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«Tu non c’eri quando è morto.»

«Nei tuoi occhi vedo tutto quello che è accaduto.»

La ragazza tacque per un lungo istante, lottando contro le lacrime. «Vorrei non essere in collera con te, Soana, ma non ci riesco. Sono in collera con tutto il mondo. Sono in collera con me. Mi odio perché sono quel che sono.»

Soana chinò il capo. «Lo so, Nihal. Anch’io mi odio: non sono stata capace di salvare la Terra del Vento, ho lasciato morire mio fratello, non ho saputo risparmiarti questo dolore… Ho preso una decisione, sai? Quando saremo nelle Terre libere me ne andrò dal Consiglio. Sennar prenderà il mio posto. Nessuno sentirà la mia mancanza.»

Nihal si riscosse. «Ma perché? Tu sei preziosa per il Consiglio!»

«Il mio compito era vigilare sulla Terra del Vento, scoprire in anticipo le mosse del Tiranno e informarne il Consiglio. Ho fallito, Nihal, semplicemente. Ho sopravvalutato le mie capacità di maga. O forse ho sottovalutato la potenza oscura della magia del Tiranno, non fa differenza: è stato un errore imperdonabile.»

«E cosa farai?»

«Cercherò Reis. Devo sapere, Nihal. Per il Mondo Emerso, ma soprattutto per te.»

Nihal guardò la maga negli occhi. «Tu per me sei sempre stata una guida. Ma ora è come se mi si fosse spezzato qualcosa dentro. Forse non riuscirò più a essere con te come ero prima, ma sappi che ti voglio ancora bene.»

Soana le accarezzò il capo. «Sei diventata una donna, Nihal»

La notte del quattordicesimo giorno di marcia erano ancora lontani dal confine, ma il loro viaggio stava per finire. In lontananza si intravedevano le luci di un accampamento nemico: più di una ventina di tende da campo erano sparse in modo disordinato in una piccola piana. Al centro, una tenda un po’ più grande delle altre: quella del capo di quella guarnigione, probabilmente.

«Pare che il nostro cammino termini qui» disse Sennar togliendosi l’elmo. Nessuno di loro aveva la minima idea di come superare la linea del fronte.

Solo Soana non si lasciò scoraggiare. «Se c’è un accampamento nemico c’è anche un esercito nostro alleato. Non ci resta che cercare di comunicare con loro.»

La maga si accomodò a terra. «Sennar, le pietre del cerchio magico.»

Sennar fu costretto a togliersi la corazza. «Sarà anche utile, ma questa roba è micidiale.»

Dopo essersi liberato dell’armatura si mise a frugare nella sua bisaccia e ne estrasse sei pietre con incise delle rune. Soana le dispose ai vertici di una stella immaginaria, come quella con cui aveva sottoposto Nihal alla prova del fuoco. Dopo un attimo al suo centro risplendette una fiamma azzurra. La maga recitò una litania e dalla stella si innalzò un denso fumo blu, che si disperse rapidamente nell’aria.

«Quando siamo lontani io e Fen comunichiamo così. Non so dove sia, ma è probabile che sia impegnato su questo fronte. Gli ho detto dove ci troviamo. Quando avremo superato l’accampamento, saprà dove venirci a recuperare.»

Sennar sgranò gli occhi. «Quando avremo superato l’accampamento? E come? Sarà pieno di sentinelle!»

«Le sentinelle possono cadere vittime del sonno, Sennar, e tu sai bene in che modo. Ci muoveremo non appena riceveremo notizie da Fen. Ti introdurrai nel campo con la scusa di consegnare un messaggio, dopodiché li addormenterai. I folletti potranno superare la zona in volo, io e Nihal passeremo a piedi.»

Sennar non amava la parte dell’eroe, ma dovette convincersi che era l’unico modo per andarsene.

Dopo due giorni di attesa tutti iniziavano a disperare che il messaggio fosse arrivato a Fen. Solo Soana non aveva dubbi.

«Risponderà.»

La mattina del terzo giorno giunse una colomba. Portava legato a una zampa un foglio: vi erano stati vergati con calligrafia precisa pochi ordini e alcune rune sconosciute. Nihal non poté fare a meno di pensare che probabilmente Fen aveva voluto mandare alla maga un messaggio confidenziale. I sogni sono proprio menzogneri, si disse.

«Agiremo stanotte. Conviene che tu ti incammini, Sennar.»

Per tutta la vita il mago aveva fantasticato sul momento in cui avrebbe compiuto imprese eroiche per liberare il Mondo Emerso dal giogo del Tiranno, ma ora si sentiva ben più pavido di quel che credeva.

Dopo qualche esitazione, si fece coraggio, montò a cavallo e si apprestò ad andare.

«Sennar!» Nihal era in piedi poco lontano da lui. Per la prima volta da giorni sorrideva. «Buona fortuna. Torna tutto intero.»

Sennar le strizzò l’occhio. «Sarà una passeggiata», e si allontanò.

L’attesa non fu affatto serena. L’idea che il suo amico potesse morire sconvolgeva Nihal. Non poteva sopportare il pensiero di un’altra persona cara che se ne andava. Rimase tutto il giorno a rimuginare, tesa e preoccupata.

Phos cercava di distrarla. «Dai! Pensa che fra un po’ ce ne andiamo! Non vedo l’ora di essere nella Terra dell’Acqua! Fiumi, boschi senza fine, altri folletti, pace…»

Nihal non lo ascoltava neppure. Continuava a rosicchiarsi le unghie o a giocherellare nervosamente con la spada.

Dall’accampamento non si sentiva nessun suono, e quello era un buon segno. Se Sennar fosse stato scoperto ci sarebbe sicuramente stata confusione.

Poi calò la notte.

Avevano convenuto con Fen di trovarsi all’alba oltre l’accampamento, lungo il Grande Fiume. I folletti volarono via, librandosi in alto in modo che le piccole luci che emettevano fossero poco visibili. Anche Soana e Nihal si incamminarono.

Quando superarono l’entrata del campo, Nihal evocò con la sua magia un piccolo lampo: era il segnale stabilito con Sennar. Attese la risposta con il cuore in gola. Le sembrò che passasse un’eternità, finché il mago, salvo e tutto intero, sbucò da una tenda. Avrebbe voluto corrergli incontro e abbracciarlo, ma si limitò a bisbigliare: «Dormono tutti?».

«Credo di sì. C’è voluto un sacco di tempo: questo posto è enorme. In compenso, ho preso un paio di cosette…»

Sennar tirò fuori dalla sua veste due lunghe spade, una per sé e una per Soana.

Benché tutti dormissero, strisciarono tra l’erba cercando di fare meno rumore possibile. Nihal rivide i fammin: giacevano intorno ai resti di un falò, profondamente addormentati. Tra loro c’erano anche molti uomini e qualche gnomo. Tutti dormivano beatamente, le mani ancora strette intorno ai boccali colmi di sidro, le bocche aperte a russare sonoramente. Prima di scivolare nel sonno avevano fatto baldoria: quei maledetti avevano festeggiato la morte degli innocenti abitanti della Terra del Vento.

Nihal ebbe fortissimo il desiderio di bruciare quel luogo e di farli morire tutti tra le fiamme, ma un pensiero la trattenne: Non ora. Non c’è fretta. Tutto a tempo debito.

L’accampamento sembrava sterminato. Procedettero lentamente finché non giunsero in vista dell’ultimo avamposto. Ancora quell’ostacolo: poi Fen, e la salvezza. Nihal ebbe perfino il tempo di pensare che era emozionata all’idea di rivedere il cavaliere dopo così tanto tempo.

«Mago malefico! Traditore!»

Un urlo squarciò il silenzio della notte.

Dal buio spuntarono due fammin. Erano lontani, ma guadagnavano rapidamente terreno.

«Ma non li avevi addormentati tutti?» gridò Nihal.

In una frazione di secondo la ragazza fece i suoi calcoli: non aveva senso nascondersi, bisognava disorientarli. Sguainò la spada e si gettò correndo contro i due nemici.

Anche i fammin si lanciarono verso di lei, ma Nihal non si fece intimorire: continuò ad avanzare e solo all’ultimo istante, quando il primo stava caricando il colpo, si abbassò di scatto e lo trafisse dal basso.

Il secondo non si fece cogliere impreparato. Dopo un paio di parate Nihal iniziò a indietreggiare. Le poche forze che aveva recuperato la stavano già abbandonando. Non ce la faccio. Il dolore al fianco era lancinante e la spada le sembrava pesantissima. Non posso farcela.