«Io di queste cose non ne so niente» disse la donna. «Ti prego, mettilo via. Fa’ il bravo ragazzo.»
Richard soppesò il pugnale. Poi fece un affondo verso il muro di mattoni accanto al vano in cui la vecchia signora si era messa a dormire. Assestò tre fendenti, uno in orizzontale e due in verticale.
«Cosa stai facendo?» chiese con circospezione la donna.
«Sto facendo una porta» rispose.
Lei tirò su col naso. «Dovresti metterlo via quell’affare. Ti manderanno dentro per possesso di armi.»
Richard guardava il contorno di porta che aveva inciso sui mattoni. Si rimise in tasca il pugnale e cominciò a tempestare il muro di pugni. «Ehi! C’è nessuno li? Mi sentite? Sono io — Richard! Porta? Ma non c’è proprio nessuno?»
Si era ferito le mani, ma continuava a colpire e a battere contro il muro.
Poi la pazzia lo abbandonò, e smise.
«Mi scusi» disse alla vecchia signora.
Lei non rispose. O si era riaddormentata oppure, con ogni probabilità, fingeva di averlo fatto. Dal vano dell’ingresso del negozio proveniva un anziano russare, vero o simulato che fosse.
Richard si mise a sedere sul marciapiede, chiedendosi come fosse possibile riuscire a incasinarsi la vita come aveva fatto lui.
Poi si voltò di nuovo a guardare la porta disegnata sul muro.
Dove aveva inciso la sagoma, adesso c’era un’apertura a forma di porta. Sulla soglia c’era un uomo, le braccia incrociate in posa teatrale. Rimase in quella posizione finché fu certo che Richard l’avesse visto. Quindi si produsse in un grandioso sbadiglio, coprendosi educatamente la bocca con una mano scura.
Il Marchese de Carabas inarcò un sopracciglio. «Allora?» disse, con tono impaziente. «Vieni o no?»
Richard lo fissò giusto il tempo di un battito del cuore.
Poi annui, non fidandosi a proferire parola, e si alzò. Insieme, i due si allontanarono attraverso il buco nel muro, verso l’oscurità, senza lasciarsi nulla alle spalle. Neppure una porta.
RINGRAZIAMENTI
Questo libro, come la maggior parte dei libri, è stato scritto da una persona che ha messo una parola dietro l’altra fino alla parola fine.
Tuttavia, dato che questo libro è stato scritto alla rovescia e per ultimo, le persone che devo ringraziare sono davvero moltissime.
Per primo e soprattutto, Lenny Henry, intrattenitore, attore e appassionato di fumetti, per avermi chiesto se volevo scrivere una serie televisiva di fantasy contemporaneo, oltre cinque anni fa. La storia è nata passeggiando nel suo giardino e mentre tenevo in braccio la sua cagnolina Delilah a cui Lenny doveva cambiare la fasciatura. Il suo entusiasmo mi ha spinto a scrivere, ha fatto accettare l’idea e ha portato avanti il progetto anche nei giorni più foschi.
Janet Street-Porter è stata di una forza più unica che rara durante la prima metà del processo di stesura. Clive Brill ha curato la storia e prodotto la serie televisiva. Nessun dove non sarebbe ciò che è, senza Clive Brill. Abbiamo avuto un sacco di discussioni negli ultimi quattro anni, e quando non ci trovavamo d’accordo, ero ovviamente sempre io ad avere ragione, mentre Clive aveva altrettanto ovviamente sempre torto. Ma è stato stupefacente notare quanti suoi suggerimenti hanno finito per diventare parte integrante dello schema, e quanti suoi cambiamenti hanno migliorato le cose.
Dewi Humphreys ha diretto la serie. In qualità di regista ha portato la sua visione personale. In ogni parte del libro gli ho rubato delle idee senza alcuna vergogna, e lo stesso ho fatto con James Dillon, art director e curatore del set. Il mio grazie a entrambi.
Ho un debito di riconoscenza con l’altro me stesso che, negli ultimi cinque anni, si è preoccupato e angosciato riguardo alla domanda più terribile per uno scrittore: «E adesso, cosa succede?» Dato che è riuscito a trovare una risposta ogni volta, a me è spettato solo raccontare la storia.
Ho avuto il grande privilegio di poter gironzolare nei luoghi scelti per le scene della serie Tv mentre venivano girate, riuscendo a stare tra i piedi a tutti. L’ho apprezzato molto: non capita spesso di vagabondare nei propri paesaggi interiori.
I miei ringraziamenti agli attori, che hanno impersonificato le parole. Ho preso spunto dalle loro interpretazioni per migliorare il libro, quindi grazie a tutti.
Grazie all’intera troupe (MaiCaldo, MaiPulito, MaiDetto, MaiLoStessoPostoDueGiorniDiFila), che mi ha sopportato, rispondendo volonterosamente alle mie domande senza smettere di lavorare. (MaiPiù).
Kelli Bickman ha battuto a macchina i primi capitoli copiando gli appunti che avevo preso a mano sul set, impresa molto più ardua di quanto possa sembrare detto cosi. («Che parola è questa?» «Boh, non saprei.»)
Le due persone senza cui: Polly McDonald, stupefacente amministratore delegato, e Beverly Gibson, che fa si che le cose accadano. Hanno dovuto sopportare di tutto.
Sheila Ableman, della sezione libri della BBC, è stata una sostenitrice di Nessun dove fin dall’inizio. Con il suo entusiasmo e i finanziamenti che ha procurato ha permesso che tutto andasse per il verso giusto. Questo libro esiste perché lei lo ha voluto.
Merrilee Heifetz, Carole Blake e Conrad Williams hanno praticato le stregonerie in cui sono davvero bravissimi.
Tori Amos mi ha prestato la sua casa per scrivere la parte relativa ai Frati Neri, mentre Steve Jones mi ha ospitato da Earl’s Court al British Museum.
Infine, la mia famiglia — moglie, bambini, assistente e gatti — è stata incredibilmente comprensiva riguardo alle mie fughe a Londra Sotto per lunghi periodi. A eccezione dei gatti, due dei quali se ne sono andati pieni di disgusto durante il penultimo viaggio, e non si sono più visti.
Neil Gaiman
30 maggio 1996
POSTFAZIONE
Diventato famoso con la serie a fumetti Sandman e le avventure del Signore dei Sogni, Neil Gaiman ha sorpreso tutti decidendo di porre fine alle sue avventure. Non dev’essere stato facile. Con quel personaggio è diventato famoso, ha vinto un’infinità di premi e ha affascinato molta gente che dei fumetti sapeva ben poco. Forse si è reso conto che non avrebbe potuto continuare a scrivere in eterno storie come quelle, rischiando prima o poi di rovinare tutto, oppure semplicemente ha deciso di cambiare aria in cerca di nuovi stimoli. In ogni modo è stata una decisione coraggiosa. In quanti, al suo posto, avrebbero rinunciato alla gallina dalle uova d’oro?
Grazie al successo di Sandman, Karen Berger della DC Comics ebbe la possibilità nel 1993 di dar vita a una splendida collana, la Vertigo. Gaiman aveva incontrato per la prima volta Berger in un bar di Londra nel 1987, dopo averla subissata di proposte più o meno valide per almeno due anni. All’epoca Gaiman lavorava come giornalista scrivendo articoli per Time Out, il Sunday Times, Punch e The Observer.
L’anno prima Frank Miller e Bill Sienkiewicz avevano realizzato Elektra: Assassin, uno dei fumetti più belli di quel periodo. La fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta è stata una delle stagioni migliori per i supereroi, trasformati in personaggi a tre dimensioni pieni di dubbi e di ombre. Eroi per coloro che erano cresciuti leggendo le avventure di Batman, Daredevil e L’Uomo Ragno, ma che se ne erano allontanati una volta diventati adulti.
Una lezione che Gaiman dimostra di aver appreso è proprio quella di Frank Miller, che a partire da Batman, stava rivoluzionando in quegli anni il mondo dei fumetti riuscendo a superare la cerchia degli appassionati. Il risultato fu qualcosa di completamente nuovo, che aveva poco in comune con le vecchie storie della Marvel e della DC Comics. Basti pensare ai classici fumetti di Thor che si aprivano con il Dio del Tuono in posa plastica sul tetto di un palazzo: osserva New York immersa nella notte, i lunghi capelli che si agitavano al vento, la posa da statua greca e il martello poggiato sulla coscia. È il momento di quiete che precede la battaglia, terreno per considerazioni retoriche sul bene e sul male, o ancora sul suo ruolo di difensore dei deboli e degli oppressi. La puntata si sarebbe inevitabilmente conclusa con la cattura dei malviventi, raramente con una momentanea quanto apparente sconfitta di Thor, che nell’episodio successivo avrebbe sbaragliato gli avversari.