Il Marchese sollevò Lamia con una sola mano e ne portò il viso accanto al suo. «Prova ad avvicinarti ancora a lui, tu o qualunque altra Bambina Velluto, e verrò alla vostra caverna di giorno, mentre dormite, a bruciare tutto. Capito?»
Annuì.
La lasciò andare e lei cadde sul pavimento. Poi si rimise in piedi, in tutta la sua altezza, che in realtà non era esagerata, piegò la testa all’indietro e sputò con forza in faccia al Marchese.
Lamia sollevò sul davanti il lungo abito di velluto e corse via, verso l’alto.
Uno sputo nero, freddo come il ghiaccio, scivolava sulla guancia del Marchese, che se lo tolse.
«Stava per uccidermi» disse Richard.
«Non subito» spiegò il Marchese. «Alla fine saresti morto, certo, ma solo quando avesse finito di mangiarti la vita.»
Richard fissò il Marchese. Sembrava si sentisse poco bene. Non aveva il solito trench, al suo posto indossava una vecchia coperta con cui si era avvolto le spalle a mo’ di poncho, con qualcosa -Richard non capiva di cosa si trattasse — legato sotto. Era a piedi nudi. Per quella che Richard interpretò come bizzarra affettazione modaiola, avvolto intorno alla gola portava un alto pezzo di stoffa scolorita.
«La stavamo cercando» disse Richard.
«E adesso mi avete trovato» gracidò seccamente il Marchese.
«Ci aspettavamo di vederla al mercato.»
«Si, be’… Qualcuno pensava che fossi morto e sono stato costretto a non farmi notare.»
«Perché… perché qualcuno pensava che fosse morto?»
Il Marchese guardò Richard con occhi che avevano visto troppo ed erano andati troppo oltre. «Perché mi avevano ucciso» disse. «Andiamo, non possono essere tanto lontane.»
Richard guardò al di là del ciglio del sentiero, al di là del pozzo centrale. Dall’altra parte poteva vedere Porta e Hunter, a un livello inferiore rispetto a lui. Si guardavano intorno — probabilmente lo cercavano. Le chiamò, urlando e agitando le braccia, ma il suono non veniva trasmesso.
Il Marchese appoggiò la mano sul braccio di Richard. «Guarda» disse. Indicava il livello al di sotto di Porta e Hunter. Qualcosa si muoveva. Richard socchiuse gli occhi: riusciva a scorgere due figure, appostate nell’ombra.
«Croup e Vandemar» disse il Marchese. «È una trappola.»
«Cosa facciamo?»
«Corri!» disse il Marchese. «Avvertile. Io non posso correre… Vai, dannazione!»
E Richard corse. Corse più forte che poteva, più in fretta che poteva, lungo la strada di pietra che scendeva sotto il mondo. Sentì un improvviso dolore lancinante al petto: una fitta. Ma proseguì, e continuò a correre.
Svoltò un angolo e le vide.
«Hunter! Porta!» rantolò, affannato. «Fermatevi! Attente!»
Porta si girò.
Mister Croup e mister Vandemar uscirono da dietro una colonna. Mister Vandemar strattonò con violenza le braccia di Porta e con un’unica mossa gliele legò dietro la schiena con una striscia di nylon.
Mister Croup teneva in mano qualcosa di lungo e sottile in una sacca di tela marrone, simile a quella che il padre di Richard usava per trasportare le canne da pesca.
Hunter era rimasta ferma, a bocca aperta.
«Hunter! Presto.»
Lei ruotò su se stessa, sollevando un piede verso l’esterno, con un movimento fluido, quasi da ballerina.
Il piede colpì Richard in pieno stomaco. Lui cadde a terra, piegato in due, senza fiato e dolorante.
«Hunter?» boccheggiò.
«Mi dispiace ma è cosi» disse Hunter.
Mister Croup e mister Vandemar non degnavano né Richard né Hunter della benché minima attenzione. Mister Vandemar era impegnato a legare i polsi di Porta, mentre mister Croup se ne stava in piedi a guardare.
«Non devi pensare a noi come ad assassini e tagliagole, signorina» stava dicendo amabilmente mister Croup. «Pensa a noi come a un servizio di accompagnatori.»
«Senza prestazioni extra, però» aggiunse mister Vandemar.
Mister Croup si rivolse a mister Vandemar. «Accompagnatori nel senso di scorta. Per assicurare che la nostra bella lady arrivi sana e salva dove deve arrivare. Non la stavo paragonando né a un gigolò d’alto bordo né a una comune lucciola di strada, mister Vandemar.»
Mister Vandemar non si era ancora rabbonito. «Ha detto che eravamo un servizio di accompagnatori» brontolò. «So cos’è.»
«Lo cancelli dal verbale, mister Vandemar. Non mi sono espresso bene. D’ora in poi consideriamoci chaperon. Guardie. Cavalieri.»
Mister Vandemar si grattò il naso con un anello di teschio di corvo. «D’accordo» disse.
Mister Croup si voltò verso Porta e le sorrise, mostrando molti denti. «Vedi, Lady Porta. Dobbiamo assicurarci che arrivi sana e salva a destinazione.»
Porta lo ignorò. «Hunter» gridò. «Cosa succede?»
Mister Croup fece un ampio sorriso di orgoglio. «Prima di accettare di lavorare per te, Hunter aveva accettato di lavorare per il nostro principale. Prendendosi cura di te.»
«Te l’avevamo detto» si vantò mister Vandemar. «Te l’avevamo detto che uno di voi era un traditore.» Piegò la testa all’indietro e ululò come un lupo.
«Credevo parlaste del Marchese» disse Porta.
Mister Croup si grattò la testa, con mossa teatrale. «Parlando del Marchese, mi chiedo dove sia. Sembra scomparso, vero, mister Vandemar?»
«Già, proprio scomparso, mister Croup. Davvero scomparso.»
«Al punto che d’ora in avanti dovremo chiamarlo lo scomparso Marchese de Carabas. Purtroppo è giusto un pochino…»
«Morto stecchito» concluse mister Vandemar.
Richard, che respirava affannosamente e si contorceva a terra, riuscì a inspirare abbastanza aria nei polmoni da rantolare, «Tu, puttana traditrice.»
Hunter abbassò lo sguardo. «Niente di personale» mormorò.
«La chiave che avete preso dai Frati Neri,» chiese mister Croup a Porta «chi ce l’ha?»
«Ce l’ho io» ansimò Richard. «Potete perquisirmi, se volete.» Si frugò nelle tasche — accorgendosi di qualcosa di duro e per niente familiare nella tasca posteriore, ma in quel momento non c’era il tempo di investigare — e ne tirò fuori la chiave della porta d’ingresso del suo vecchio appartamento. Si trascinò in piedi e barcollò fino a mister Croup e mister Vandemar. «Ecco.»
Mister Croup allungò una mano e gli prese la chiave di ottone. «Accidentaccio, mister Vandemar» disse, senza quasi degnarla di uno sguardo. «Mi sono lasciato completamente abbindolare da questa astuta manovra.» Passò la chiave a mister Vandemar, che la tenne tra pollice e indice e la accartocciò come fosse carta stagnola. «Imbrogliati ancora, mister Croup» disse.
«Gli faccia male, mister Vandemar» disse mister Croup.
«Con piacere, mister Croup» disse mister Vandemar, assestando a Richard un calcio sulla rotula. Richard cadde a terra in agonia, tenendosi la gamba.
Come proveniente da un luogo lontanissimo, poteva udire la voce di mister Vandemar. Sembrava stesse tenendo una conferenza. «La gente pensa che sia la forza a fare male» diceva la voce di mister Vandemar. «Ma non è come sferri il calcio che conta. È dove. Voglio dire, questo è davvero un calcetto gentile…»
Qualcosa sbatté contro la spalla sinistra di Richard. Il braccio era completamente intorpidito, e un fiore di dolore gli sbocciò sulla spalla. Gli sembrava che tutta la parte sinistra andasse a fuoco, e congelasse, come se qualcuno gli avesse infilato uno stimolatore elettrico nella carne e avesse dato il massimo di corrente. Si mise a piagnucolare. E mister Vandemar diceva:
«… Ma fa male quanto questo — che è molto più forte…»
Lo stivale si conficcò nel fianco di Richard come una palla di cannone. Riusciva a sentirsi urlare e singhiozzare, e avrebbe tanto desiderato sapere come fare a smettere.