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Rispose ridendo: «Quanto sei diffidente! Così ci insulti».

Scossi la testa. Avevo visto fin troppi vampiri in azione.

«Dove sei andato?», chiesi.

Corrugò le labbra, senza rispondere.

«Ma dai... È un segreto?».

Si fece scuro in viso. «Non proprio. È un po’ strano, però. Non voglio sconvolgerti troppo».

«Be’, un po’ ci sono abituata alle cose sconvolgenti, sai com’è». Abbozzai un sorriso.

Lui ridacchiò di cuore. «Lo immagino. D’accordo. Ecco, quando ci trasformiamo in lupi, riusciamo a... sentirci».

Aggrottai le sopracciglia, confusa.

«Non nel senso che sentiamo i rumori», proseguì, «ma i... pensieri, i nostri, a qualunque distanza ci troviamo l’uno dall’altro. È molto utile quando siamo a caccia, ma nelle altre situazioni è un bel fastidio. È imbarazzante non avere nessun segreto. Strano, eh?».

«Per questo ieri notte dicevi che avrebbero saputo del nostro incontro, anche se non glielo avessi detto?».

«Vedo che capisci al volo».

«Grazie».

«E molto a tuo agio con le stranezze. Temevo che l’avresti presa peggio».

«Non è... be’, non sei il primo che conosco capace di fare una cosa del genere. Perciò non mi sembra così strana».

«Davvero? Aspetta... stai parlando dei tuoi succhiasangue?».

«Per favore, non chiamarli in quel modo».

Rise. «Certo. I Cullen. Così va meglio?».

«Soltanto... soltanto Edward». Mi strinsi immediatamente con un braccio al petto.

Jacob sembrava sorpreso... spiacevolmente sorpreso. «Pensavo fossero soltanto dicerie. Ho sentito raccontare di vampiri dotati di... poteri supplementari, ma credevo si trattasse di leggende».

«C’è rimasto qualcosa che sia soltanto una leggenda?», chiesi torva.

Jacob aggrottò le sopracciglia. «Mi sa di no, direi. Bene, abbiamo appuntamento con Sam e gli altri nel posto in cui siamo andati in moto».

Avviai il pick-up e puntai verso la strada.

«Perciò, ti sei appena trasformato in lupo per parlare con Sam?», chiesi incuriosita.

Jacob annuì, quasi imbarazzato. «Ho cercato di farla breve, di non pensarti, per non fargli sapere che c’eri anche tu. Temevo che Sam mi avrebbe proibito di portarti con me».

«Non sarebbe bastato a fermarmi». Non riuscivo a liberarmi della sensazione che Sam fosse il cattivo. Serravo le mascelle ogni volta che lo sentivo nominare.

«Be’, sarebbe bastato a fermare me», disse Jacob, imbronciato. «Ricordi che ieri notte non riuscivo a finire le frasi? A terminare il mio racconto?».

«Sì. Sembrava che qualcosa ti strangolasse».

Soffocò una risata. «Già. Più o meno era così. Mi aveva proibito di dirtelo. Sam... è il capobranco, tutto qui. Il maschio dominante. Quando ci ordina di fare o non fare qualcosa, se lo dice sul serio, be’, non possiamo far finta di niente».

«Assurdo», mormorai.

«Molto. È roba da lupi, direi».

«Ah». Fu la miglior risposta che riuscissi a dargli.

«Eh, sì. Ci sono un sacco di “cose da lupi” come questa. Sto ancora imparando. Non riesco a immaginare come abbia potuto riuscirci Sam tutto da solo. È già uno schifo passarci con l’aiuto di un branco intero».

«Sam era solo?».

«Sì». Jacob abbassò la voce. «La mia... trasformazione è stata l’esperienza più orribile... più terrificante che abbia mai vissuto. Peggio di qualsiasi altra cosa si possa immaginare. Ma non ero solo: c’erano le voci, nella mia testa, a spiegarmi cosa stava succedendo e come avrei dovuto comportarmi. Per merito loro non sono impazzito. Sam, invece...», scosse la testa, «Sam non è stato aiutato da nessuno».

Questo cambiava le cose. Di fronte a quella spiegazione, non potevo non provare un po’ di compassione per Sam. Dovevo convincermi che odiarlo non aveva più senso.

«Si arrabbieranno, quando mi vedranno arrivare assieme a te?», chiesi.

Fece una smorfia. «Probabilmente».

«Forse non...».

«No, va bene così. Sai un mucchio di cose che potrebbero esserci utili. Non sei un essere umano ignorante come gli altri. Sei una specie di... spia, o qualcosa del genere. Eri un’infiltrata nelle linee nemiche».

Restai perplessa. Era questo che voleva Jacob? Informazioni riservate utili a distruggere l’avversario? Io non ero una spia. Non avevo raccolto informazioni. Le sue parole bastavano a farmi sentire una traditrice.

Però desideravo che fermasse Victoria, no?

No.

Certo, mi sarebbe piaciuto che qualcuno fermasse Victoria, preferibilmente prima che mi torturasse a morte, s’imbattesse in Charlie o uccidesse l’ennesimo sconosciuto. Però non volevo fosse proprio Jacob a fermarla, né che ci provasse. Fosse stato per me, l’avrei trattenuto a un centinaio di chilometri da lei.

«Per esempio, la storia del succhiasangue che legge nel. pensiero», continuò, ignorando il mio silenzio. «È il genere di informazione che ci serve sapere. È davvero una rottura che certe leggende siano vere. Una bella complicazione. Ehi, pensi che questa Victoria abbia qualche potere speciale?».

«Non credo». Ci pensai e, con un sospiro: «Me ne avrebbe parlato».

«Chi? Edward? Ops, dimenticavo... Non ti va che si faccia il suo nome».

Incrociai le braccia strette e cercai di ignorare le pulsazioni che mi scuotevano il petto.

«In effetti, no».

«Scusa».

«Come fai a conoscermi così bene, Jacob? A volte sembra che tu riesca a leggermi nel pensiero».

«Macché. Basta fare attenzione».

Avevamo raggiunto il sentiero sterrato su cui Jacob mi aveva insegnato ad andare in moto.

«Va bene qui?», chiesi.

«Sì, sì».

Accostai e spensi il motore.

«Sei ancora piuttosto infelice, vero?», mormorò.

Annuii, fissando il vuoto nell’oscurità della foresta.

«Hai mai pensato che... forse... sarebbe il caso di lasciar perdere?».

Inspirai lentamente e poi sbottai: «No».

«Perché non è che lui fosse...».

«Ti prego, Jacob», implorai con un sussurro. «Potremmo evitare di parlarne? Non ce la faccio».

«D’accordo». Riprese fiato. «Scusa se ne ho parlato».

«Non prendertela. In un’altra situazione, sarebbe bello poterne finalmente parlare con qualcuno».

Annuì. «Già, anche per me è stato difficile nasconderti il segreto per due settimane. Dev’essere un inferno non poterne parlare con nessuno».

«Sì, un inferno».

Esalò un respiro secco. «Sono arrivati. Andiamo».

«Sei sicuro?», chiesi mentre apriva la portiera. «Forse non è il caso che venga anch’io».

«Se ne faranno una ragione», disse e poi sorrise. «Chi ha paura del lupo cattivo?».

Risposi con una risata sonora. Ma scesi subito dal pick-up e affiancai svelta Jacob. Ricordavo fin troppo bene i mostri giganteschi incontrati nella radura. Le mani mi tremavano come quelle di Jacob poco prima, ma la mia era paura, non rabbia.

Mi prese la mano e la strinse forte. «Si parte».

14

Famiglia

Mi acquattai di fianco a Jacob, in attesa che dalla foresta spuntassero gli altri licantropi, ma quando tra gli alberi apparvero le loro sagome non vidi ciò che mi aspettavo. Nella mia mente si era impressa l’immagine dei lupi. Questi erano solo quattro ragazzoni mezzi nudi.

Di nuovo li scambiai per un quartetto di gemelli. Era straordinario vederli muoversi in perfetta sincronia, dall’altra parte della strada, con la muscolatura affusolata e la carnagione bronzea, gli stessi capelli corti e neri, e l’espressione che cambiava simultaneamente, sui loro visi.

All’inizio erano curiosi e circospetti. Nello scorgermi, mezza nascosta dietro Jacob, s’infuriarono tutti nello stesso istante.

Sam era ancora il più grosso, ma Jacob lo aveva quasi raggiunto. Sam non era esattamente un ragazzo. Il viso era quasi adulto, non perché avesse le rughe o i segni della vecchiaia, ma per la maturità e la pazienza che rivelava.

«Cos’è successo, Jacob?», chiese.