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Lui annuì. — Il cuore, se ho sentito bene.

— Lavorerai con il suo costrutto. — Un sorriso. — Ti ha insegnato i trucchi del mestiere, no? Lui e Quine. Conosco Quine, a proposito. Un vero stronzo.

— Qualcuno ha una registrazione di McCoy Pauley? Chi? — Adesso Case s’era seduto e teneva appoggiati i gomiti sul tavolo. — Non riesco a crederci. Non sarebbe mai rimasto fermo abbastanza da farsela fare.

— La Senso/Rete gli ha pagato un mega, ci puoi scommettere.

— È morto anche Quine?

— Non siamo così fortunati. È in Europa. Non c’entra con questa faccenda.

— Be’, se possiamo avere quella di Flatline siamo a posto. Era il migliore. Sai che è morto a livello cerebrale tre volte?

Lei annuì.

— “Flatline”, appunto, morte cerebrale sull’elettroencefalo. Mi ha mostrato i nastri. “Ragazzi, se ero moorto…

— Senti, Case, sto cercando di scoprire chi c’è dietro Armitage fin dall’inizio. Ma ho la sensazione che non si tratti di zaibatsu, di un governo o di qualche succursale della Yakuza. Armitage riceve ordini. Qualcosa come andare a Chiba, prender su un poveraccio allo stremo con i circuiti bruciati e scambiare un programma con l’operazione che lo sistemerà. Avremmo potuto comprare i venti migliori cowboy del mondo con quello che il mercato era pronto a pagare per quel programma chirurgico. Tu eri in gamba, ma non tanto in gamba… — Si grattò il naso.

— È ovvio che ha un senso per qualcuno — replicò lui. — Qualcuno di grosso.

— Non vorrei sembrare offensiva. — Molly sogghignò. — Dovremo fare un’incursione molto tosta, Case, e solo per ottenere il costrutto di Flatline. La Senso/Rete l’ha messo sotto chiave in un caveau di biblioteca in centro. È più impenetrabile del culo di un’anguilla, Case. Ora la Senso/Rete ha messo sotto chiave là dentro anche il nuovo materiale della stagione autunnale. Ruba quello e saremo dei ricchi di merda. Ma no, dobbiamo fregare il Flatline e nient’altro. Molto strano.

— Sì, è tutto strano. Tu sei strana, questo buco è strano, e chi è quel tipo strano là fuori in corridoio?

— Finn è un mio vecchio contatto. Ricettatore, più che altro. Software. Per lui questa attività nel settore privacy è secondaria. Ma ho ottenuto da Armitage che sia lui il nostro tecnico, così quando si farà vivo più avanti tu non l’hai mai visto, capito?

— E a te Armitage cos’ha messo a sciogliersi nelle vene?

— Io sono facile da convincere. — Molly sorrise. — Uno vale per quello che sa fare, giusto? Tu devi soltanto infilarti lo spinotto, io devo lottare.

Lui la fissò. — Allora dimmi cosa sai di Armitage.

— Tanto per cominciare, nessuno che si chiami Armitage ha mai preso parte a nessun Pugno Urlante. Ho controllato. Ma questo non significa molto. Non assomiglia a nessuna delle fotografie dei tizi che ne sono usciti vivi. — Scrollata di spalle. — Non è un gran che, ma è tutto quello che sono riuscita a scoprire. — Molly tamburellò con le unghie sullo schienale della sedia. — Ma tu sei un cowboy, no? Voglio dire, forse tu potresti dare un’occhiatina in giro. — Sorrise.

— Armitage mi ucciderebbe.

— Forse. O forse no. Credo che abbia bisogno di te, Case, e parecchio. E poi sei un tipo intelligente, no? Tu puoi fregarlo, di sicuro.

— Che altro c’è su quella lista di cui mi hai parlato?

— Giocattoli. La maggior parte per te. E uno psicopatico patentato di nome Peter Riviera. Un gran brutto cliente.

— Dov’è?

— Non lo so. Ma è un nauseabondo al cubo, non conto storie. Ho visto il suo profilo. — Molly fece una smorfia. — Orrendo. — Si alzò in piedi e si stiracchiò come un gatto. — Così, abbiamo stretto un patto d’acciaio, eh, ragazzo? Siamo insieme in questa faccenda? Soci?

Case la guardò. — Ho forse altra scelta?

Lei scoppiò a ridere. — Bravo, cowboy.

“La matrice ha le sue radici nei primi videogiochi, nei primi programmi di grafica e negli esperimenti militari con gli spinotti cranici” recitò la voce fuori campo. Sul Sony una guerra spaziale bidimensionale si dissolse dietro una foresta di felci generate matematicamente che mostravano le virtualità spaziali delle spirali logaritmiche. Passarono rapidi sullo schermo uno spezzone di pellicola militare azzurro ghiaccio, quindi animali da laboratorio collegati ad apparecchi per la sperimentazione, caschi che davano accesso ai circuiti di controllo delle armi da fuoco nei carri armati e negli aerei. “Cyberspazio: un’allucinazione vissuta consensualmente ogni giorno da miliardi di operatori legali, in ogni nazione, da bambini a cui vengono insegnati i concetti della matematica… Una rappresentazione grafica di dati ricavati dalle memorie di ogni computer del sistema umano. Impensabile complessità. Linee di luce disposte nel nonspazio della mente, ammassi e costellazioni di dati. Come le luci di una città, che si allontanano…”

— Cos’è quello? — chiese Molly, mentre lui usava il telecomando.

— Uno spettacolo per bambini. — Una discontinua cascata d’immagini mentre il selettore faceva il giro. — Spegniti — ordinò Case all’Hosaka.

— Vuoi provarci adesso, Case?

Mercoledì. Otto giorni da quando si era svegliato al Cheap Hotel con Molly al fianco. — Vuoi che esca, Case? Forse è più facile per te, se sei solo… — Lui scosse il capo.

— No, rimani. Non ha importanza. — Si applicò sulla fronte la fascia nera antisudore di tessuto di spugna, facendo attenzione a non disturbare i piatti elettrodi dermici Sendai. Fissò il deck sulle ginocchia, senza realmente vederlo… vedendo invece la vetrina del negozio di Ninsei, la shuriken cromata che ardeva dei riflessi del neon. Sollevò lo sguardo: sulla parete, subito sopra il Sony, aveva appeso il regalo di Molly con una puntina da disegno gialla attraverso il foro nel mezzo.

Chiuse gli occhi.

Trovò la superficie rugosa dell’interruttore.

E nel buio illuminato dal sangue dietro le palpebre fosfeni argentei che arrivavano ribollendo dall’orlo dello spazio, immagini ipnagogiche che passavano sussultanti come una pellicola montata con inquadrature scelte a casaccio. Simboli, figure, facce, un mandala confuso e frammentato di informazioni visive.

Per favore, pregò, adesso…

Un disco grigio, del colore del cielo di Chiba.

Adesso…

Il disco cominciò a ruotare, sempre più veloce, diventando una sfera di un grigio più pallido. In espansione…

E cominciò a scorrere, a sbocciare per lui, un gioco fluido di luci, un origami al neon, il dispiegarsi della sua casa senza distanza alcuna, del suo paese, una scacchiera trasparente a tre dimensioni che si stendeva fino all’infinito. L’occhio interiore che si apriva sulla piramide scarlatta a gradoni della Eastern Seaboard Fission Authority che ardeva oltre i cubi verdi della Mitsubishi Bank of America, e in alto e molto lontano vide le braccia a spirale dei sistemi militari, per sempre oltre la sua portata.

E da qualche parte lui stava ridendo, in un loft dipinto di bianco, con le dita lontane che accarezzavano il deck, mentre lacrime liberatorie gli rigavano il viso.

Quando si tolse gli elettrodi, Molly se n’era andata e il loft era al buio. Controllò l’ora: era rimasto nel cyberspazio per cinque ore. Trasferì l’Ono-Sendai su uno dei nuovi tavoli da lavoro e crollò sul letto, tirandosi sopra la testa il sacco a pelo di seta nera di Molly.

Il dispositivo di sicurezza fissato con il nastro adesivo alla porta antincendio d’acciaio fece blip due volte. — Richiesta d’ingresso — annunciò l’apparecchio. — Il soggetto è autorizzato dal mio programma.

— Allora apri. — Case scostò la seta dal viso e si sollevò a sedere quando la porta si aprì, aspettandosi di vedere Molly o Armitage.