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«Non preoccuparti?». Ero incredula. «Jake, sono armati! Stanno piazzando le trappole, offrono taglie e...».

«Sappiamo badare a noi stessi», ruggì, inquieto. «Non troveranno nulla. Stanno soltanto complicando le cose e in questo modo rischiano di sparire presto anche loro».

«Jake!», sibilai.

«Che c’è? È un dato di fatto».

Ero talmente indignata da non avere più voce. «Come potete... comportarvi così? Sono persone che conoscete. C’è anche Charlie!». Al pensiero, sentii lo stomaco rivoltarsi.

Jacob si fermò per replicare: «Che altro possiamo fare?».

Il sole colorò le nuvole di rosa e argento. Riuscivo a leggere l’espressione sul suo volto: arrabbiata, frustrata, delusa.

«Potresti... be’, cercare di non essere un... licantropo?», suggerii bisbigliando.

Alzò le braccia al cielo. «Come se potessi scegliere!», urlò. «E cosa pensi che risolverei, visto che sei così preoccupata per le persone scomparse?».

«Non ti capisco».

Mi guardò in cagnesco, a occhi sbarrati, e con un ghigno mi disse: «Sai cos’è che mi fa letteralmente saltare i nervi?».

Trasalii di fronte alla sua espressione ostile. Sembrava in attesa di una risposta, perciò scossi la testa.

«Che sei davvero un’ipocrita, Bella: sei terrorizzata da me! Ti pare giusto?». Gli tremavano le mani per la rabbia.

«Ipocrita? Sarei un’ipocrita perché ho paura di un mostro?».

«Ugh!», ruggì, premendo i pugni tremanti contro le tempie e sbarrando gli occhi. «Ti prego, ascolta te stessa».

«Cosa?».

Fece due passi avanti e si chinò su di me, lo sguardo incendiato dalla furia. «Vedi, mi dispiace proprio di non essere il mostro che va bene per te, Bella. Immagino di non essere al livello dei succhiasangue, vero?».

Balzai in piedi e gli restituii l’occhiataccia. «No, non lo sei!», gridai. «La colpa non è di ciò che sei, stupido, ma di ciò che fai.

«Cosa vorresti dire?», ruggì, mentre tutta la sua sagoma tremava di rabbia.

Fui colta alla sprovvista dalla ricomparsa della voce di Edward che mi metteva in guardia: «Stai molto attenta, Bella», suggerì con il suo timbro vellutato. «Non tirare la corda. Prova a calmarlo».

Nemmeno la voce che sentivo in testa ragionava, quel giorno. Però la ascoltai: per quella voce avrei fatto qualsiasi cosa.

«Jacob», lo implorai, tranquilla e pacata. «È davvero indispensabile uccidere? Non c’è un’altra maniera? Voglio dire, se alcuni vampiri riescono a sopravvivere senza ammazzare nessuno, non potreste provarci anche voi?».

Si raddrizzò di scatto, come se le mie parole fossero state una scossa elettrica. Puntò lo sguardo stralunato dritto verso di me.

«Uccidere?», chiese.

«Di cosa credi che stessimo parlando?».

Non tremava più. Mi guardò incredulo e vagamente speranzoso. «Pensavo stessimo parlando del disgusto che provi per i licantropi».

«No, Jake, no. Non è perché sei un... lupo. Non è un problema, te lo giuro», dissi, e sapevo di essere sincera. Davvero non m’importava che si trasformasse in un lupo gigante: restava comunque Jacob. «Se solo trovaste il modo di non fare del male a nessuno... è questo che mi sconvolge. Sono persone innocenti, Jake, come Charlie, e non posso far finta di niente mentre voi...».

«Tutto qui? Davvero?», m’interruppe e sul volto comparve un sorriso. «Hai soltanto paura che io ammazzi qualcuno? Non ci sono altre ragioni?».

«Non ti pare abbastanza?».

Scoppiò a ridere.

«Jacob Black, non ci trovo nulla di divertente».

«Già, già», disse senza smettere di sghignazzare.

Fece un lungo passo in avanti e mi stritolò in un altro abbraccio da orso. «Davvero, sinceramente, non t’importa che io mi trasformi in un cane gigante?», chiese, allegro.

«No», stavo soffocando. «Mi—manca—l’aria—Jake!».

Mi lasciò andare e mi prese per mano. «Non sono un assassino, Bella».

Studiai la sua espressione e capii che era la verità. Sentii un profondo sollievo.

«Davvero?», chiesi.

«Davvero, te lo giuro solennemente».

Gli gettai le braccia al collo. Ripensai al giorno del primo giro in moto... lui però era diventato più grosso e io mi sentivo ancora più bambina.

Come quell’altra volta, mi accarezzò i capelli.

«Scusa se ti ho dato dell’ipocrita».

«Scusa se ti ho dato dell’assassino».

Rise.

Poi mi venne in mente qualcos’altro e mi allontanai da lui per poterlo vedere bene in viso. Aggrottai le sopracciglia, ansiosa. «E Sam? Gli altri?».

Scosse la testa sorridendo, come se si fosse appena liberato di un fardello enorme. «Certo che no. Non ricordi come ci chiamiamo, tra di noi?».

Non l’avevo scordato, anzi, mi era appena tornato in mente. «Protettori?».

«Esatto».

«Però, non capisco. Cosa succede nei boschi? Cosa sai degli escursionisti scomparsi, del sangue?».

All’istante la sua espressione si fece seria, preoccupata. «Cerchiamo di fare il nostro dovere, Bella. Tentiamo di proteggerli, ma arriviamo sempre un secondo troppo tardi».

«Proteggerli da cosa? C’è davvero un orso assassino?».

«Bella, piccola mia, noi proteggiamo gli uomini da una cosa sola: il nostro unico nemico. Che è la sola ragione della nostra esistenza».

Lo fissai senza batter ciglio per qualche istante, prima di capire. Poi impallidii e dalle mie labbra sgusciò uno strillo sottile, inarticolato, di puro terrore.

Mi scrutò perplesso. «Pensavo che, più di chiunque altro, tu avessi capito cosa stava succedendo».

«Laurent», sussurrai. «È ancora da queste parti».

«Chi è Laurent?», mi chiese allarmato.

Cercai di riordinare il caos che avevo in testa. «Lo sai, lo avete visto nella radura. C’eri anche tu... avete impedito che mi uccidesse...».

«Ah, la sanguisuga con i capelli neri?». Sfoderò un sorriso fiero e aperto. «Si chiamava così?».

Sentii un brivido. «Cosa pensavi?», sussurrai. «Poteva uccidervi! Jake, tu non sai quanto pericoloso...».

Fui interrotta da un’altra risata. «Bella, un vampiro solitario non è un gran problema per un branco numeroso come il nostro. È stato talmente facile che non ci siamo nemmeno divertiti!».

«Cosa è stato facile?».

«Uccidere il succhiasangue che stava per uccidere te. Spero che non lo consideri una vittima», aggiunse svelto. «I vampiri non sono persone».

Riuscivo a malapena a parlare. «Hai... ucciso... Laurent?».

Annuì. «Lavoro di gruppo», precisò.

«Laurent è morto?», sussurrai.

La sua espressione cambiò. «Non ti dispiace, vero? Stava per ucciderti... era pronto ad assalirti. Bella, ce ne siamo accertati prima di attaccarlo. Lo sai, vero?».

«Lo so. No, non mi dispiace... sono...». Dovevo sedermi. Azzardai un passo indietro fino a sentire il contatto con il tronco, su cui mi lasciai cadere. «Laurent è morto. Non verrà mai più a cercarmi».

«Non sei infuriata, eh? Non era amico tuo o qualcosa del genere, vero?».

«Amico mio?». Alzai lo sguardo, confusa e sconvolta dalla buona notizia. Iniziai a balbettare, con gli occhi lucidi. «No, Jake, mi sento davvero... davvero sollevata. Temevo che prima o poi mi avrebbe trovata... ho passato notti intere in sua attesa, sperando che, dopo aver preso me, non toccasse Charlie. Ho avuto così paura, Jacob... Ma come avete fatto? Era un vampiro! Come avete fatto a ucciderlo? Era forte, duro come il marmo...».

Si sedette accanto a me e con un braccio mi strinse a sé per consolarmi. «Siamo fatti apposta, Bells. Anche noi siamo forti. Se solo mi avessi detto che eri così impaurita. Non ce n’era bisogno».

«Ma tu non c’eri», mormorai, persa nei miei pensieri.

«Sì, è vero».

«Aspetta, Jake... pensavo lo sapessi, però. Ieri notte hai detto che era pericoloso per te trattenerti nella mia stanza: ho creduto che temessi l’arrivo di un vampiro. Cosa intendevi?».