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Non vedeva l’ora di ritornare da Laura… non l’aveva ancora rivista… da Laura e dal bambino: l’unica cosa onesta che gli fosse rimasta in quel mondo invaso dalla nebbia. Cercò di controllarsi e andò avanti a parlare con un tono più tranquillo.

— I pochi adepti rimasti ci aiuteranno, naturalmente, a difendere San Francisco. Un esercito normale può farli fuori sul campo in un modo o nell’altro, ma con le vostre… con le vostre armi potremo respingerli stando sulle mura della città. È là che dobbiamo farli andare.

Era la cosa migliore che potesse fare. Non si sapeva più nulla della parte settentrionale dell’esercito lealista. Certamente era in ritirata verso la città e stava subendo pesanti perdite. Le interferenze rendevano difficoltose le comunicazioni via radio per entrambe le parti. Bisognava fare qualcosa: tornare verso Sud o aprirsi un varco lottando fino alla capitale. Quest’ultima gli sembrava la soluzione migliore ed era convinto di esserci arrivato senza essere influenzato dal pensiero di Laura.

— Io non sono un adepto — disse il Filosofo — quindi non sono in grado di parlargli nella mente.

— Intende dire che non è in grado di usare la loro radio personale — ribatté brutalmente Danielis. — Ma ha con sé un adepto. Gli dica di passare parola.

Woodworth fremette.

— Mi auguro… — disse — mi auguro che capisca che è stata una sorpresa anche per me.

— Ma certo, Filosofo — si intromise Lescarbault senza essere interpellato.

Woodworth inghiottì la saliva.

— Io resto fedele alla Via e all’Ordine — disse con asprezza. — È l’unica cosa che mi rimane da fare. Giusto? Il Grande Ricercatore ci ha garantito una spiegazione esauriente alla fine. — Scosse il capo. — E va bene, figliolo, farò quello che posso.

Quando vide la tunica azzurra sparire nella nebbia, Danielis si sentì sfiorare dalla pietà. Si mise a dare ordini in tono ancora più severo.

Adagio, le truppe ripresero il cammino. A parte la Seconda Brigata, che era con lui, le altre erano sparse in tutta la penisola, ridotte a brandelli. Si augurava che gli adepti, altrettanto sparpagliati, riuscissero a raggiungerlo durante la traversata della catena di San Bruno e avessero con sé alcune unità dell’esercito. Ma era logico aspettarsi che molte, demoralizzate e sperdute, si sarebbero arrese ai nemici incontrati per caso.

Procedette a cavallo verso il fronte, percorrendo una strada fangosa che si insinuava tra gli altipiani. Il cavallo avanzava a stento, sfiancato da giorni — quanti? — di marcia, battaglie, scaramucce, poco cibo, caldo, freddo, paura… Appena arrivati in città avrebbe ordinato di fargli un buon trattamento… insieme a tutte quelle povere bestie che lo seguivano con gli occhi velati dalla stanchezza.

Potremo riposare a San Francisco. La città sarà sicura, con le mura intorno, i cannoni e le macchine degli Espisti a difenderci da un lato e il mare dall’altro. Possiamo rimetterci in forze, riunire gli uomini, far arrivare truppe fresche dallo Stato di Washington e dal Sud via mare. Non è ancora detta l’ultima parola… che Dio ci aiuti.

Chissà se tutto questo avrà una fine.

E poi Jimbo Mackenzie ci verrà a trovare e seduti vicino al camino ci racconteremo quello che abbiamo fatto? O parleremo d’altro… qualsiasi altra cosa? Diversamente sarebbe un prezzo troppo alto da pagare per avere vinto.

Anche se forse non sarebbe un prezzo troppo alto per quello che abbiamo imparato. Degli stranieri sul nostro pianeta… chi altri sarebbe stato in grado di costruire simili armi? Gli adepti dovranno dirci la verità, a costo di farli torturare.

Rammentava le storie che narravano i pescatori nelle baracche quando era un bambino e con il buio arrivavano gli spettri. Prima della catastrofe c’erano innumerevoli leggende sulle stelle, e non erano scomparse. Egli stesso si domandava se sarebbe mai riuscito a guardare il cielo di notte senza avvertire un brivido.

Quella maledetta nebbia…

Un rumore di zoccoli. Danielis afferrò la pistola. Si trattava di uno dei suoi esploratori, che alzò una manica inzuppata d’acqua per salutarlo.

— Colonnello, c’è un contingente nemico molto grosso sulla strada, a circa quindici chilometri da qui.

È arrivato il momento di combattere.

— Ci hanno visto?

— No, signore. Sono diretti a Est, lungo la catena.

— È probabile che intendano occupare le rovine di Candlestick Park — mormorò Danielis. Si sentiva troppo sfinito per provare la benché minima emozione. — Una buona postazione, quella. Bene, caporale. — Si voltò a Lescarbault e impartì degli ordini.

La compagnia si predispose per il combattimento e le pattuglie si avviarono. Quando giunsero le prime informazioni Danielis abbozzò un piano che avrebbe potuto andare bene. Non voleva uno scontro diretto, intendeva solo obbligare gli avversari a farsi da parte e dissuaderli dall’inseguirli. Doveva risparmiare i suoi uomini il più possibile, riservarli per la difesa della città e la controffensiva finale.

Lescarbault tornò indietro.

— Signore! Le interferenze della radio sono finite!

— Cosa? — Danielis si riscosse.

— Sì, signore. Stavo usando un minicom… — Lescarbault sollevò il polso al quale era legata una piccola ricetrasmittente. — Questo minicom per riferire i suoi ordini ai comandanti dei vari battaglioni. Le interferenze sono terminate qualche minuto fa e adesso si sente bene.

Danielis si avvicinò il polso di Lescarbauit alle labbra.

— Pronto, pronto. Carro radio, parla il comandante. Mi sentite?

— Sì, signore — rispose una voce.

— Sono finite le interferenze dalla capitale. Datemi la banda aperta dell’esercito.

— Sì, signore. — Ci fu una pausa. Gli uomini bisbigliavano tra di loro e l’acqua scorreva invisibile nei ruscelli. Un lembo di nebbia passò davanti a Danielis come fumo. L’elmetto gli sgocciolava sul collo e la criniera del cavallo pendeva inzuppata.

Come lo stridere di un insetto.

— …immediatamente qua! Tutte le unità in campo si dirigano subito a San Francisco! Siamo stati attaccati dal mare!

Danielis lasciò andare il polso di Lescarbauit e si mise a fissare il vuoto mentre la voce continuava a gridare senza finire mai.

— …stanno bombardando Potrero Point. Ci sono navi cariche di truppe, forse intendono sbarcare…

La mente di Danielis vagò precedendo le parole. Era come se l’ESP non fosse stato un inganno, come se stesse vedendo di persona quella città tanto amata e sentisse le ferite sulla propria pelle. Non doveva esserci la nebbia sul Golden Gate, altrimenti non sarebbe stato possibile dare una descrizione tanto ricca di particolari. Magari alcuni tentacoli di nebbia giungevano sotto i resti arrugginiti del ponte, candidi come neve contro l’acqua verdeazzurra e il cielo splendente. La maggior parte della Baia doveva essere illuminata dal sole. Sul lato opposto sorgevano le colline dell’Eastbay, verdeggianti di giardini e costellate di ville. Oltre lo stretto, Marin si ergeva contro il cielo guardando i tetti e i muri che formavano San Francisco. Il convoglio era riuscito a passare attraverso quelle difese costiere che in condizioni normali l’avrebbero annientato. E per giunta era un convoglio molto ingombrante e fuori orario: ma era simile alle chiglie panciute con le vele bianche e i fumaioli che da tanto tempo portavano i rifornimenti alla città. Si era parlato di un piccolo scontro con i vascelli dei nemici, poi alla flotta era stato concesso di entrare nella baia, dove San Francisco non aveva mura di protezione. Solo allora i cannoni erano stati scoperti e dalle stive erano usciti uomini armati.