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Entrai in camera. Cacciai nello zainetto il mio vecchio portafoglio, una maglietta pulita, i pantaloni della tuta e per ultimo lo spazzolino. Scesi le scale a razzo. La sensazione di déjà-vu a quel punto era fortissima. Se non altro, a differenza della volta precedente—quando avevo lasciato Forks per sfuggire a dei vampiri assetati, anziché per andarli a cercare -, non ero costretta a salutare nessuno di persona.

Jacob e Alice erano bloccati in una specie di discussione, davanti alla porta aperta, tanto lontani da non poter credere che si stessero parlando. Nessuno dei due parve accorgersi della mia rumorosa riapparizione.

«Voi sarete anche capaci di controllarvi, ogni tanto, ma le sanguisughe da cui la vuoi portare...». Jacob, furioso, la stava accusando.

«Sì. Hai ragione, cane». Anche Alice ringhiava. «I Volturi sono il fondamento della nostra razza, il motivo per cui quando senti il mio odore ti si rizza il pelo. Sono la sostanza dei tuoi incubi, la paura che muove il tuo istinto. Ne sono conscia».

«E gliela vuoi offrire come una bottiglia di vino a una festa!», gridò lui.

«Pensi che se la passerebbe meglio se la lasciassi qui, preda di Victoria?».

«La rossa la sistemiamo noi».

«E allora perché è ancora a caccia?».

Jacob ruggì e fu preso da una convulsione.

«Basta!», urlai a entrambi, sconvolta e impaziente. «Discuterete al nostro ritorno, ora andiamo!».

Alice puntò dritta verso l’auto e sparì in un istante. Mi sforzai di stare al passo, ma mi fermò il gesto meccanico di chiudere la porta.

Jacob mi afferrò per un braccio con mano tremante. «Per favore, Bella. Ti scongiuro».

Nei suoi occhi scuri brillavano le lacrime. Sentii un nodo in gola.

«Jake, devo...».

«Invece no. Proprio no. Puoi restare qui con me. E sopravvivere. Fallo per Charlie... Per me!».

Il motore della Mercedes di Carlisle si avviò docile; il ritmo dei pistoni aumentò, quando Alice diede un colpo secco di acceleratore.

Scossi la testa con un gesto brusco che fece scivolare le lacrime sulle mie guance. Liberai il braccio dalla presa e Jacob non fece niente per fermarmi.

«Non morire, Bella», disse soffocato. «Non andare. Non farlo».

Non l’avrei rivisto mai più?

Il pensiero scatenò il mio pianto muto e mi lasciai scappare un singhiozzo. Lo cinsi ai fianchi stringendolo per un istante brevissimo, nascondendo nel suo petto il viso rigato di lacrime. Lui mi sfiorò i capelli, come per trattenermi.

«Ciao, Jake». Sollevai la sua mano e gli baciai il palmo. Non ce la facevo a guardarlo in faccia. «Scusami», sussurrai.

Poi mi voltai e corsi verso l’auto. La portiera era aperta, in mia attesa. Lanciai lo zaino dietro il sedile, entrai e la richiusi con forza.

«Sta’ attento a Charlie!», urlai dal finestrino aperto, ma Jacob era sparito. Mentre Alice dava gas e, con una sgommata stridula come una voce umana, invertiva la marcia dell’auto, notai un brandello bianco ai piedi degli alberi. Un pezzo di scarpa.

19

Corsa

Riuscimmo a non perdere il volo per una manciata di secondi e a quel punto iniziò la tortura vera. L’aereo rollava fermo sulla pista, mentre le hostess, placide, facevano avanti e indietro per il corridoio, tra le file di sedili, e assicuravano i bagagli negli scomparti. Di tanto in tanto i piloti si affacciavano dalla cabina per chiacchierare con loro. Alice mi teneva una mano sulla spalla, cercando di frenare i miei sobbalzi ansiosi.

«È il modo più veloce», precisò sottovoce.

Finalmente l’aereo si allontanò dal gate e la sua accelerazione pigra e regolare non fece che peggiorare la tortura. Speravo di potermi rilassare nel decollo, invece non guadagnai un briciolo di tranquillità.

Prima ancora che ci staccassimo dal suolo, Alice afferrò il telefono appeso al sedile di fronte a sé ignorando lo sguardo di disapprovazione della hostess. Qualcosa, nella mia espressione, convinse l’assistente di volo a non protestare.

Cercai di decifrare ciò che Alice bisbigliava a Jasper.

«Non saprei, lo vedo prendere strade diverse, cambia idea in continuazione... Una serie di omicidi in città, un attacco alle guardie, un’auto scagliata nella piazza principale, tutti gesti che li costringerebbero a uscire allo scoperto... Sa bene che quello è il modo più veloce di scatenare una reazione».

«No, te lo proibisco». La voce di Alice si abbassò fino a diventare quasi inudibile, benché fossi seduta a pochi centimetri da lei. Drizzai le orecchie e mi ostinai ad ascoltare. «Di’ a Emmett di no... Be’, vai a cercare lui e Rosalie e riportali a casa... Pensaci bene, Jasper. Se vede uno di noi, come pensi che reagirà?».

Annuì. «Appunto. L’unica possibilità è Bella... se c’è una possibilità... Farò di tutto, ma tieni pronto Carlisle, le speranze sono poche».

Poi rise, maliziosa. «Ci ho pensato anch’io... Sì, te lo prometto». Il tono si fece implorante. «Non seguirmi. Te lo prometto, Jasper. In un modo o nell’altro, sfuggirò... Ti amo».

Riappese e si lasciò scivolare sul sedile a occhi chiusi. «Detesto dovergli mentire».

«Raccontami tutto, Alice, te ne prego. Non capisco. Perché hai chiesto a Jasper di fermare Emmett? Perché non possono aiutarci?».

«Per due motivi», sussurrò, senza riaprire gli occhi. «Il primo l’ho spiegato anche a lui. Potremmo cercare di fermare Edward con le nostre forze: se Emmett gli mettesse le mani addosso, avremmo la possibilità di bloccarlo e di convincerlo che sei ancora viva. Ma non possiamo prenderlo alle spalle. Se capisce che vogliamo fermarlo, agirà ancora più alla svelta. Lancerà un’auto contro un muro, o qualcosa del genere, e i Volturi lo prenderanno.

Ovviamente questo è il secondo motivo, di cui non ho parlato a Jasper. Se gli altri ci raggiungessero, e i Volturi uccidessero Edward, sarebbe la guerra. Bella», aprì gli occhi e mi fissò implorante, «se ci fosse qualche possibilità di vincerla... se noi quattro potessimo salvare nostro fratello combattendo per lui, forse sarebbe diverso. Ma non siamo in grado e... Bella, non posso permettermi di perdere Jasper così».

Capii perché cercasse la mia comprensione. Voleva proteggere Jasper, fosse anche a spese nostre e perfino di Edward. La capii e non ci trovai nulla di male.

«Edward non riesce a sentirti?», chiesi. «Non potrebbe scoprire nei tuoi pensieri che sono viva, che il suo gesto è inutile?».

Non che mancasse una giustificazione. Però non riuscivo ancora a credere che avesse reagito in quel modo. Non aveva senso! Ricordavo con dolorosa chiarezza le sue parole quel giorno, sul divano, mentre assistevamo ai suicidi di Romeo e Giulietta. «Non sarei mai riuscito a vivere senza te», aveva detto, come fosse una conclusione ovvia. Ma il suo discorso nella foresta aveva violentemente cancellato tutto il resto.

«Se mi ascoltasse», chiarì Alice. «Che tu ci creda o no, è possibile mentire con il pensiero. Cercherei di fermarlo anche se tu fossi morta. Penserei “è viva, è viva”, con tutta l’intensità che posso. E lui lo sa».

Serrai le mascelle in silenzio, frustrata.

«Se fosse possibile agire senza coinvolgerti, Bella, non ti esporrei al pericolo. È un gesto da irresponsabili».

«Non essere stupida. Io sono l’ultima delle tue preoccupazioni». Scossi la testa impaziente. «Spiegami cosa intendevi quando hai detto che detesti mentire a Jasper».

Sorrise mesta. «Gli ho promesso che sarei sfuggita a un loro attacco. Ma non posso esserne sicura. Anzi, non lo sono affatto». Rimase a fissarmi, come per chiedermi di considerare più seriamente il pericolo.

«Chi sono questi Volturi?», chiesi con un sussurro. «Cosa li rende tanto più pericolosi di Emmett, Jasper, Rosalie e te?». Era difficile immaginare qualcosa di più spaventoso.

Fece un respiro profondo e d’un tratto lanciò un’occhiata feroce alle mie spalle. Mi voltai in tempo per vedere l’occupante del posto sul corridoio voltarsi, fingendo di non avere origliato. Aveva l’aria di un uomo d’affari, vestito di scuro e con un computer portatile sulle ginocchia munito di cavo d’alimentazione. Dopo che lo guardai irritata, accese il portatile e molto opportunamente calzò un paio di cuffie.