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Dal giorno del loro matrimonio cambiarono molte cose.

Il re e la regina stabilirono che non ci fossero più divisioni e che le due razze dovessero cooperare. A tal fine fecero costruire alcuni villaggi in cui uomini e ninfe vivessero gli uni accanto alle altre. Fu un esperimento riuscito: all’inizio i due popoli si guardarono con sospetto, ma la vita in comune li spinse lentamente ad accettarsi.

Astrea si rivolse a Soana: «Mia maga, sono lieta che tu torni a farci visita dopo una così lunga assenza. Il mio popolo e il Consiglio hanno bisogno della tua saggezza: circolano voci terribili e sento nel mio cuore che la potenza del Tiranno cresce sempre più».

A quelle parole il suo consorte le strinse la mano e la guardò con dolcezza.

«Ti ringrazio, regina» rispose Soana «ma sai bene che il mio contributo alle decisioni del Consiglio è poca cosa. Per questo ho condotto fin qui il mio miglior allievo, Sennar. Ho avuto modo di vedere e affinare le sue enormi capacità. E sono certa che sarà di grande aiuto al nostro mondo oppresso dalla tirannide.»

Galla guardò Sennar con simpatia. «Credo che tu abbia ragione, Soana: forse questo giovane è ciò che il Consiglio attende da tempo, dal giorno in cui Reis lo ha abbandonato. Una guida forte e sicura che sappia mostrarci la via per la libertà.»

Il giovane mago si schiarì la voce. «Tutto quello che spero, per ora, è di poter dare il mio contributo alla lotta di tutte le Terre libere contro il Tiranno.

Non so quali piani il destino abbia in serbo per me, ma sono lusingato della fiducia che voi tutti mi dimostrate.»

Mentre quel discorso si svolgeva, però, l’attenzione di Astrea era tutta per Nihal. La fissava con curiosità, tanto che la ragazza iniziò a sentirsi a disagio.

«Ma questa fanciulla al tuo seguito, Soana…» La regina non ebbe modo di continuare: uno sguardo di Soana la pregò di fermarsi.

Nihal era confusa. Si domandò cosa stesse per dire la regina, e perché la guardasse così intensamente. Fu tentata di chiedere spiegazioni a Soana, ma la compagnia si era già sciolta e ciascuno prendeva posto alla lunga tavola apparecchiata al centro del salone.

Nihal seguì gli altri, ancora pensierosa, finché la vista della grande tavola imbandita non spazzò via ogni riflessione. Era rimasto un solo posto libero, e quel posto era accanto a Fen.

Nihal sentì un sussulto allo stomaco. Il cuore iniziò a batterle con forza e per un attimo temette che quel pulsare fosse percepibile anche dagli altri commensali. Si avvicinò al suo posto con artificiosa compostezza, ma non appena fece per spostare la sedia Fen le rivolse un sorriso luminoso.

Maledette orecchie, pensò Nihal, sentendosele in fiamme. E maledette ginocchia. Perché diavolo state tremando?

Sennar, che era seduto proprio di fronte a lei, le strizzò l’occhio per prenderla affettuosamente in giro.

All’altro fianco di Fen c’era Soana. Per tutta la durata del pranzo parlò con Astrea e Galla della guerra e del Tiranno. Solo di rado si girava verso il cavaliere, ma lui non le risparmiava alcuna premura. Le versava da bere, le sorrideva e di tanto in tanto le sfiorava un ginocchio sotto la tovaglia.

Nihal cercò di mantenere la calma. Piantò gli occhi nel piatto e si mise a mangiare in fretta e furia. Non gustava il sapore del cibo. Non partecipava alla conversazione. Percepiva solo la presenza del cavaliere al suo fianco. Le faceva lo stesso effetto di stare accanto al fuoco. E poi sentiva il suo profumo: non una fragranza particolare, il semplice odore della sua pelle. Sì, accanto al fuoco, e a testa in giù.

Nonostante i suoi sforzi, tuttavia, Nihal non riuscì a evitare Fen e il suo sguardo per tutto il pranzo.

«Ebbene, vuoi rivelarmi il tuo segreto?»

Nihal deglutì troppo in fretta il boccone che stava masticando, ci versò sopra un’abbondante razione d’acqua e si voltò verso il cavaliere con l’aria dell’agnello che va incontro al lupo.

«Quale… quale segreto?»

«Quello della tua spada, intendo. Da dove arriva un’arma così bella?»

«Da dove arriva?»

Fen scoppiò a ridere. «Senti un po’, ma tu rispondi sempre alle domande con altre domande?»

«Sì. Cioè, no. Non sempre. A volte.»

«Ho capito, non vuoi rivelarmi il nome del tuo armaiolo di fiducia. Ma è giusto così. A ogni guerriero il suo mistero.»

Nihal borbottò un «Certo, esatto…» finché la voce provvidenziale di Soana non interruppe quella patetica conversazione.

«Nihal, Sennar ha bisogno di un assistente per questa notte. Resterà in meditazione per prepararsi alla prova di domani e ci vuole qualcuno non del tutto digiuno di magia che lo aiuti. Ho pensato a te. Che ne dici?»

Nihal non vedeva l’ora che quel supplizio di pranzo terminasse. «Sì, sì. Certo. Lo farò con piacere.»

«Vorrà dire che dovremo sbrigarci nel pomeriggio a tirare di spada» concluse Fen. E le orecchie di Nihal ebbero un’ultima, definitiva vampata.

Terminato il pranzo Astrea e Galla si congedarono e gli ospiti si ritirarono. Percorrendo il lungo corridoio che li conduceva alle loro stanze, Sennar si mise a punzecchiare Nihal.

«Allora?»

«Allora cosa?»

«Sei pronta a un bel sonno ristoratore?»

«Certo. Perché?»

«No, niente. È che stanotte ci aspetta una lunga veglia, per cui ci conviene riposarci un po’ adesso. E non vorrei che tu, con tutti i pensieri che hai…»

Nihal si indispettì. «Guarda che mi farò il sonno più placido della mia vita. Non ho proprio nessun pensiero.»

Sennar sorrise. «Meglio così. Se hai bisogno di me, sai dove trovarmi.»

Nihal aprì la porta della sua stanza e la richiuse sul naso dell’amico.

Se quel pomeriggio Nihal avesse bussato alla porta di Sennar non sarebbe stata una novità. In più di un’occasione era capitato che, durante le lunghe notti passate nella casa sul limitare della Foresta, Nihal mettesse da parte il suo orgoglio e andasse a cercare l’amico.

Le era successo spesso di avere incubi simili a quello della prima notte nella Foresta e di sentire nel sonno mille voci cariche di disperazione.

Da quei sogni si svegliava terrorizzata. Le prime volte era rimasta a piangere nel buio, ma una notte si era fatta coraggio e si era risolta ad andare da Sennar. Da allora si era sempre appoggiata all’amico per superare quei momenti spaventosi, anche se non gli aveva mai svelato la natura dei suoi incubi.

Quel pomeriggio, però, Nihal non ebbe bisogno di Sennar: semplicemente non riuscì a chiudere occhio.

Fen le aveva dato appuntamento per qualche ora più tardi e lei non riusciva a pensare ad altro. Stava per affrontare un Cavaliere di Drago, ovvero uno dei più forti combattenti al mondo: era giunto il momento di provare se aveva davvero la stoffa del guerriero. Ma non era solo quello che la tormentava. E se davvero Sennar avesse ragione e io mi fossi innamorata?, si chiedeva. L’eventualità le sembrava assai poco dignitosa: i guerrieri combattono, non si perdono in romanticherie.

Ciò nonostante, continuò a pensare a Fen e al modo in cui le aveva sorriso quando si era seduta a tavola.

Sebbene non si fosse addormentata, l’ora del combattimento la colse di sorpresa:

lo scudiero di Fen, un ragazzetto più piccolo di lei, venne a bussare alla sua porta per condurla nella sala d’armi del palazzo.

Il cavaliere la attendeva già pronto per il duello. Fermo al centro della sala, coperto eccetto che per il capo dalla sua armatura dorata, aveva un’espressione del tutto diversa da quella di qualche ora prima. Il sorriso gli era scomparso dalle labbra e nei suoi occhi si leggeva una concentrazione assoluta.

Di fronte a quell’uomo Nihal si sentì piccola e spaesata. Ebbe la tentazione di scappare a gambe levate, ma si trattenne, ripetendosi che la prima dote di un guerriero è il coraggio.

«Non hai di che proteggerti il corpo?» le chiese Fen appena la vide.