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Voleva dimostrare a Nihal che era deciso a lasciarla crescere: gli sembrò che forgiarle una spada fosse un buon modo per farlo.

Livon si diede tempo. Voleva creare una spada straordinaria, che non avrebbe mai abbandonato Nihal e che in ogni istante le avrebbe ricordato suo padre.

Il caso volle che un suo fornitore, uno gnomo scaltro e con uno spiccato senso degli affari, gli vendesse a un prezzo ragionevole un grosso blocco di cristallo nero, il materiale più duro esistente in tutto il Mondo Emerso. Se ne trovava solo nella Terra delle Rocce, ed era lo stesso con cui era stata costruita la Rocca. Livon non l’aveva mai lavorato, ma conosceva la tecnica. L’idea di una spada nera, poi, lo entusiasmava. Restava solo da scovare un’idea.

L’armaiolo pensò allora a Nihal, al suo modo di essere, a ciò che le piaceva, e decise che avrebbe realizzato qualcosa con l’effigie di un drago: gli sembrava di gran lunga l’animale più adatto a rappresentare l’indole di sua figlia. E poi Nihal amava i cavalieri, e i più potenti del Mondo Emerso erano proprio i Cavalieri di Drago.

La spada andò formandosi nella sua mente in tutti i particolari: alla fine non restò che trarla fuori dal cristallo. Vi lavorò a lungo, soprattutto di notte, in modo che per Nihal fosse una sorpresa. Chino sul blocco nero, trascorreva ore sudando con lo scalpello in mano. Iniziò ad approfittare di tutti i momenti in cui Nihal non c’era, tanto che trascurò il solito lavoro e i suoi acquirenti presero a lamentarsi.

«Si batte la fiacca, eh?» lo canzonava Nihal. Poi però diventava seria. «Hai bisogno di una mano, Vecchio?»

Livon scuoteva la testa e rispondeva che un certo lavoro molto importante richiedeva tutta la sua concentrazione. Non poteva dirle che era proprio per lei, e che non poteva dedicarsi ad altro.

Tutti gli armaioli, tutti gli artigiani, tutti gli artisti attendono un momento come quello che stava vivendo lui mentre vedeva nascere quell’arma.

La spada di cristallo sarebbe stata il suo capolavoro.

Poi, una mattina, Livon chiamò Nihal. Aveva il volto tirato di chi ha lavorato tutta la notte e il grembiule sudicio.

«Stai bene?» gli chiese Nihal preoccupata.

«Non sono mai stato meglio. È uno dei momenti più belli della mia vita» rispose Livon e le porse un involto di pelle.

Quando Nihal vide il contenuto rimase senza respiro. Alla chiara luce del mattino sfavillava una lunga spada nera, brillante come fosse di vetro, materiale del quale sembrava condividere la trasparenza. La lama piatta era affilata come un rasoio e si restringeva leggermente verso l’elsa. Intorno a quest’ultima, di sezione rettangolare, si avvolgeva sinuosamente un drago. Sul nero dell’arma si stagliava la sua testa bianca: la Lacrima. Le fauci dell’animale erano spalancate, e altrettanto le grandi ali che si dispiegavano verso i lati della lama, lavorate al punto che vi si potevano intravedere i rilievi delle vene e tanto sottili da essere trasparenti.

Era un’arma meravigliosa. Nihal non aveva neppure il coraggio di prenderla in mano. Livon aveva realizzato molti bei lavori, ma quella era una vera opera d’arte.

«Mi avevi chiesto una spada. Eccola. Questa non è un giocattolo: è la tua spada. L’ho fatta pensando a te. È un’arma che può difendere e attaccare: una vera arma per un vero guerriero.»

Livon sorrise, e Nihal lo guardò con gli occhi lucidi.

«Almeno prendila in mano, su!»

Quando finalmente Nihal la sollevò, si stupì di come si adattasse alla sua palma e di quanto fosse leggera e maneggevole.

Livon rise. «Guarda che non è mica di vetro! Quello è cristallo nero, il materiale più duro che si conosca. Sta’ a vedere.»

Tolse la spada dalle mani di Nihal e la posò sul tavolo da lavoro; quindi prese un mazzuolo e colpì con forza le ali del drago.

Nihal sussultò, ma vide che neppure una scalfittura l’aveva segnata.

«Con questa potrai andare in cerca di avventure quanto vorrai.»

Nihal saltò al collo di Livon abbracciandolo con foga. Poi si staccò e prese in mano la sua nuova spada, levandola in alto. «Questa è la mia spada! E non me ne separerò mai!»

Livon rise ancora. «Be’, posso morire in pace.»

Nihal guardò sorridendo la lama scintillante.

La spada divenne la sua inseparabile compagna: non c’era giorno che non le pendesse al fianco. Spesso la usava per esercitarsi da sola, perché non aveva nessuno con cui tirare di scherma. Sennar era troppo impegnato con i suoi studi, e quando acconsentiva a combattere non era decisamente all’altezza di Nihal. Qualche volta Nihal duellava con Livon, ma ormai lo batteva facilmente. E poi, dormiva quasi sempre a casa di Soana.

Nelle pause dall’addestramento, allora, Nihal andava nella Foresta e cercava di esercitarsi con l’aiuto di Phos: il folletto le lanciava semi che la ragazza cercava di colpire al volo, oppure menava fendenti ai rami secchi. Non era granché come allenamento, e non era neppure divertente, ma almeno aveva modo di tenersi in esercizio e di aumentare agilità e potenza dei colpi. Cercava di farsi bastare quel po’ di pratica perché sentiva uno spasmodico bisogno di usare la spada.

L’occasione si fece attendere a lungo, ma alla fine arrivò.

6

Il Cavaliere di Drago.

Erano passati due anni da quando Nihal si era recata ai margini della Foresta per conoscere Soana e chiederle di accettarla come allieva. Due anni di studio, di crescita, di legami che erano andati rinsaldandosi. Primo tra tutti quello con Sennar: amico, confidente, complice e, finalmente, mago a tutti gli effetti.

La cerimonia di investitura doveva aver luogo presso il Consiglio dei Maghi, e sarebbe stata ancora più solenne, poiché Sennar aveva deciso di continuare i suoi studi per diventare consigliere.

Il Consiglio dei Maghi spostava la propria sede ogni anno, in modo che a turno ogni Terra avesse l’onore di ospitarlo, ed era composto dagli otto maghi più potenti – sia per capacità magiche sia per sapienza – di ciascuna delle otto Terre.

Era tutto quello che restava della democrazia del Mondo Emerso. In passato ne aveva indirizzato la vita culturale e scientifica, ma da quasi quarant’anni, coadiuvato dal consesso dei regnanti delle Terre libere, organizzava e guidava la guerra di resistenza al Tiranno.

Il Consiglio dirigeva anche la comunità dei maghi del Mondo Emerso, e a esso ciascun mago doveva fare riferimento per la propria investitura. Da quando il Tiranno aveva fatto la sua comparsa, infatti, capitava sempre più di frequente che tra le file dell’esercito ci fosse almeno un mago che imponeva incantesimi sulle armi o addirittura, nei casi più disperati, scendeva a combattere con la forza della sua magia.

Per Nihal era il primo vero viaggio della sua vita. Non che fino ad allora fosse rimasta rinchiusa tra le mura di Salazar: accompagnando Livon dai suoi fornitori aveva avuto modo di visitare altre torri della Terra del Vento, ma non si era mai allontanata per più di mezza giornata di viaggio. E al tramonto era sempre a casa.

Quella volta era diverso: avrebbero dormito all’aperto, camminato per leghe e leghe e infine sarebbero arrivati in una Terra che non aveva mai visto e di cui aveva sentito favoleggiare.

A questa prospettiva Nihal si sentiva molto eccitata, e continuò a esserlo per tutto il viaggio. Mentre le miglia scorrevano sotto i suoi piedi, o quando riposavano la sera intorno al fuoco, con le gambe doloranti e la mente svuotata dalla fatica, pensava che le sarebbe piaciuta una vita così, trascorsa di viaggio in viaggio, di Terra in Terra, vivendo mille avventure con la sua spada.

Sennar era di ben altro umore. Tutto compreso nel suo nuovo ruolo, non faceva che pensare alla sua imminente iniziazione. Non sapeva se fosse più forte il desiderio di essere presto mago o la paura del rito: da una parte temeva di non essere all’altezza, dall’altra non vedeva l’ora di ricevere l’investitura.