so di preciso cosa significhi questo.»

Wu disse: «L’unica forma di intelligenza superiore che conosciamo e che abbiamo analizzato è quella umana, quindi è naturale che…»

Tessa lo interruppe. «Secondo te, l’intelligenza all’esterno della cupola non è umana?»

«Dal momento che abbiamo stabilito che degli esseri umani non possono avere creato degli insediamenti sotterranei in tutto il pianeta in tredici anni, mi pare che l’unica conclusione possibile sia questa.»

«E la cupola? È una struttura umana?»

«Questo è un discorso completamente diverso, e i plessoni di Merry non c’entrano» rispose Wu. «Si vedono degli strumenti astronomici. La cupola, o almeno una parte della cupola, è un osservatorio astronomico.»

«Perché, un’intelligenza aliena non potrebbe interessarsi di astronomia?» chiese Jarlow, un po’ sardonico.

«Certo, ma con strumenti suoi. Se vedo un oggetto identico in tutto e per tutto a un analizzatore computerizzato all’infrarosso terrestre… Be’, mettiamola in questi termini… dimentichiamo la natura dell’intelligenza. Si vedono degli strumenti che, o sono stati costruiti nel Sistema Solare, o sono stati costruiti basandosi su dei progetti elaborati nel Sistema Solare. Questo è evidente. È impossibile che un’intelligenza aliena, senza alcun contatto con gli esseri umani, abbia costruito strumenti del genere.»

«Benissimo. Sono d’accordo, Wu» annuì Tessa. «Qualunque cosa ci sia su questo mondo, sotto quella cupola ci sono, o c’erano, degli esseri umani.»

Crile Fisher intervenne in tono aspro. «Non dire solo "esseri umani". Sono rotoriani. Non possono essere che loro.»

«Anche questo è inconfutabile» ammise Wu.

«Ma è una cupola così piccola» osservò Merry Blankowitz. «Su Rotor dovevano esserci migliaia di persone.»

«Sessantamila» mormorò Fisher.

«Non possono stare tutte in quella cupola.»

«In primo luogo, forse ci sono altre cupole» disse Fisher. «Anche se sorvolassimo il pianeta mille volte, chissà quante cose ci sfuggirebbero.»

«Soltanto in questo punto i plessoni erano di tipo diverso, apparentemente. Se ci fossero altre cupole, ne avrei localizzata qualcuna, ne sono certa» replicò Merry.

«Be’, forse quello che vediamo è una piccola parte di una struttura che magari si estende per chilometri sotto la superficie» insisté Fisher.

Wu disse: «I rotoriani sono arrivati su una Colonia. Può darsi che la Colonia esista ancora. Può darsi che ce ne siano molte… e che questa cupola sia solo un avamposto».

«Non abbiamp visto nessuna Colonia» osservò Jarlow.

«Non abbiamo nemmeno cercato» ribatté Wu. «Ci siamo concentrati unicamente su questo mondo.»

«Io ho localizzato l’intelligenza solo su questo mondo» disse Merry.

«Neppure tu hai cercato. Dovremmo esplorare il cielo, lo spazio, per individuare una Colonia, o qualche Colonia… ma dopo avere captato i plessoni provenienti dal pianeta, tu non hai cercato nient’altro, in nessun altro punto.»

«Se credi che sia necessario, lo farò.»

Tessa Wendel alzò la mano. «Se ci sono delle Colonie, perché non ci hanno avvistati? Non abbiamo fatto nulla per schermare la nostra emissione di energia. In fin dei conti, eravamo sicuri di trovare un sistema stellare deserto.»

«Forse anche loro si sentivano sicuri, Capitano… troppo sicuri» rispose Wu. «Non aspettavano l’arrivo di nessuno, così noi siamo penetrati nel sistema inosservati. O se ci hanno avvistati, può darsi che siano incerti, che si chiedano chi siamo… o cosa siamo… e che non sappiano che fare, proprio come noi. Comunque, una cosa è certa… in un punto della superficie di questo grande satellite ci sono senz’altro degli esseri umani, quindi a mio avviso dobbiamo scendere ed entrare in contatto con loro.»

«Non sarà pericoloso?» domandò Merry.

«No, non credo» rispose Wu senza esitare. «Non possono spararci a vista. Come minimo, vorranno sapere qualcosa da noi prima di eliminarci. E poi, se continuiamo a rimanere qui indecisi non concluderemo nulla… e dovremmo tornare a casa a riferire quello che abbiamo scoperto. La Terra invierà una flotta di navi ultraluce, però non ci saranno riconoscenti se torneremo solo con pochissime informazioni. Passeremo alla storia come la spedizione che avrà esitato.» Wu sorrise, affabile. «Vede, Capitano, la lezione di Fisher mi è servita.»

«Quindi, secondo te dovremmo scendere e prendere contatto» disse Tessa Wendel.

«Certo.»

«Blankowitz?»

«Sono curiosa. Non tanto per la cupola… se c’è una foma di vita aliena, mi interessa soprattutto quella.»

«Jarlow?»

«Vorrei che avessimo delle armi adeguate, o le ipercomunicazioni. Se ci distruggeranno, la Terra non avrà scoperto nulla, il nostro viaggio sarà stato inutile. Poi, chissà… forse qualcun altro verrà qui e sarà impreparato e indeciso come noi… Però, se sopravviveremo, torneremo con delle informazioni della massima importanza. Credo che dobbiamo rischiare.»

«La mia opinione, Capitano?» chiese Fisher sottovoce.

«Immagino che tu voglia atterrare per vedere i rotoriani.»

«Appunto, quindi se mi è consentito un suggerimento… Atterriamo con la massima discrezione possibile, senza farci notare, e io lascerò la nave e andrò in ricognizione. Se succederà qualcosa, decollate e tornate sulla Terra, abbandonandomi qui. Io sono sacrificabile, ma la nave deve ritornare.»

«Perché proprio tu?» chiese subito Tessa, mentre sul suo volto affiorava una certa tensione.

«Perché conosco i rotoriani, almeno, e perché… voglio andare.»

«Anch’io» intervenne Wu. «Verrò con te.»

«Perché rischiare in due?» domandò Fisher.

«Perché in due i rischi saranno minori. Perché in caso di pericolo uno potrebbe fuggire mentre l’altro terrà a bada la minaccia. E soprattutto perché, come hai detto tu, conosci i rotoriani. Il tuo giudizio potrebbe mancare di obiettività.»

Tessa disse: «Allora atterreremo. Fisher e Wu lasceranno la nave. Se, in qualsiasi momento, Fisher e Wu non saranno d’accordo sul da farsi, sarà Wu a decidere».

«Perché?» sbottò Fisher, indignato.

«Wu ha detto che conosci i rotoriani e che le tue decisioni potrebbero mancare di obiettività… e io sono d’accordo con lui» rispose Tessa, fissando Fisher con fermezza.

LXXXVIII

Marlene era felice. Si sentiva avvolta in un abbraccio delicato, protetta, riparata. Vedeva la luce rossiccia di Nemesis e sentiva il vento sulle guance. Osservava le nubi che di tanto in tanto oscuravano in parte o del tutto il grande globo di Nemesis attenuando la luce e facendola diventare grigiastra.

Ma Marlene vedeva con la stessa facilità sia con la luce grigia che con quella rossa, e riusciva a cogliere sfumature e tonalità di colore che formavano disegni affascinanti. E sebbene il vento fosse più fresco quando la luce di Nemesis era nascosta, Marlene non aveva mai freddo. Era come se Eritro in qualche modo le acuisse la vista, scaldasse l’aria attorno al suo corpo quand’era necessario, si prendesse cura di lei.