Poi c’era Soana, che aveva un comportamento davvero strano. Lei, in genere così misurata e imperscrutabile, era improvvisamente solare, serena, addirittura ridanciana. Nihal aveva imparato a conoscerla e ad amarla, ma poche volte l’aveva vista mostrare così apertamente la propria gioia. Sembrava che l’attesa di qualcosa la illuminasse di luce nuova, una luce che faceva risplendere la sua bellezza.
Giunsero in vista del confine al decimo giorno di marcia.
La Terra del Vento, seppur con qualche riserva, era considerata dalle Terre libere un territorio amico: il confine non era ancora sorvegliato e il passaggio di uomini, e in una certa misura anche di merci, non era sottoposto a controlli.
Nihal camminava con gli altri, catturata come al solito dal suo mormorio interiore, quando la sua attenzione venne attirata da un’ombra enorme, troppo veloce per essere quella di una nuvola. Levò d’istinto lo sguardo al cielo e quel che vide la inchiodò sul posto, con la testa per aria e gli occhi colmi di meraviglia.
Poco sopra di loro volteggiava un drago. L’animale descriveva pigri giri nell’aria ferma del mattino e i raggi di sole trafiggevano le sue ali sottili. Era proprio come il drago della sua spada: stessa possanza, stesso vigore, stessa bellezza. Aveva finimenti e sella dorati ed era cavalcato da un uomo completamente ricoperto da una fulgida armatura.
Dopo un giro più ampio degli altri il drago planò con delicatezza sull’erba, poco discosto dalla comitiva. Nihal lo guardava con gli occhi spalancati, quasi volesse colmarsi la vista e il cuore di quello spettacolo. Non si accorse che, con slancio inconsueto, Soana era corsa incontro al cavaliere. L’uomo smontò agilmente dal drago, si tolse l’elmo, prese la mano di Soana tra le proprie e vi posò un lungo bacio.
Soana sorrise. «Mio adorato.»
Il cavaliere rivolse alla maga uno sguardo complice. «Mi sembra un’eternità che non ci vediamo.»
E Soana, che di solito sosteneva lo sguardo di chiunque, e anzi costringeva gli altri ad abbassare il proprio, chinò gli occhi.
«Un drago! Hai visto? Un drago!»
L’esclamazione di Sennar riportò Nihal tra i mortali. Il giovane mago era entusiasta e si muoveva deciso verso quell’immenso animale.
Dopo un attimo di esitazione Nihal si decise a seguirlo. A mano a mano che si avvicinava al drago ne coglieva i dettagli: aveva penetranti occhi rossi, che la scrutavano da ere dimenticate, e le sue ali erano ripiegate a coprire i fianchi maestosi, pulsanti di vita. Immobile come una scultura, di una scultura aveva la fierezza. Era verde chiaro, ma di un verde pieno di sfumature sorprendenti: ai lati della testa stemperava nel rosso, si scuriva sulla sporgenza della colonna vertebrale e nelle venature delle ali e si schiariva sul petto imponente.
Nihal si disse che non esisteva niente di altrettanto bello e forte, niente di così grandioso e possente: cosa doveva essere poterlo cavalcare, sentire il battito del suo cuore, solcare con lui il cielo…
Quando Sennar iniziò ad accarezzare il drago sul muso, il cavaliere si riscosse immediatamente. «Sta’ attento, ragazzo!»
«Non ti preoccupare» rispose Sennar senza fermarsi.
Il cavaliere rimase a guardare con circospezione, pronto a scattare al minimo segno di pericolo, ma si rese conto, non senza una certa sorpresa, che il suo drago era tranquillo. Anzi, era decisamente a suo agio.
Nihal non resistette. Si avvicinò ancora un po’ e allungò a sua volta la mano. La voce di Soana gliela bloccò a mezz’aria.
«Tu no, Nihal!» le ingiunse. «Un drago è devoto solo al suo cavaliere e non si lascia avvicinare da estranei. Sennar può farlo in virtù dei suoi poteri.»
Nihal abbassò la mano, delusa: desiderava enormemente sfiorare quella creatura. I Cavalieri di Drago rappresentavano tutto ciò che lei avrebbe voluto essere. Erano guerrieri, i più forti del Mondo Emerso, e lottavano con le Terre libere contro il Tiranno. E poi volavano nel cielo in contatto telepatico con i loro draghi, fusi in un’unica entità.
«Ragazzi, questo è Fen, generale dei Cavalieri di Drago, della Terra del Sole. Fen, lascia che ti presenti Sennar, il mio allievo. E lei invece è Nihal… Nihal?»
Ora che aveva di fronte un vero drago, Nihal non riusciva a staccargli gli occhi di dosso. Era completamente imbambolata, tanto che si rese conto a malapena che Soana stava parlando.
Una gomitata di Sennar la costrinse a spostare l’attenzione dal drago al cavaliere. E fu una folgorazione.
Fen era un uomo giovane, sebbene non proprio un ragazzo. Alto, imponente, di una bellezza che Nihal credeva esistesse solo nelle statue. Sotto l’armatura si indovinava un fisico asciutto e forte come quello di un atleta. I capelli castani si avvolgevano in riccioli intorno al suo capo. Il volto era un ovale perfetto, le labbra ben disegnate e carnose, incurvate in un sorriso spavaldo, e gli occhi di un verde intenso. In quegli occhi c’era il colore della Foresta in primavera, il verde di tutti gli smeraldi del Mondo Emerso.
A Nihal quel cavaliere parve bello, forte e coraggioso come un eroe. Si sentì improvvisamente arrossire e balbettò qualcosa, ma le sembrava che le parole le fossero fuggite in massa dalle labbra.
Fen sorrise ai due ragazzi. «È un piacere conoscervi. Soana mi ha tanto parlato di voi» disse. «E devo proprio dirtelo, Sennar: non avevo mai visto nessuno accarezzare Gaart come fosse un gattino!»
Poi si rivolse di nuovo a Soana, e le strinse dolcemente un braccio. «È stato duro il viaggio?»
«Per nulla. Ci siamo divertiti. È una bella estate.»
«Non mi piace che tu vada in giro da sola in tempi come questi.»
«Sciocchezze!» disse lei con un cenno della mano. «Sai bene che so difendermi.»
«Comunque, ora sarò io a condurti fino al palazzo reale.»
Il cavaliere non aggiunse altro: nonostante la divertita protesta di Soana, Fen la prese in braccio e la depose galantemente sulla sella di Gaart in modo che cavalcasse all’amazzone.
«Per voi, ragazzi, mi sono procurato due cavalli: un mio scudiero vi aspetta al confine.»
Nihal ritrovò le parole tutto a un tratto: «Posso salire anch’io sul drago?».
«Mi dispiace, Nihal, ma Gaart non sopporta più di due persone sul suo dorso.»
«È che… è così bello…» farfugliò Nihal, e subito dopo si maledisse per non essersi morsa la lingua.
Fen rise di gusto. «Hai sentito, Gaart? È il tuo giorno fortunato!» Poi guardò con attenzione il fianco di Nihal. «Piuttosto, la tua spada: quella sì che è bella.»
«Quale… quale spada?»
«Questa» disse il cavaliere e, accompagnando il gesto alle parole, toccò l’elsa della spada.
Non appena la mano di Fen le sfiorò il fianco, Nihal si sentì le orecchie in fiamme.
«Soana mi ha detto che vuoi diventare guerriero: come tiri di scherma?»
Nihal rivolse al cavaliere uno sguardo sperduto. «Chi, io?»
Sennar alzò gli occhi al cielo e mollò all’amica una seconda gomitata.
«Me la cavo» si decise a rispondere la ragazza «Ottimo. Allora quando saremo a Laodamea, nel palazzo reale, ci scambieremo qualche colpo. Così mi farai vedere di cosa sei capace.»
Quindi Fen montò su Gaart, avvolse le braccia attorno al corpo di Soana e spiccò il volo.
A Nihal parve di ritrovare il respiro dopo una lunga apnea.
Sennar le mise una mano su una spalla. «I cavalli ce li dobbiamo andare a prendere: meglio avviarci.»
«Certo, certo…» disse Nihal riscuotendosi e cercando di ritrovare la calma.
Mentre cavalcavano nel cuore della Terra dell’Acqua, Nihal non fece che pensare a Fen. Persino Gaart si era eclissato al suo confronto.
Si chiedeva cosa le fosse preso: diamine, in fin dei conti nella sua vita aveva visto molti più uomini che donne. E Fen non era altro che un guerriero, punto. Eppure, se ripensava a quegli occhi…