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«Il tuo bisnonno?».

«Era uno degli anziani della tribù, come mio padre. Vedi, i freddi sono nemici naturali dei lupi... Be’, non proprio dei lupi in sé, solo di quelli che si trasformano in uomini, come i nostri antenati. Quelli che chiamate licantropi».

«I licantropi hanno nemici?».

«Solo uno».

Mi sentii soffocare da un nodo alla gola. Cercai di deglutire, ma restava lì, incastrato. Tentai di sputarlo.

«Licantropo», esclamai.

Ecco la parola che mi faceva soffocare.

Il mondo intero traballò e iniziò a girare al contrario.

In che razza di posto abitavo? Possibile che esistesse un mondo in cui le antiche leggende prosperavano indisturbate alla periferia di insignificanti cittadine e generavano mostri fantastici? Era il segno che tutte le favole, persino quelle più incredibili, erano radicate in qualche verità? “Sano” e “normale” erano parole sensate, o era tutta questione di magia e racconti del terrore?

Mi strinsi tra le mani la testa che rischiava di esplodere.

Una vocetta stridula chiese quale fosse il problema. Non ero già riuscita, in passato, ad accettare l’esistenza dei vampiri senza diventare così isterica?

«Esatto», avrei voluto strillare alla vocetta. Come se nella vita una favola sola non fosse più che sufficiente.

Per giunta, non avevo mai dubitato, neanche per un istante, della superiorità e della diversità di Edward rispetto alla norma. Scoprire la sua natura non era stata una sorpresa... era ovvio che in lui ci fosse qualcosa.

Ma Jacob, che era soltanto Jacob e niente di più? Jacob il mio amico? Jacob, l’unico essere umano con cui fossi riuscita a instaurare un rapporto...

Nemmeno lui era un essere umano.

Mi sforzai di non ricominciare a urlare.

Cosa significava tutto questo?

Risposta ovvia. Significava che nella mia vita c’era qualcosa che non andava. Per quale altra ragione era affollata di personaggi da film dell’orrore? Per quale altro motivo finivo per affezionarmi a loro, tanto da lasciarmi ridurre il cuore a brandelli ogni volta che tornavano nel loro mondo fatato?

Tutto girava e fuggiva, nella mia testa, e il significato di tante cose mutava inesorabilmente.

Non c’era nessuna setta. Non c’era mai stata, non c’erano mai state bande. No, era molto peggio. Era un branco.

Un branco di cinque licantropi, di dimensioni assurde, dal pelo multicolore, gli stessi che avevo visto davanti a me nella radura di Edward...

Improvvisamente, decisi che non potevo più stare lì, chiusa in camera, senza far niente. Lanciai un’occhiata all’orologio. Era troppo presto, ma non m’importava. Dovevo tornare subito a La Push. Avevo bisogno di sentirmi dire da Jacob che non ero del tutto impazzita.

M’infilai i primi vestiti puliti che trovai, senza preoccuparmi dell’abbinamento, e scesi le scale due gradini alla volta. Mentre sfrecciavo in corridoio, diretta verso la porta, quasi mi scontrai con Charlie.

«Dove stai andando?», chiese, sorpreso. «Sai che ore sono?».

«Sì. Devo andare a trovare Jacob».

«Scusa, ma quel che è successo con Sam...».

«Non importa. Devo parlargli subito».

«È prestissimo». Aggrottò le sopracciglia quando si accorse che ero rimasta impassibile. «Non fai colazione?».

«Non ho fame». Charlie bloccava l’accesso all’uscita. Per qualche istante pensai di schivarlo e fuggire, ma sapevo che poi avrei dovuto rendergliene conto. «Torno presto, d’accordo?».

Lui si rabbuiò. «Dritta a casa di Jacob, d’accordo? Niente soste».

«Certo che no, dove vuoi che mi fermi?». Avevo così fretta che anche le parole andavano di corsa.

«Non so», rispose. «È soltanto che... be’, c’è stato un altro attacco: di nuovo i lupi. Non lontano dal rifugio, nella zona delle sorgenti calde... e stavolta abbiamo un testimone. La vittima è scomparsa a una decina di metri dalla strada. Sua moglie qualche minuto dopo ha avvistato un lupo grigio, enorme, e ha chiamato aiuto».

Sentii lo stomaco in gola, come in un doppio giro della morte sulle montagne russe. «È stato assalito da un lupo?».

«Non ci sono tracce: solo un po’ di sangue, come l’ultima volta». Gli leggevo in faccia lo spavento. «I ranger escono armati, assieme a una squadra armata di volontari. Ci sono un sacco di cacciatori impazienti di partecipare. C’è una ricompensa per chi uccide il lupo. Ciò significa che la foresta si riempirà di spari e ciò mi preoccupa». Scosse la testa. «Quando la gente si fa prendere la mano, capitano sempre degli incidenti...».

«Vogliono sparare ai lupi?». Il tono della mia voce si alzò di tre ottave.

«Che altro possiamo fare? E poi che c’è di male?», chiese Charlie, studiando la mia espressione. Mi sentivo debolissima, probabilmente ero più pallida del solito. «Non mi starai diventando un’animalista, vero?».

Restai senza parole. Se non ci fosse stato lui a guardarmi, avrei nascosto la testa tra le ginocchia. Avevo dimenticato gli escursionisti dispersi, le impronte di zampe insanguinate... Non avevo collegato i fatti alla mia prima deduzione.

«Senti, piccola, non farti prendere dalla paura. L’importante è che resti in città o in autostrada. Non fermarti lungo la strada, d’accordo?».

«D’accordo», ribadii, con un filo di voce. «Devo andare».

Lo guardai da vicino e solo in quel momento mi accorsi che portava la pistola alla cintura e gli scarponi da trekking.

«Non stai andando a caccia di lupi, vero, papà?».

«Devo dare una mano, Bells. Troppi escursionisti sono scomparsi».

La mia voce schizzò di nuovo alle stelle, quasi isterica. «No! No, non andare. È troppo pericoloso!».

«È il mio lavoro, figlia mia. Non essere pessimista. Andrà tutto bene». Si avvicinò alla porta e l’aprì. «Tu esci?».

Non risposi, il mio stomaco continuava a rotolare senza sosta. Cosa potevo dire a Charlie per fermarlo? Ero troppo scossa per trovare una soluzione.

«Bells?».

«Forse è troppo presto per andare a La Push», sussurrai.

«Sono d’accordo», rispose e uscì sotto la pioggia, chiudendosi la porta alle spalle.

Non appena si fu allontanato, mi accasciai a terra, rannicchiata con la testa tra le ginocchia.

Dovevo inseguirlo? Per dirgli cosa?

E Jacob? Era il mio migliore amico e dovevo avvertirlo. Se davvero era—mi sforzai e mi costrinsi a pensare a quella parola—un licantropo (sapevo che lo era, lo sentivo), rischiava che qualcuno gli sparasse! Dovevo dire a lui e ai suoi amici che rischiavano di essere uccisi. Dovevo scongiurarli di fermarsi. Dovevano! Charlie era nella foresta. Se ne sarebbero preoccupati? Chissà... Fino a quel momento erano scomparse soltanto persone che non conoscevo. Aveva senso, o era un caso?

Dovevo convincermi che Jacob, se non altro, avrebbe fatto attenzione.

A ogni modo, dovevo avvertirlo.

Oppure no?

Era il mio migliore amico, ma era anche un mostro? Un mostro vero? Cattivo? Era giusto avvertire lui e i suoi amici, anche se erano... degli assassini? Anche se si aggiravano ammazzando a sangue freddo innocenti escursionisti? Se davvero erano creature da film dell’orrore, non era sbagliato proteggerli?

Fu inevitabile paragonare Jacob e i suoi amici ai Cullen. Mi strinsi le braccia al petto e rabbrividii.

Ovviamente non sapevo nulla dei licantropi. Se mai ci avessi pensato mi sarei aspettata personaggi simili a quelli dei film: creature antropomorfe pelose o qualcosa del genere. Perciò non sapevo se cacciassero per fame, per sete o per semplice desiderio di uccidere. Era difficile decidere che fare senza avere un’idea chiara.

Però non era peggio di ciò che sopportavano i Cullen nella loro volontà di essere buoni. Ripensai a Esme—l’immagine del suo viso gentile e delizioso scatenò altre lacrime—e a quando, malgrado l’indole affettuosa e materna, era stata costretta a tapparsi il naso, piena di vergogna, e a fuggire da me che sanguinavo. Non poteva esserci sofferenza più grande. Ripensai a Carlisle, ai secoli di tormento trascorsi prima di diventare insensibile al sangue per salvare la vita ai suoi pazienti. Non poteva esistere impresa più difficile.