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Ma se lo fosse stato? Se durante il tempo che avevamo trascorso assieme si fosse comportato come qualsiasi altro vampiro? Se avesse iniziato a mietere vittime tra gli sconosciuti nei boschi? Sarebbe bastato a tenermi lontana da lui?

Scossi la testa, triste. L’amore è irrazionale, pensai. Più ami qualcuno, più perdi il senso delle cose.

Cambiai posizione e cercai di pensare ad altro: immaginai Jacob e i suoi fratelli che correvano nell’oscurità. Mi addormentai pensando ai lupi, invisibili nella notte, che mi proteggevano. In sogno, tornai nel cuore della foresta, ma avevo smesso di vagare. Stringevo la mano offesa di Emily, faccia a faccia con l’oscurità, nell’attesa trepidante che i nostri licantropi tornassero a casa.

15

Pressione

Con la primavera giunsero le vacanze scolastiche. Un lunedì mattina, appena sveglia, restai qualche secondo a letto a pensarci. Anche l’anno precedente, nello stesso periodo, ero stata braccata da un vampiro. Sperai che non diventasse una tradizione...

Mi stavo già abituando ai ritmi di vita di La Push. Avevo passato quasi tutta la domenica sulla spiaggia, mentre Charlie si tratteneva a casa di Billy. In teoria Jacob avrebbe dovuto farmi compagnia, ma aveva altre faccende da sbrigare, perciò bighellonai da sola, senza dire niente a Charlie.

Jacob tornò a cercarmi e si scusò per avermi mollato. Disse che i suoi orari non erano sempre così folli, ma del resto, finché non avessero fermato Victoria, per i lupi era allarme rosso.

Ormai, quando passeggiavamo sulla spiaggia, mi teneva sempre per mano.

Quel gesto rievocava le parole di Jared, quando si era lamentato del fatto che Jacob avesse coinvolto la propria «ragazza». Probabilmente, agli occhi di un estraneo le cose stavano proprio in quel modo. Ma finché la faccenda fosse stata chiara tra me e Jake, non era il caso di temere certe insinuazioni. Certo, a Jacob sarebbe piaciuto che le cose fossero davvero come apparivano, e lo sapevo bene. Ma la stretta della sua mano calda mi rincuorava, perciò non protestavo.

Il giorno dopo, martedì, lavoravo. Jacob mi scortò in moto fino al negozio dei Newton e Mike se ne accorse.

«Esci con il ragazzino di La Push? Quello del secondo anno?», chiese, celando a malapena il risentimento.

Mi strinsi nelle spalle. «Non nel vero senso della parola. Passo parecchio tempo con lui, questo è vero. È il mio migliore amico».

Mike strabuzzò gli occhi, scettico. «Non prenderti in giro, Bella. Quel tipo è pazzo di te».

«Lo so», sospirai. «La vita è complicata».

«E anche le ragazze crudeli», aggiunse Mike a mezza voce.

Anche quella era una conclusione come un’altra.

La sera, Sam ed Emily raggiunsero me e Charlie da Billy per il dolce. Emily portò una torta capace di ammorbidire uomini anche più duri di Charlie. Mentre la conversazione proseguiva spontanea, di argomento in argomento, era chiaro che le preoccupazioni di mio padre a proposito delle bande giovanili di La Push si scioglievano come neve al sole.

Io e Jake ce ne andammo presto, per restare un po’ da soli. Tornammo in garage, a sederci nella Golf. Jacob si lasciò sprofondare nel sedile: era il ritratto della stanchezza.

«Hai bisogno di riposo, Jake».

«Prima o poi me lo concederò».

Cercò la mia mano e la strinse. La sua pelle era bollente.

«Anche queste sono cose da lupi?», chiesi. «Il calore, intendo».

«Sì. Siamo un po’ più caldi delle persone normali. Tra i quarantadue e i quarantatré. Non sento più freddo, mai. Potrei restare così», e indicò il proprio petto nudo, «in mezzo a una tempesta di neve, senza fare una piega. I fiocchi mi si scioglierebbero addosso».

«E guarite in fretta: è un’altra cosa da lupi?».

«Sì, vuoi vedere? È fico». Spalancò gli occhi e sorrise. Si allungò a frugare nel portaoggetti. Ne estrasse un coltellino.

«No, non voglio vedere!», urlai non appena capii le sue intenzioni. «Rimettilo al suo posto!».

Jacob ridacchiò e ripose il coltello dove l’aveva preso. «Va bene. Però è davvero un’ottima cosa guarire in fretta. Sarebbe difficile presentarsi da un medico con una febbre che ammazzerebbe chiunque altro».

«Immagino di sì». Ci pensai sopra. «Pure essere così grossi fa parte di tutto questo? Per questo siete preoccupati per Quil?».

«Per questo e perché, a sentire suo nonno, Quil potrebbe cuocersi un uovo sulla fronte, tanto è calda». Jacob proseguì, sconsolato. «Non manca molto, ormai. Non c’è un’età esatta... È una cosa che cresce, pian piano, e all’improvviso...». S’interruppe, esitando per qualche istante prima di ricominciare. «A volte, capita che un’arrabbiatura o cose del genere inneschino la reazione prima del previsto. Ma io non ero affatto arrabbiato. Ero felice». Rise, con un filo di amarezza. «Soprattutto per merito tuo. Se no mi sarebbe successo prima. È cresciuto a poco a poco, scoppiato come una bomba a orologeria. Sai cos’è stato? Sono tornato a casa e Billy ha detto che avevo un’aria strana. Nient’altro, ma è bastato a farmi saltare i nervi. E a quel punto sono... esploso. Ho rischiato di strappargli la faccia a morsi... a mio padre!». Ebbe un fremito e impallidì.

«È davvero così brutto, Jake?». Mi chiedevo in che modo potessi aiutarlo. «Ti senti male?».

«No, no», rispose. «Non più. Non ora che sai tutto. Prima era difficile». Si avvicinò fino a posare la guancia sulla mia testa.

Per un istante restò in silenzio, chissà a cosa pensava. Forse era meglio non saperlo.

«Qual è la parte più difficile?», sussurrai.

«La parte più difficile è la sensazione di... perdere il controllo», disse lentamente. «Il timore di non potermi fidare di me stesso: la sensazione di non poter stare vicino a te, né a chiunque altro. Sono una specie di mostro che potrebbe combinare danni in qualsiasi momento. Hai visto Emily: Sam ha perso l’autocontrollo per un secondo... e lei era troppo vicina. Ormai è impossibile riparare il danno. Ne sento i pensieri, conosco i sentimenti... Che senso ha diventare un incubo, un mostro? E poi, il fatto che per me sia così facile, che io sia più svelto e forte degli altri, mi rende ancora meno umano di Embry o Sam? A volte ho il timore di non riuscire a tornare me stesso».

«È così difficile ritrovarti?».

«Le prime volte, sì», disse. «Ci vuole un po’ di allenamento per imparare a trasformarsi. Ma per me è più facile».

«Come mai?».

«Perché il nonno di mio padre era Ephraim Black, e quello di mia madre Quil Ateara».

«Quil?», chiesi, confusa.

«È anche suo bisnonno», spiegò Jacob. «Il Quil che conosci tu è un mio lontano cugino».

«Ma quanto importa chi fossero i tuoi bisnonni?».

«Ephraim e Quil facevano parte dell’ultimo branco. Il terzo membro era Levi Uley. Ce l’ho nel sangue. Senza via di scampo. Allo stesso modo di Quil».

Era scuro in viso.

«E gli aspetti positivi, quali sono?», chiesi nel tentativo di tirargli su il morale.

«La cosa migliore», disse tornando a sorridere, «è la velocità».

«Meglio che andare in moto?».

Annuì entusiasta. «Non ci sono paragoni».

«Quanto...».

«Quanto siamo veloci? Abbastanza. Come posso spiegartelo? Abbiamo catturato... come si chiamava? Laurent? Immagino che così lo puoi capire meglio di chiunque altro».

Lo capivo eccome. Non riuscivo a crederci: i lupi correvano più veloce dei vampiri. Quando i Cullen correvano, diventavano quasi invisibili tanto erano rapidi.

«Dai, raccontami qualcosa che non so», disse. «Qualcosa sui vampiri. Come facevi a sopportare di stare in mezzo a loro? Non sei mai morta di paura?».

«No», risposi, laconica.

Il tono della mia voce lo fece riflettere.

«Puoi dirmi perché il tuo succhiasangue ha ucciso James, però?», chiese d’un tratto.

«James voleva uccidere me. Per lui era una specie di gioco. Che ha perso. Ricordi quando, l’estate scorsa, ho passato un po’ di tempo in ospedale a Phoenix?».