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La prospettiva di lasciarmi per un momento le preoccupazioni alle spalle era quasi riuscita a entusiasmarmi. Forse ci saremmo divertiti davvero. Un appuntamento con Jacob, uno con Edward... Sorrisi cupa a me stessa. Jake poteva dire quel che gli pareva su quanto fossimo incasinati in coppia, ma la più incasinata dei due ero io. Riuscivo a fare sembrare normale persino la faccenda dei licantropi.

Mi aspettavo di trovare Jacob di fronte a casa sua, come faceva sempre, allertato dal rumore del pick-up. Quando non lo vidi, pensai che stesse dormendo. Restai ad aspettare per concedergli tutto il riposo di cui aveva bisogno. Doveva recuperare ore di sonno e in quel modo avremmo approfittato del momento più caldo della giornata. Jake aveva azzeccato le previsioni del tempo: durante la notte, era cambiato. Uno spesso strato di nuvole incombeva basso e l’atmosfera era quasi afosa; sotto quella coperta grigia l’aria premeva, calda. Lasciai la felpa sul pick-up.

Bussai piano alla porta.

«Entra pure, Bella», disse Billy.

Era seduto al tavolo della cucina, alle prese con una tazza di cereali.

«Jake dorme?».

«Ehm, no». Posò il cucchiaio e il suo sguardo si fece torvo.

«È successo qualcosa?», chiesi. La sua espressione bastava a rispondere sì.

«Embry, Jared e Paul hanno fiutato tracce fresche stamattina. Sam e Jake sono corsi in loro aiuto. Sam era ottimista: si è riparata tra le montagne. È convinto che siano vicini a farla finita».

«Oh, no, Billy», sussurrai. «Oh, no».

Lui fece una risata cupa e profonda. «La Push ti piace così tanto da voler prolungare la prigionia?».

«Come fai a scherzare, Billy? Io ho troppa paura».

«Hai ragione», rispose di buonumore. Leggere il suo sguardo antico era impossibile. «La situazione è spinosa».

Restai senza parole.

«Il rischio che corrono i ragazzi non è alto come credi. Sam sa quello che fa. Sei tu che dovresti essere preoccupata per te stessa. Il vampiro non vuole scontrarsi con loro. Sta soltanto cercando di evitarli... per arrivare a te».

«Come fa Sam a sapere ciò che fa?», chiesi, interrompendolo bruscamente. «Hanno ucciso un solo vampiro... magari è stato un colpo di fortuna».

«Prendiamo molto sul serio il nostro compito, Bella. Niente è lasciato al caso. Tutto ciò che occorre sapere è stato tramandato di padre in figlio per generazioni».

Non riuscì a confortarmi come voleva. Il ricordo di Victoria, selvaggia, felina, letale, era troppo forte. Se non fosse riuscita a evitare i lupi, alla lunga avrebbe finito per gettarsi all’attacco.

Billy tornò alla colazione e io mi accomodai sul divano a guardare la TV senza seguirla. Non resistetti a lungo. Iniziai a sentirmi in preda della claustrofobia e innervosita dall’impossibilità di guardare fuori dalle finestre oltre le tende.

«Vado in spiaggia», dissi a Billy di punto in bianco, e sfrecciai verso la porta.

Uscire non mi procurò il sollievo che speravo. Le nuvole facevano pesare la loro massa invisibile e il senso di soffocamento non diminuiva. La foresta sembrava stranamente deserta mentre mi avvicinavo alla spiaggia. Non c’erano animali: niente uccelli o scoiattoli. Non si sentiva nemmeno un cinguettio. Il silenzio era inquietante; il vento che di solito soffiava tra gli alberi era assente.

Sapevo che nelle giornate afose andava così, ma non riuscii a restare tranquilla. La pressione e il caldo erano evidenti anche ai miei deboli sensi umani e segnalavano l’incombere di qualcosa di grosso alla voce “tempeste”. Uno sguardo verso il cielo e ne fui certa: le nuvole si addensavano veloci, malgrado l’assenza di vento a terra. Quelle più basse erano grigio fumo, ma tra le loro crepe spuntava l’inquietante velo violaceo di uno strato più alto. I piani che il cielo aveva in serbo per la giornata erano spietati. Probabilmente gli animali erano già tutti al riparo.

Raggiunta la spiaggia, mi pentii di essere uscita. Ne avevo già abbastanza di quel posto. Praticamente tutti i giorni lo visitavo da sola. Era poi tanto diverso dai miei incubi? Eppure, dove altro potevo andare? Mi trascinai fino al mio tronco e mi ci sedetti appoggiando la schiena alle radici fitte. Fissai il cielo arrabbiato sopra di me, rimuginando, in attesa che le prime gocce spezzassero l’immobilità.

Cercai di non pensare ai rischi che correvano Jacob e i suoi amici. Perché a Jacob non poteva succedere nulla. L’idea era insopportabile. Avevo già perso troppo. Il destino aveva forse deciso di strapparmi gli ultimi brandelli di pace? Mi sembrava ingiusto, disonesto. Ma forse avevo infranto una regola sconosciuta, passato un limite che mi aveva condannata. Forse non era consentito immischiarsi nella vita di miti e leggende, voltare le spalle al mondo degli umani. Forse...

No! A Jacob non poteva succedere nulla. Dovevo crederci, altrimenti non sarei stata in grado di sopravvivere.

Con un gemito, saltai giù dal tronco. Non riuscivo a stare ferma e seduta, era peggio che camminare avanti e indietro.

Quel mattino avevo davvero sperato di poter sentire Edward. E ormai pareva l’unica cosa in grado di rendermi sopportabile il resto della giornata. La ferita ricominciava a suppurare, come a vendicarsi dei momenti in cui la presenza di Jacob l’aveva disinfettata. I margini della voragine bruciavano ancora.

Mentre camminavo, i cavalloni si alzavano e s’infrangevano sulle rocce, ma di vento non c’era traccia. Mi sentii inchiodare a terra dalla pressione della tempesta. Tutto girava attorno a me, ma nel punto in cui mi trovavo nulla si muoveva. Nell’aria c’era una leggera elettricità che sentivo vibrare nei capelli.

Al largo, le onde erano più infuriate di quelle che lambivano la spiaggia. Le vedevo schiaffeggiare gli scogli ed esplodere in grandi nuvole di schiuma bianca. L’atmosfera era sempre immobile, ma le nuvole ora si spostavano più velocemente. Lo spettacolo era inquietante, simile a un movimento volontario. Rabbrividii, anche se sapevo che si trattava dell’effetto della pressione.

Gli scogli erano una barriera di lame nere contro il cielo livido. Li fissai, ripensando al giorno in cui Jacob mi aveva parlato di Sam e della sua banda. Ripensai anche ai ragazzi—i licantropi—che si gettavano nel vuoto da quell’altezza. La visione delle loro sagome che volavano roteando era ancora nitida. Immaginai la libertà totale nella caduta... Immaginai la voce di Edward nelle orecchie: furiosa, vellutata, perfetta... Il bruciore nel mio petto si accese in uno scatto di agonia.

Doveva esserci un modo per raffreddarlo. Più passava il tempo, meno il dolore era tollerabile. Fissai gli scogli e le onde vi si frangevano contro.

Be’, perché no? Perché non placare il dolore, subito?

Jacob mi aveva promesso che saremmo andati a tuffarci, no? La sua assenza bastava forse a farmi rinunciare allo svago di cui avevo assoluto bisogno, soprattutto ora che lui stava davvero rischiando la vita? E la metteva a rischio per me. Se non ci fossi stata io, Victoria non se ne sarebbe andata in giro per la foresta a uccidere; si sarebbe tenuta lontana. Se fosse successo qualcosa a Jacob, la colpa sarebbe stata mia. Quella certezza mi feri nel profondo e mi costrinse a raggiungere di corsa la strada, verso casa di Billy, dove mi aspettava il pick-up.

Sapevo come raggiungere lo sterrato che correva vicino alla scogliera e con qualche difficoltà individuai pure il sentiero che portava allo strapiombo. Imboccato quello, badai a ogni bivio e diramazione, ricordando che Jacob voleva condurmi sullo spuntone più basso. Il viottolo, però, serpeggiava verso la cima senza interrompersi. Non avevo tempo di cercare un altro percorso, la tempesta era sempre più vicina. Finalmente sentivo addosso il vento e la pressione delle nubi. Quando raggiunsi il punto in cui lo sterrato veniva inghiottito da un precipizio roccioso, le prime gocce mi bagnarono il viso.

Non fu difficile convincermi che non c’era tempo di cercare un’alternativa: volevo saltare dalla cima. Quella era l’immagine che conservavo. Desideravo perdermi in quella lunga caduta, simile a un volo.