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Sì, avrebbe avuto più senso provare paura, ma la soddisfazione che sentivo era più forte di tutto il resto. La radura era ancora un luogo magico. Più oscura di quanto mi aspettassi, la magia era sopravvissuta. Ecco il legame di cui avevo bisogno. La prova, per quanto remota, che da qualche parte, nello stesso mondo in cui vivevo, lui esisteva.

Era incredibile quanto Laurent fosse rimasto uguale a se stesso. Tuttavia, era un istinto sciocco e umano aspettarsi qualche cambiamento dopo un anno soltanto. Eppure, c’era qualcosa... non riuscivo a capire cosa.

«Bella?», chiese e sembrava più meravigliato di me.

«Ti ricordi». Gli sorrisi. Era ridicolo che mi sentissi così contenta che un vampiro mi riconoscesse.

Fece un ghigno. «Non immaginavo di trovarti qui». Mi si avvicinò, con un’espressione vagamente incuriosita.

«Non dovrebbe essere il contrario? Io vivo qui. Pensavo fossi in Alaska».

Si fermò a una decina di metri da me, la testa leggermente inclinata. Non vedevo un viso così bello da un’eternità. Ero stranamente avida e compiaciuta di poter osservare i suoi lineamenti. Davanti a lui non ero costretta a fingere, sapeva già tutto ciò di cui non potevo parlare con nessuno.

«È vero», rispose. «Sono stato in Alaska. Tuttavia, non mi aspettavo... Quando ho trovato casa Cullen vuota, pensavo si fossero trasferiti».

«Ah». Restai senza parole e i margini dello squarcio ricominciarono a pulsare. Mi ci volle un secondo per ricompormi. Laurent attendeva, curioso.

«In effetti, si sono trasferiti», riuscii a dirgli, alla fine.

«Mmm. Mi sorprende che ti abbiano lasciata qui. Non eri una specie di loro mascotte?». Nei suoi occhi non c’era alcun intento offensivo.

Abbozzai un sorriso. «Qualcosa del genere».

«Mmm», ripeté, pensieroso.

In quell’istante, mi resi conto del perché lo trovassi uguale—troppo uguale—a un anno prima. Dopo che Carlisle ci aveva detto che Laurent era andato a vivere con la famiglia di Tanya, me lo ero immaginato, nelle rare occasioni in cui avevo pensato a lui, con gli stessi occhi ambrati che avevano i... Cullen mi costrinsi a pensare quel nome—con un fremito. Gli occhi ambrati dei vampiri buoni.

Feci un passo indietro, istintivamente, e i suoi occhi curiosi, rossi e scuri, seguirono il movimento.

«Vengono a trovarti spesso?», chiese, sempre disinvolto, ma avvicinandosi impercettibilmente.

«Menti», sussurrò la bella voce vellutata che spuntò dalla mia memoria.

Scattai al suono della sua voce, ma non avrebbe dovuto sorprendermi. Non mi trovavo forse nella più pericolosa delle situazioni? La moto era un gioco da bambini, al confronto.

Seguii il consiglio.

«Ogni tanto». Cercai di apparire tranquilla, rilassata. «A me sembra che passi sempre troppo tempo. Lo sai, gli basta poco per distrarsi...». Chiacchieravo a vuoto. Dovevo sforzarmi di chiudere il becco.

«Mmm», fece un’altra volta. «A giudicare dall’odore, la casa è rimasta vuota a lungo...».

«Racconta una bugia migliore, Bella», insistette la voce.

Ci provai. «Dirò a Carlisle che sei passato. Scommetto che gli dispiacerà non averti incontrato». Finsi di pensarci su per qualche secondo. «Forse non è il caso che lo venga a sapere anche... Edward». Riuscii a malapena a pronunciarne il nome, e fui tradita dalla smorfia che apparve sul mio viso. «Ha proprio un caratteraccio... be’, te ne ricorderai senz’altro. È ancora un po’ suscettibile se gli si parla di James e tutto il resto». Alzai gli occhi al cielo e feci un gesto con la mano, come per sminuire l’aneddoto, ma la mia voce aveva un che di isterico. Chissà se era in grado di coglierlo.

«Davvero?», chiese Laurent educato... e scettico.

Risposi con un monosillabo per non tradire il nervosismo. «Mmm».

Lui fece un passetto di lato e si guardò attorno. Mi accorsi che con quel passo si era anche avvicinato. La voce nella mia testa reagì con un ringhio cupo.

«E allora, come vanno le cose a Denali? Carlisle mi ha detto che vivi da Tanya». La mia voce era troppo stridula.

La domanda lo costrinse a pensare. «Tanya mi piace molto», rispose. «E ancor più Irina, sua sorella... non ho mai vissuto così a lungo nello stesso posto, prima, e ne apprezzo i vantaggi e l’unicità. Ma le restrizioni sono difficili da sopportare... È sorprendente che quelli come loro siano riusciti a resistere così tanto». Mi rivolse un sorriso malizioso. «Ogni tanto ho bisogno di imbrogliare».

Non riuscivo a deglutire. Cercai di arretrare ma il suo sguardo mi trafisse e m’inchiodò dov’ero.

«Ah», risposi con un filo di voce. «Anche Jasper ha un problema del genere».

«Non muoverti», sussurrò la voce. Cercai di seguire il consiglio. Era difficile, controllavo a malapena l’istinto di fuga.

«Davvero?». Laurent sembrava incuriosito. «Per questo se ne sono andati?».

«No», risposi, sincera. «Jasper fa molta attenzione, quando è a casa».

«Certo», rispose Laurent. «Come me».

Fece un altro passo avanti, deciso.

«Victoria ti ha mai ritrovato?», chiesi d’un fiato, nel tentativo disperato di distrarlo. Non mi erano spuntate altre domande in testa e me ne pentii all’istante. Victoria, che aveva partecipato alla caccia assieme a James per poi sparire, non era tra le persone di cui desideravo ricordarmi in quel momento.

Ma la domanda riuscì a fermarlo. «Sì», disse arrestandosi dopo mezzo passo. «Se vuoi saperlo, sono venuto qui per farle un favore...». Fece una smorfia. «Non sarà tanto contenta».

«Di cosa?», chiesi impaziente, invitandolo a continuare. Il suo sguardo si perdeva lontano, tra gli alberi. Sfruttai la sua distrazione e indietreggiai di un altro passo.

Tornò a fissarmi e sorrise. Con quell’espressione, sembrava un angelo dai capelli neri.

«Che sia io a ucciderti», rispose ammiccante come un gatto.

Azzardai un altro passo indietro. Il ringhio infuriato nella mia testa quasi m’impediva di sentirlo.

«Voleva tenersi questa parte per sé», continuò come nulla fosse. «È un po’... arrabbiata con te, Bella».

«Con me?», squittii.

Scosse la testa e ridacchiò. «Lo so, anche a me sembra un po’ esagerato, dopo tutto questo tempo. Ma James era il suo compagno e il tuo Edward l’ha ucciso».

Persino in quel momento, in punto di morte, il suo nome sfregava contro le mie ferite come carta vetrata.

Laurent ignorò la mia reazione. «Pensa che sia molto più sensato uccidere te, anziché Edward: uno scambio equo, compagna per compagno. Mi ha chiesto di venire in avanscoperta, per così dire. Non credevo che sarebbe stato così facile trovarti. Ne deduco che il piano di Victoria non sia così brillante... anzi, temo proprio che non si sentirà vendicata, visto che, se Edward ti ha abbandonata qui senza proteggerti, non devi essere così importante per lui».

Un altro colpo, un’altra ferita al petto.

Laurent avanzò e tentai un altro passo indietro.

Aggrottò le sopracciglia. «Ma temo che Victoria si arrabbierà lo stesso».

«E allora perché non aspetti che arrivi lei?», farfugliai.

La sua espressione si arricchì di un ghigno malizioso. «Be’, ci incontriamo nel momento sbagliato, Bella. Non sono venuto qui soltanto per conto di Victoria: ero a caccia. Ho molta sete, e tu hai un profumo davvero... dissetante».

Laurent mi guardò soddisfatto, come se mi avesse fatto un complimento.

«Minaccialo», ordinò la splendida illusione, con voce distorta dall’odio.

«Verrà a sapere che sei stato tu», sussurrai, obbediente. «Non la passerai liscia».

«E perché no?». Il suo sorriso si allargò. Guardò verso il piccolo buco tra gli alberi. «Il primo acquazzone laverà via l’odore. E nessuno troverà il tuo corpo: risulterai semplicemente dispersa, come tanti, tanti altri esseri umani prima di te. Edward non avrà alcun indizio che lo porti a me, ammesso che gli interessi indagare. Niente di personale, Bella, davvero. Ho soltanto sete».