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Avrebbe voluto gridarle qualcosa, dirle che gli dispiaceva.

Metti un piede dopo l’altro.

Era un bambino, pìccolo, che tornava a casa da scuola, dì notte, lungo una strada senza lampioni. Non importava quante volte l’avesse fatto, non diventava mai più facile, mai più piacevole.

Era in fondo alla fognatura, perso in un labirinto. La Bestia lo stava aspettando.

Poteva sentire un lento sgocciolio d’acqua. Sapeva che la Bestia aspettava. Afferrò saldamente la lancia… Poi un rombo, dal profondo della gola della Bestia, da dietro dì lui. Si voltò. Con lentezza, con angosciante, terrìbile lentezza, l’animale caricò, nell’oscurità.

E caricò.

Mentre lui moriva. Continuò a camminare.

Con lentezza, con angosciante, terribile lentezza, l’animale caricò, ancora e ancora, nell’oscurità…

Ci fu un crepitio, e un chiarore cosi forte da far male. Era la fiamma della candela, nel suo candelabro di bottiglietta di tamarindo. Non aveva mai fatto caso a quanta luce può produrre una singola candela. La sollevò con orgoglio.

«Sembra che abbiamo attraversato con successo» disse la donna vestita di pelle.

Richard si accorse che il cuore gli batteva all’impazzata, che non riusciva a parlare. Si costrinse a respirare lentamente per calmarsi.

«Suppongo» disse esitante «che non siamo mai stati veramente in pericolo. Era come il castello delle streghe… dei rumori nel buio. E l’immaginazione fa il resto. Non c’era niente da temere, vero?»

La donna lo guardò con aria di compatimento, e Richard si rese conto che nessuno gli teneva la mano.

«Anestesia?»

Dall’oscurità sulla cima del ponte giunse un rumore sommesso, come un fruscio o un sospiro. Una manciata di perline di quarzo scese ticchettando dalla curvatura del ponte, nella loro direzione.

Richard ne prese una. Veniva dalla collana della ragazza-ratto.

«Sarà meglio… Dobbiamo tornare indietro. È…»

La donna sollevò la torcia, illuminando il ponte. Richard poteva vederlo tutto, ed era deserto.

«Dov’è?»

«Andata» rispose la donna con tono piatto. «Se l’è presa il buio.»

«Dobbiamo fare qualcosa» disse Richard.

«Del tipo?»

Lui apri la bocca. La richiuse. Maneggiò il piccolo blocco di quarzo e osservò gli altri, a terra. «Non lo so.»

«È andata» ripeté la donna. «Il ponte si prende un pedaggio. Sii felice che non abbia preso anche te. Ora, se stai andando al mercato, è per di qua, da questa parte. Vieni?»

Richard rimase là al buio per alcuni istanti scanditi dai violenti battiti del suo cuore pesante, poi infilò nella tasca dei jeans la perlina di quarzo e segui la donna, che lo precedeva di qualche passo.

Nel seguirla gli venne in mente che ancora non conosceva il suo nome.

CINQUE

La gente scivolava e fluiva nell’oscurità circostante impugnando lampade, torce e candele. A Richard pareva uscita da un documentario sui branchi di pesci, che luccicano e si muovono repentini nell’oceano… Acque profonde, abitate da esseri che hanno perso l’uso degli occhi. Acque davvero troppo profonde…

Richard segui la donna vestita di pelle che aveva salito qualche gradino. Gradini dì pietra bordati di metallo. Si trovavano in una stazione della metropolitana.

Si unirono a un gruppo di persone in coda in attesa di scivolare attraverso una grata, aperta all’incirca per una trentina di centimetri per scoprire la porta che conduceva fuori, sul marciapiede.

Immediatamente davanti a loro c’era una coppia di ragazzi, molto giovani, che portavano entrambi un legaccio stretto intorno al polso. L’altro capo dei legacci era tenuto da un uomo pallido e calvo che puzzava di formaldeide. Appena dietro di loro, invece, c’era un uomo con la barba grigia e un micino bianco e nero sulla spalla. Il gattino si stava lavando tutto assorto, poi diede una leccatina all’orecchio dell’uomo, quindi gli si acciambellò sulla spalla e si mise a dormire.

La coda procedeva lentamente quando, una a una, le sagome che si trovavano in cima scivolavano nello spazio tra la grata e il muro e avanzavano nella notte.

«Perché vai al mercato, Richard Mayhew?» chiese con tono pacato la donna vestita di pelle.

«Spero di incontrare degli amici. Be’, una amica, a dire il vero. In realtà non conosco molte persone di questo mondo. In qualche modo stavo iniziando a conoscere Anestesia, ma…» la voce gli venne meno. Fece la domanda. «È morta?»

La donna si strinse nelle spalle. «Si. O come se. Spero che la tua visita al mercato dia un senso alla sua perdita.»

Richard rabbrividì. «Lo spero anch’io» disse.

Stavano arrivando alla fine della coda.

«Tu cosa fai?» le chiese.

Lei sorrise. «Vendo servizi fisici personali.»

«Oh» fece lui. Poi, «Che tipo di servizi fisici personali?»

«Affitto il mio corpo.»

«Ah.»

E uscirono nella notte.

Richard si voltò a dare un’occhiata. Il cartello sulla stazione del metrò diceva: Knightsbridge. Non sapeva se ridere o piangere. Sembrava fossero le prime ore del mattino. Richard abbassò lo sguardo sul suo orologio e vedere che i numeri digitali erano scomparsi lasciando uno spazio vuoto non lo sorprese affatto. Forse si erano esaurite le pile. Forse il tempo a Londra Sotto era solo un lontano parente del tipo di tempo a cui era abituato. Si slacciò l’orologio e lo lasciò cadere nel più vicino cestino per la spazzatura.

Lo strano assortimento di persone stava sciamando per attraversare la strada, oltrepassando le doppie porte di fronte a loro.

«Lì?» chiese, spaventato.

La donna annui. «Lì.»

L’edificio era molto grande e pieno di luci. Vistosi blasoni sul muro affermavano che erano in vendita articoli di ogni genere approvati da vari membri della famiglia reale. Richard, che nei fine settimana aveva trascorso parecchie ore con i piedi doloranti, arrancando al seguito di Jessica attraverso i negozi più illustri di Londra, l’avrebbe riconosciuto anche senza l’enorme insegna che ne proclamava l’identità:

«Harrods?»

Hunter annui. «Solo per questa sera» disse. «Il prossimo mercato potrà essere ovunque.»

«Si, ma insomma…» disse Richard «Harrods!»

Entrarono attraverso la porta laterale. La stanza era al buio. Superarono il bureau de change e il reparto pacchi regalo. Attraversarono un’altra sala buia dove si vendevano occhiali da sole e statuine. Poi entrarono nella Sala Egizia. Luci e colori colpirono Richard come un pugno in pieno petto. La sua compagna si voltò verso di lui: stava sbadigliando, come una gatta, il dorso della mano a nascondere il vivido rosa della bocca.

«Bene. Sei arrivato. Sano e, più o meno, salvo. Io ho degli impegni di lavoro, perciò addio.» Un rapido cenno del capo, ed era scomparsa tra la gente.

Richard rimase li, solo in mezzo alla calca, abbeverandosene.

Era follia pura. Di quello non c’era alcun dubbio.

Il rumore era molto forte. La gente discuteva, contrattava, gridava e cantava. Erano venditori ambulanti che mostravano la propria mercanzia, decantandone la superiorità. Si udiva della musica — una dozzina di generi musicali diversi, suonati in una dozzina di maniere diverse su altrettanti strumenti diversi, la maggior parte improvvisati, improbabili,, improponibili.

Richard sentiva odore di cibo. Di cibi di ogni tipo.

Le bancarelle erano state sistemate in tutto il negozio. Accanto, quando non sopra, a banconi dove durante il giorno erano stati venduti profumi, orologi, ambra o foulard di seta, i venditori notturni avevano installato i loro banchetti improvvisati.