«Implora», implorò la mia immaginazione.
«Ti prego», sussurrai.
Laurent scosse la testa, con un’espressione gentile. «Vedila così, Bella: sei fortunata che ti abbia trovata io per primo».
«Davvero?», dissi boccheggiando e cercando di fare un altro passo indietro.
Laurent mi seguì, leggero e aggraziato.
«Sì», confermò. «Farò in fretta. Non sentirai niente, te lo prometto. Ah, ovviamente a Victoria racconterò una bugia, per metterle il cuore in pace. Se sapessi cos’aveva in programma per te, Bella...». Scosse di nuovo la testa, lentamente, quasi nauseato. «Giuro che mi saresti grata di tutto questo».
Lo fissai terrorizzata.
Annusò il vento leggero che mi soffiava tra i capelli nella sua direzione. «Dissetante», ribadì respirando a fondo.
M’irrigidii, in attesa dell’attacco, gli occhi sbarrati mentre tremavo e sentivo l’eco del ruggito infuriato di Edward risuonare chissà dove nella mia mente. Il suo nome scuoteva tutte le mura che avevo costruito per contenerlo. Edward, Edward, Edward. Stavo per morire. Poco importava che pensassi a lui o no, in quel momento. Edward, ti amo.
Attraverso la fessura degli occhi, vidi Laurent annusare l’aria, immobile, e poi voltare di scatto la testa verso sinistra. Avevo paura di seguire il suo sguardo, di distoglierlo da lui, anche se sapevo che, distratto o no, gli sarebbe bastato poco per sopraffarmi. Spaventata com’ero, non provai sollievo quando lentamente lo vidi allontanarsi da me.
«Non ci posso credere», disse, a voce bassa, quasi inudibile.
A quel punto non riuscii a non guardare. Ero troppo curiosa di scoprire quale fosse l’interruzione che mi aveva concesso qualche secondo in più di vita. Sulle prime, nel prato, non vidi niente e il mio sguardo tornò su Laurent. Arretrava, sempre più velocemente, lo sguardo puntato verso la foresta.
Poi la vidi anch’io: dagli alberi affiorò un’enorme sagoma nera, silenziosa come un’ombra, che puntava dritta verso il vampiro. Era gigantesca, alta come un cavallo, ma molto più larga e muscolosa. Sul muso aguzzo spiccava un ghigno di incisivi affilati come coltelli. Tra i denti risuonò un ringhio terrificante, che risuonò nella radura come una serie di tuoni.
Era l’orso. Ma non somigliava affatto a un orso. Eppure doveva essere quella, la creatura nera e gigantesca che aveva causato tanto panico. Da lontano, chiunque l’avrebbe scambiata per un orso. Cos’altro poteva essere così grosso e potente?
Avevo sperato di poterlo avvistare rimanendo a distanza. Invece eccolo lì, silenzioso, sull’erba, a non più di una decina di passi da dove mi trovavo.
«Non muoverti di un centimetro», sussurrò la voce di Edward.
Mentre osservavo sconvolta la creatura mostruosa, la mia mente cercò di darle un nome. La sua sagoma e le movenze ricordavano senz’altro quelle di un cane. Impietrita dal terrore, riuscivo a pensare a una sola possibilità. Eppure, non avevo mai immaginato che un lupo potesse essere così grosso.
Nella sua gola vibrò un altro ringhio che mi fece tremare.
Laurent arretrava verso il margine degli alberi, e io, spaventata a morte, caddi preda della confusione. Perché si ritirava? Certo, le dimensioni del lupo erano mostruose, ma in fondo era soltanto un animale. Che motivo aveva un vampiro di temere un animale? Laurent era davvero impaurito. Sgranava gli occhi, terrorizzato come me.
La risposta alle mie domande giunse poco dopo, quando altre due creature gigantesche spuntarono silenziose nella radura e affiancarono il lupomammut. Una era grigio scuro, l’altra marrone, entrambe più basse della prima. Il lupo grigio uscì dagli alberi a pochissimi metri da me, il suo sguardo fisso in quello di Laurent.
Prima ancora che potessi reagire, altri due lupi si unirono al branco disposto a V, come uno stormo di anatre in volo. Il che significava che il mostro dal pelo bronzeo uscito per ultimo dalla vegetazione mi era tanto vicino da poterlo toccare.
Senza volerlo, mi lasciai scappare un rantolo e balzai indietro. Il gesto più stupido che potessi fare. Restai di nuovo impietrita, in attesa che i lupi se la prendessero con me, nettamente la più debole tra le due prede. Per un secondo sperai che Laurent prendesse l’iniziativa e facesse a pezzi l’intero branco: per uno come lui doveva trattarsi di un’impresa facile. Tra le due opzioni possibili, essere mangiata dai lupi era senz’altro la peggiore.
Al suono del mio rantolo il lupo più vicino, quello bruno e rossastro, voltò leggermente la testa.
I suoi occhi erano scuri, quasi neri. Mi lanciò una brevissima occhiata, che sembrava troppo intelligente per appartenere a un animale selvatico.
In quell’istante ripensai a Jacob e, di nuovo, fui lieta che non mi avesse accompagnata in quello spiazzo fatato popolato da mostri cattivi. Se non altro, lui non sarebbe morto. Se non altro, non sarei stata io a causare la sua morte.
Un altro ruggito cupo del capobranco richiamò l’attenzione del lupo fulvo, che tornò a fissare Laurent.
Il vampiro guardava il branco senza nascondere la paura. Restai sconvolta quando, senza preavviso, girò i tacchi e sparì tra le piante.
Era scappato.
Un istante dopo, i lupi partirono all’inseguimento, balzando potenti in mezzo all’erba, con ruggiti e guaiti così forti da costringermi a coprirmi le orecchie. Il rumore svanì quasi subito, a velocità sorprendente, mentre il bosco si richiudeva dietro di loro.
Mi ritrovai di nuovo sola.
Le ginocchia cedettero e mi accasciai, finendo carponi, singhiozzante.
Dovevo andarmene subito. Quanto tempo avrebbero sprecato i lupi all’inseguimento di Laurent, prima di tornare a cercarmi? E se fosse stato lui ad assalirli? Sarebbe poi venuto a prendermi?
Sulle prime, però non riuscii a muovermi. Mi tremavano braccia e gambe, e non ero in grado di rialzarmi.
La mia mente non riusciva a cancellare la paura, l’orrore e la confusione. La scena a cui avevo appena assistito era incomprensibile.
Non era possibile che un vampiro si lasciasse spaventare da un branco di cani troppo cresciuti. Cosa potevano i loro denti contro la sua pelle di granito?
Non capivo perché non si fossero mantenuti a distanza. Pur incoraggiati dalle dimensioni straordinarie dei loro corpi, inseguirlo non aveva senso. Dubitavo che la sua carne marmorea e ghiacciata potesse odorare di cibo. Perché ignorare un essere debole e a sangue caldo come me per inseguire Laurent?
I conti non tornavano.
Una brezza leggera frustò l’erba del prato, scompigliandola come se qualcosa la stesse attraversando.
Balzai in piedi, cercando di fuggire dal vento innocuo che mi sfiorava. Presa dal panico, zoppicante, mi lanciai in mezzo agli alberi.
Le ore seguenti furono un’agonia. Per sfuggire alla foresta impiegai tre volte il tempo che mi era occorso per raggiungere la radura. Sulle prime non feci caso a dove stessi andando, concentrata soltanto su ciò da cui fuggivo. Quando fui tanto lucida da ricordarmi della bussola, ero nel cuore del bosco sconosciuto e minaccioso. Mi tremavano le mani con tanta violenza da dover posare la bussola sul terreno fangoso per leggerla. Di tanto in tanto mi fermavo per assicurarmi che il cammino puntasse a nord-ovest, ascoltando—quando non erano i miei passi frenetici a nasconderlo—il sussurro leggero delle entità invisibili che si muovevano tra le foglie.
Il canto di una ghiandaia mi fece spaventare e scontrare con un giovane tronco di quercia, che mi graffiò le mani e sporcò di linfa i miei capelli. Di fronte a uno scoiattolo spuntato da un ramo, urlai tanto forte da sentir male alle orecchie.
Finalmente scorsi una breccia tra le piante. Sbucai sulla strada deserta, più di un chilometro a sud rispetto a dove avevo parcheggiato. Esausta, seguii il sentiero fino a trovare il pick-up. Mi trascinai nell’abitacolo e scoppiai di nuovo a piangere. Chiusi la sicura delle portiere con forza, prima di estrarre la chiave dalla tasca. Il rombo del motore mi rassicurò e mi fece rinsavire. Riuscivo a controllare le lacrime, lanciata, per quanto possibile, a tutta velocità verso l’autostrada.