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— Hai visto Wage, Ratz?

— Non stasera. — Ratz sollevò ostentatamente un sopracciglio in direzione di Molly.

— Se lo vedi, digli che ho i suoi soldi.

— La fortuna cambia, mio artista?

— Troppo presto per dirlo.

— Be’, devo vedere assolutamente questo tale — disse Case, osservando il proprio riflesso negli occhiali di lei. — Ci sono affari che devo chiudere.

— Ad Armitage non piacerà che io ti perda di vista. — Era ferma sotto l’orologio molle di Deane, con le mani sui fianchi.

— Il tizio non aprirà bocca se ci sei anche tu. Di Deane non m’importa. Lui sa cavarsela da solo. Ma ho gente che finirà nella merda se me ne vado da Chiba di punto in bianco. È la mia gente, sai.

La bocca di Molly s’indurì. Scosse la testa.

— Ho ragazzi a Singapore, a Tokyo, ho contatti a Shinjuku e Asakuza, e finiranno tutti dentro, capito? — mentì lui, con la mano sulla spalla della giacca a vento nera. — Cinque minuti. Cinque. D’orologio, d’accordo?

— Non è per questo che mi pagano.

— Quello per cui ti pagano è una cosa. Io che lascio morire alcuni cari amici perché tu hai preso troppo alla lettera le tue istruzioni è un’altra.

— Cari amici un cazzo. Tu vai là dentro dal tuo contrabbandiere a controllare chi siamo. — Molly posò un piede calzato nello stivale sul tavolino Kandinskij coperto di polvere.

— Ehi, Case bello, pare che la tua compagna sia armata fino ai denti, oltre ad avere una bella dose di silicio in testa. Di cosa si tratta, esattamente? — Lo spettrale colpo di tosse di Deane parve restare sospeso nell’aria fra i due.

— Aspetta, Julie. Comunque entro da solo.

— Poco ma sicuro, figliolo. Non ti accetterei in nessun’altra foggia.

— D’accordo — disse Molly. — Vai. Ma… cinque minuti. Un secondo di più, ed entrerò e farò secco il tuo caro amico. E visto che ci sei, cerca di capire una cosetta.

— Cosa?

— Per esempio… perché ti faccio questo favore. — La donna si girò e uscì, passando davanti ai mucchi di cassette bianche che sapevano di zenzero conservato.

— Frequenti compagnie più strane del solito, Case? — chiese Julie.

— Julie… se n’è andata. Vuoi farmi entrare, per favore?

Le serrature scattarono. — Adagio, Case — disse la voce.

— Attiva tutto quello che hai, Julie, tutta la roba sulla scrivania — disse Case, prendendo posto sulla poltroncina girevole.

— È sempre in funzione — replicò Deane, con voce pacata, sollevando la pistola da dietro gli ingranaggi scoperti della vecchia macchina da scrivere meccanica e prendendo di mira Case con molta cura. Era una rivoltella canna corta, una magnum con la canna talmente segata da essere ridotta a un moncone. La parte anteriore della guardia del grilletto era stata limata parecchio e l’impugnatura era avvolta in quello che pareva vecchio nastro isolante. Case pensò che faceva un ben strano effetto nelle mani rosee e curatissime di Deane. — Semplice precauzione, capisci. Non c’è niente di personale. E adesso dimmi cosa vuoi.

— Ho bisogno di una lezione di storia, Julie. Un resoconto su un tale.

— Cosa bolle in pentola, figliolo? — La camicia di Deane era di cotone a righe tipo zucchero candito, il colletto bianco e rigido come porcellana.

— Io, Julie. Me ne vado. Smammo. Ma fammi un favore, d’accordo?

— Un resoconto su chi, figliolo?

— Un gaijin chiamato Armitage, appartamento all’Hilton.

Deane posò la pistola. — Rimani seduto, fermo… fermo così, Case. — Digitò qualcosa su un terminale portatile. — Pare che tu ne sappia tanto quanto la mia rete, Case. Sembra che questo signore abbia un accordo temporaneo con la Yakuza, e i figli del crisantemo al neon sanno come schermare i loro alleati da gente come me. E non intendo provarci in nessun’altra maniera. Adesso, la storia. Hai detto storia. — Raccolse la pistola, ma non la puntò direttamente su Case. — Che genere di storia?

— La guerra. Sei stato in guerra, Julie?

— La guerra. Cosa c’è da sapere? È durata tre settimane.

— Pugno Urlante.

— Famoso. Non v’insegnano più la storia, oggigiorno? Quella è stata la più grande patata bollente nella politica del dopoguerra. Un Watergate fino all’inferno e ritorno. I vostri capi militari, Case, i vostri pezzi grossi dello Sprawl, e dov’era MacLean? Nei bunker, e tutto il resto… un grosso scandalo. Hanno sprecato una bella quantità di giovane carne patriottica per saggiare qualche nuova tecnologia. Più tardi risultò che sapevano delle difese russe. Sapevano degli EMP, le armi a impulso magnetico. Hanno mandato quella gente a farsi scannare soltanto per vedere cosa sarebbe successo. — Deane scrollò le spalle. — Per Ivan è stato come sparare al tirassegno.

— Nessuno di quei poveracci ne è uscito vivo?

— Cristo. È passato un accidente di anni… anche se penso che qualcuno l’abbia sfangata. Una delle squadre. Si è impadronita di una gunship sovietica… un tipo di elicottero, sai… Sono riusciti ad arrivare fino in Finlandia. Non avevano i codici d’ingresso, naturalmente, e così hanno scatenato l’inferno con le forze di difesa finlandesi. Elementi dei reparti speciali. — Deane tirò su col naso. — Un macello infernale.

Case annuì. L’odore dello zenzero conservato era quasi insopportabile.

— Ho passato la guerra a Lisbona, sai — proseguì Deane, mettendo giù la pistola. — Adorabile posticino, Lisbona.

— Servizio militare, Julie?

— No davvero. Anche se sono stato in azione. — Deane esibì il suo sorriso rosa.

— È meraviglioso ciò che può fare la guerra agli affari di qualcuno.

— Grazie, Julie. Sono in debito con te.

— Per niente, Case. E addio.

E più tardi si sarebbe detto che la serata da Sammi gli era parsa sbagliata fin dall’inizio, che già mentre seguiva Molly lungo quel corridoio, strascicando i piedi in mezzo allo strato calpestato di matrici di biglietti e bicchieri di plastica, l’aveva sentito. La morte di Linda, in attesa…

Dopo essere passati da Deane, erano andati al Namban, e lui aveva pagato il suo debito a Wage con un rotolo dei nuovi yen di Armitage. A Wage la cosa era piaciuta, ai suoi ragazzi un po’ meno, e Molly aveva sogghignato al fianco di Case con una specie di estatica intensità ferale, ovviamente desiderosa che uno di loro tentasse una mossa. Alla fine lui l’aveva riportata al Chat per un bicchierino.

— Sprechi il tuo tempo, cowboy — lo avvertì Molly quando Case estrasse un ottagono dalla tasca della giacca.

— Come mai? Ne vuoi uno? — Le offrì la pillola.

— Il tuo nuovo pancreas, e quegli innesti nel fegato, Case. Armitage li ha fatti progettare in modo da tenerti alla larga da quella… — Batté un’unghia color borgogna sull’ottagono. — Sei biochimicamente incapace di decollare con ero e amfe o con la cocaina.

— Merda — esclamò lui. Fissò l’ottagono per qualche istante, poi Molly.

— Inghiottila pure. Mandane giù una dozzina. Non accadrà nulla.

Lo fece. Non accadde nulla.

Tre birre dopo, Case domandò a Ratz dove si svolgevano gli incontri.

— Da Sammi — disse Ratz.

— Farò un salto — disse Case. — Mi dicono che laggiù si ammazzano di brutto.

Un’ora più tardi Molly comperava i biglietti da un tai pelle e ossa con una maglietta bianca e un paio di calzoncini da rugby tutti sformati.

Sammi era un pallone gonfiabile dietro un deposito del porto. Il tessuto grigio, teso, della cupola era rinforzato da una rete di sottili cavi d’acciaio. Il corridoio con una porta a ciascuna estremità era una rudimentale camera stagna per conservare la differenza di pressione che sorreggeva la cupola. Anelli al neon erano avvitati a intervalli al soffitto di compensato, ma in gran parte erano rotti. L’aria era umida e viziata dal tanfo del cemento e del sudore.