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L’idea di dimenticare Fen perché era il compagno di Soana non la sfiorò neppure. Quel pomeriggio Nihal chiuse gelosamente quei sentimenti dentro di sé e li alimentò di speranze e di sogni, di lieve disperazione e di fugaci esaltazioni.

La cerimonia di iniziazione fu un successo. I membri del Consiglio dei Maghi rimasero profondamente colpiti da quel ragazzetto alto e magro e dalla sua prepotente forza magica.

Sennar uscì dalla sala esausto, pallido e sudato, e da quel momento fu mago. Ebbe in dono una veste nera che da allora non abbandonò mai: una tunica dal taglio simile a quella che indossava da novizio, ma ornata da intricati fregi rossi che culminavano in un enorme occhio spalancato sul ventre.

«Accidenti. È davvero inquietante» commentò Nihal.

Soana, Sennar e Nihal partirono quel pomeriggio stesso, dopo essersi congedati da Astrea e da Galla.

Davanti all’ingresso del palazzo, circondati dal fragore della cascata, Soana e Fen si abbracciarono brevemente.

Sennar e Nihal si erano già allontanati di qualche passo quando la voce del cavaliere sovrastò il rumore dell’acqua.

«Nihal!»

La ragazza si voltò.

«A presto! E tieniti in esercizio!»

Appena giunta a casa, Nihal iniziò a contare i giorni.

8

La fine di una favola.

Tornati nella Terra del Vento, le cose ripresero con il solito ritmo: Nihal si dedicava svogliatamente alla magia, Sennar studiava giorno e notte.

Gli otto maghi avevano deliberato che il ragazzo rimanesse ancora per un anno con Soana, per apprendere i doveri e i compiti di un membro del Consiglio. Terminato quel periodo, Soana avrebbe fatto rapporto sulle capacità del suo allievo e Sennar avrebbe potuto aspirare a diventare consigliere.

Da quando era stato nominato mago, il ragazzo era totalmente assorbito dal suo nuovo ruolo. Passava ore chino sui libri, e dopo che ebbe letto tutti quelli della biblioteca di Soana iniziò a girovagare per la Terra del Vento alla ricerca di nuovi tomi.

Dopo il viaggio nella Terra dell’Acqua Nihal era diventata insofferente alla vita inattiva di Salazar e ansiosa di conoscere nuovi paesi. Così, con il pretesto che in quei brevi viaggi l’amico poteva aver bisogno di protezione, lo accompagnava sempre.

Nihal ammirava la perseveranza di Sennar. Anche lei avrebbe voluto essere così: determinata, forte, con lo sguardo sempre volto verso la meta. Era vero, non era portata per la magia, ma decise che doveva imparare almeno quegli incantesimi che potevano tornare utili a un guerriero. Fu così che prese a impegnarsi soprattutto sulle formule di guarigione, utili nel caso si venisse feriti, e su qualche semplicissima formula di offesa, che in caso disperato poteva servire a salvarle la pelle. Inaspettatamente Soana la lasciò fare, insistendo però che imparasse a fondo a mettersi in contatto con gli spiriti naturali.

Fen allenava Nihal una volta al mese. In genere era lei a raggiungerlo insieme a Soana, ma qualche volta il cavaliere faceva loro un’improvvisata. Quando arrivava inaspettato per Nihal era una gioia.

Più il tempo passava, più sentiva di amarlo. Adorava ogni suo gesto, conosceva ogni sua espressione. Era convinta che l’avrebbe amato per sempre. Che importava se non avrebbe mai potuto essere suo? L’amore non si basa sul possesso, si diceva, l’amore non si ferma davanti a nulla. E io lo amo.

Fen sembrava non essersi accorto della dedizione della sua giovane allieva. Era evidente che aveva iniziato quella sorta di addestramento per far piacere a Soana, ma in breve tempo aveva cominciato a divertirsi: combattere con quello scricciolo di ragazza era un vero piacere. E poi era un’occasione in più per vedere la maga.

Da quegli incontri Nihal apprendeva moltissimo. Il maestro non si risparmiava e l’allieva era come una spugna. Assimilava consigli, insegnamenti, tecniche e rielaborava tutto con inesauribile fantasia: inventava mosse, studiava nuovi colpi, adattava con efficacia l’arte delle armi alla sua corporatura.

Fen era colpito da quella fanciulla e non perdeva occasione di complimentarsi con lei: la sua era una danza mortale. Non aveva mai visto nessuno combattere così.

Nihal naturalmente era lusingata, ma in fondo al cuore sperava che un giorno lui si accorgesse di lei anche in un altro senso e capisse che, sebbene combattesse meglio di un uomo, rimaneva pur sempre una ragazza. A volte si sentiva come l’infelice protagonista di tante ballate, innamorata dell’uomo sbagliato ma eroica nel perseverare nel suo sentimento. Ormai sapeva perfettamente che Sennar aveva ragione: Soana e Fen erano come una persona sola. In presenza del cavaliere gli occhi della maga brillavano di una nuova luce, e lui aveva nei suoi riguardi una premura che Nihal sognava per sé. Vederli insieme era una sofferenza e qualche volta, in totale solitudine, Nihal scoppiava in lacrime, ma non avrebbe rinunciato a quell’amore per nulla al mondo.

Se c’era qualcuno in grado di contendere a Fen parte dei sogni di Nihal, questi era Gaart.

Con lui aveva forse ancor meno speranze che con il suo cavaliere. Un pomeriggio aveva provato ad avvicinarlo: dapprima il drago si era mostrato infastidito, poi aveva iniziato a dar segni di nervosismo e per finire aveva emesso una fiammata dalle narici.

Nihal aveva capito una volta per tutte che non era il caso di insistere, ma non aveva rinunciato all’idea di cavalcare un drago, magari tutto suo. Da quel giorno si era tenuta alla larga da Gaart, continuando però ad ammirarlo da lontano e a fantasticare di interminabili voli sulla sua groppa.

«Perché vai da quel tizio? Che cos’ha di tanto speciale? Io non ti basto?»

Livon non aveva preso bene le lezioni del cavaliere e a nulla gli serviva ricordarsi che era stato proprio lui a lasciarla libera di seguire la sua strada.

Quando Nihal restava a Salazar per qualche giorno, all’armaiolo sembrava che tutto fosse tornato come una volta: la sua Nihal era ancora la bimbetta che gli passava i ferri del mestiere, nera per la polvere che c’era nel negozio.

Poi però la figlia tornava da Soana e lui ne soffriva immensamente. La bambina che aveva allevato gli mancava e avrebbe voluto che la donna che Nihal stava diventando restasse con lui per sempre.

A un anno dall’investitura di Sennar, nella Terra del Vento la vita quotidiana continuava a trascorrere tranquilla. I mercanti mercanteggiavano, gli osti mescevano vino e ragazzini di tutte le razze scorrazzavano su e giù per le città-torre.

Alcuni segni premonitori, però, avrebbero dovuto far riflettere la popolazione. Re Darnel blandiva il Tiranno in tutti i modi: i dazi che dovevano essergli versati erano aumentati a dismisura, gran parte dei raccolti finivano direttamente nei suoi granai e molte terre giacevano incolte, perché il Tiranno richiedeva gente abile per combattere la sua eterna guerra con le Terre libere.

Durante i suoi viaggi con Sennar, Nihal si accorgeva che la miseria iniziava lentamente a diffondersi tra la popolazione. Gli abitanti della Terra del Vento, tuttavia, erano convinti che il servilismo di Darnel li avrebbe tenuti al sicuro ancora per un po’ e continuavano le loro pacifiche esistenze.

Finché un giorno accadde un episodio inquietante.

In città giunse un vecchio contadino dall’aria sconvolta. Girava coperto di cenci per le scale di Salazar urlando tra le lacrime che i fammin avevano saccheggiato il suo villaggio e molti altri vicini e che gli uomini al loro seguito avevano rapito tutte le ragazze, uccidendo chiunque osasse porsi sul loro cammino.

Quando qualcuno aveva provato a fargli delle domande, il vecchio aveva continuato a ripetere: «Lada, la mia povera Lada…», come se non comprendesse ciò che gli si stava chiedendo.

I più lo presero per pazzo e smisero di prestargli attenzione, ma Sennar e Nihal si affrettarono ad avvisare Soana.

In breve tempo la maga decise di mettersi in viaggio verso i confini, per scoprire se c’era davvero qualcosa da temere.

Per la prima volta da quando i loro destini si erano incrociati, sarebbe partita senza di loro.