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Poi tirò fuori una bottiglia, piena per tre quarti, di un liquido giallo, e la lanciò a Dunnikin. Dunnikin la guardò con sospetto. Il Popolo delle Fogne sa riconoscere una bottiglia di Chanel n°5, e si radunò intorno a Dunnikin al gran completo. Con attenzione, con importanza, tolse il tappo alla bottiglia e con esso si sfiorò il polso, per applicare una quantità infinitesimale di liquido. Quindi, con una serietà che il miglior parfumier parigino gli avrebbe invidiato, Dunnikin annusò.

Dopo di che fece entusiastici cenni di approvazione e si avvicinò a Old Bailey per abbracciarlo e concludere l’affare. Old Bailey scostò il viso.

Poi sollevò un dito e fece del suo meglio per mostrare di non essere più giovane come una volta e che il Marchese de Carabas, da morto o da vivo, era piuttosto pesantino.

Dunnikin si infilò le dita nel naso con aria pensosa, poi, con un gesto che indicava non solo magnanimità ma anche una generosità insensata e mal riposta che, ovviamente, avrebbe fatto finire lui, Dunnikin, e il resto del Popolo delle Fogne all’ospizio dei poveri, ordinò a uno dei giovani del suo popolo di legare il cadavere del Marchese al telaio di carrozzina che faceva parte della merce esposta. Il vecchio uomo dei tetti copri il corpo con un telo e lo spinse via, in mezzo all’affollato ponte della nave.

«Una porzione di verdure al curry, per favore» disse Richard alla donna del banco del curry. «E, hmm, mi chiedevo… La carne, che tipo di carne è?»

La donna glielo disse.

«Oh» fece Richard. «Bene. Hmm. Credo sia meglio prendere verdure per tutti.»

«Salve di nuovo» disse una voce intensa accanto a lui. Era la donna pallida che avevano incontrato nelle grotte, con il vestito nero e gli occhi color digitale.

«Salve» rispose Richard con un sorriso. «… Oh, e dei poppadoms, per favore. — Sei, hmm, sei qui per il curry?»

Lo fissò con gli occhi viola e disse, scimmiottando Bela Lugosi, «Io non mangio… curry.» Poi rise, una risata aperta, incantevole, e Richard si rese conto che era davvero passato tantissimo tempo da quando aveva condiviso una battuta scherzosa con una donna.

«Oh. Hmm. Richard. Richard Mayhew.» Allungò la mano, e lei la toccò con la sua. Era molto fredda, ma dopotutto a tarda notte, alla fine dell’autunno, su una nave ancorata nel Tamigi, fa molto freddo.

«Lamia» disse. «Sono una Velluto.»

«Ah» fece Richard. «Bene. E siete molte?»

«Un po’» rispose.

Richard radunò i contenitori con il cibo al curry. «E cosa fai?» domandò.

«Quando non sono alla ricerca di cibo» rispose, con un sorriso, «faccio la guida. Conosco ogni centimetro del Mondo di Sotto.»

Hunter, che Richard avrebbe giurato fosse all’altro lato del banco, era in piedi accanto a Lamia. «Non è tuo» disse.

Lei sorrise dolcemente. «Questo lo deciderò io» rispose.

Richard si intromise. «Hunter, questa è Lamia. È una Velcro.»

«Vel-luto» lo corresse con dolcezza Lamia.

«Fa la guida.»

«Ti porterò ovunque vorrai andare.»

Hunter tolse di mano a Richard la busta con il cibo. «È ora di tornare» disse.

«Be’.» disse Richard «dato che dobbiamo cercare tu-sai-cosa, forse potrebbe esserci d’aiuto.»

Hunter lo guardò. Se l’avesse guardato cosi il giorno prima, avrebbe lasciato cadere l’argomento. Ma allora era allora. «Vediamo cosa ne pensa Porta» disse Richard. «Nessuna traccia del Marchese?»

«Non ancora» rispose Hunter.

Old Bailey aveva trascinato giù dalla passerella di legno il cadavere legato al telaio di carrozzina per bambini, simile a uno spettrale fantoccio da ardere. Lo tirò sul Tower Bridge e oltre la torre di Londra. Procedette verso la stazione di Tower Hill e si fermò appena prima, accanto a un’ampia sporgenza grigia in muratura. Non è un tetto, pensò Old Bailey, ma andrà bene lo stesso.

Si trattava di uno degli ultimi resti delle mura di Londra che, secondo la tradizione, erano state costruite per ordine dell’imperatore romano Costantino nel terzo secolo dopo Cristo, su richiesta della madre (che si chiamava Elena), che in realtà era originaria di Londra ed era stufa del fatto che potentati e capi cittadini di tutta Europa le menzionassero, in maniera del tutto disinvolta, la grandezza delle mura delle città da cui provenivano e le chiedessero com’era la cinta muraria nella sua parte del mondo.

Una volta terminate, racchiudevano completamente la città; erano alte dieci metri e larghe due e mezzo, ed erano, senza alcuna possibilità di discussione, delle mura. Adesso non misuravano più dieci metri di altezza, dato che il livello del terreno era notevolmente salito dai tempi della madre di Costantino, né circoscrivevano la città, ma si trattava pur sempre di un imponente scampolo di muro.

Old Bailey annui vigorosamente tra sé. Assicurò un pezzo di fune al telaio della carrozzina e si arrampicò sul muro; poi, brontolando e imprecando al cielo, sollevò il Marchese fino in cima.

Slegò il corpo dal telaio della carrozzina e lo sdraiò gentilmente sulla schiena, le braccia lungo i fianchi. Alcune delle ferite grondavano ancora. Era proprio molto morto.

«Stupido briccone» sussurrò Old Bailey. «Perché diavolo hai voluto farti ammazzare, eh?»

Nella fredda notte la luna era luminosa, piccola e alta, e le costellazioni autunnali punteggiavano il ciclo nero e blu come polvere di diamanti frantumati.

Un usignolo svolazzò sul muro, esaminò il cadavere del Marchese de Carabas e cinguettò dolcemente.

«Fatti i becchi tuoi» disse in modo sgarbato Old Bailey. «E comunque nemmeno voi uccelli profumate come dannate rose.»

Gli cinguettò melodiose oscenità da usignolo e se ne volò via nella notte.

Old Bailey mise la mano in tasca e estrasse il ratto nero, che ne aveva approfittato per farsi una dormita. Si guardò intorno insonnolito, poi sbadigliò, mostrando una vasta distesa di lingua di ratto. «Personalmente» confessò Old Bailey al ratto nero «sarei felicissimo di non annusare mai più niente.»

Lo posò sulle pietre delle mura di Londra e il ratto gli squitti qualcosa. Old Bailey sospirò. Con molta attenzione si tolse di tasca la scatola d’argento e, da una tasca interna, recuperò il forchettone da barbecue.

Piazzò la scatola d’argento sul petto di de Carabas.

Poi, nervosamente, allungò il forchettone e con esso ne sollevò il coperchio. Dentro c’era un uovo di anatra, che alla luce della luna appariva di un pallido verde-azzurro. Old Bailey alzò il forchettone, strizzò gli occhi e fracassò l’uovo.

Ci fu un «pop» e un’implosione.

Per un attimo l’immobilità fu totale, poi iniziò il vento. Non aveva direzione, ma sembrava provenire da ogni dove, un’improvvisa e vorticosa burrasca. Foglie secche, pagine di giornale, tutti i detriti della città vennero sollevati da terra e trasportati nell’aria.

Il vento lambiva la superficie del Tamigi e portava in aria l’acqua gelida, creando uno spruzzo sottile e dinamico.

Era un vento pazzo, un vento pericoloso e folle. I proprietari dei banchi sul ponte della Belfast lo maledirono e afferrarono le loro cose per impedire che volassero via.

Poi, quando pareva che il vento dovesse diventare cosi forte da soffiare via il mondo e le stelle e da mandare le persone a ruzzolare nell’aria come tante foglie secche autunnali…

Proprio allora…

… Si fermò. E le foglie, la carta, le buste di plastica della spesa precipitarono sulla terra, sulla strada e sull’acqua.

In alto, sui resti delle mura di Londra, il silenzio che aveva fatto seguito al vento era, a suo modo, fragoroso quanto il vento stesso.