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Un lampo verdognolo le passò sul capo e incenerì il fammin. Nihal si voltò.

Sennar la guardava con ironia. «Conviene che trovi un modo per sdebitarti: è la seconda volta che ti salvo la vita!»

«Poche chiacchiere, mago da strapazzo! Non vorrei che ci fossero altre sorprese» rispose Nihal sorridendo.

Soana e i due ragazzi uscirono correndo dal campo nemico.

Corsero senza mai fermarsi finché non raggiunsero le sponde del Saar, dove i folletti li attendevano da un pezzo. Nihal quasi non riusciva a respirare per il dolore al fianco.

«Fa’ vedere.»

Sennar le sollevò la casacca. La fasciatura era macchiata di sangue.

Nonostante le proteste di Nihal, l’amico la fece stendere e iniziò a recitare formule incomprensibili. Lei si rilassò, il respiro si fece più regolare e in breve fu pervasa da un piacevole senso di benessere.

«Grazie, Sennar. Di tutto.»

Guardò il cielo tra le palpebre socchiuse: si stava colorando di rosa. Nel chiarore dell’alba, vide tre puntini verdi farsi sempre più grandi. Draghi.

Fen e i suoi li avevano trovati.

Erano salvi.

Più tardi il cavaliere sussurrò qualcosa a Nihal. C’entrava Gaart, ma lei era troppo stanca per capire. Il suo primo volo su un drago lo fece dormendo.

11

La decisione di Nihal.

Nihal e gli altri furono portati in un villaggio della Terra dell’Acqua assai prossimo al confine. Era stata Soana a insistere per quella sistemazione modesta: non si sentiva già più membro del Consiglio e non voleva essere ospite di Astrea e Galla a Laodamea.

Il nome del villaggio era Loos ed era uno dei pochi in cui ninfe e uomini convivessero. Era un luogo assai piacevole, progettato per favorire la convivenza di due stirpi così diverse.

Gli uomini avevano bisogno di case, mentre alle ninfe servivano alberi in cui trovare ricovero di notte. Alcune zone del villaggio, quindi, erano affollate di piccole palafitte che si protendevano sull’acqua, altre pullulavano di alberi.

Inizialmente Nihal fu frastornata dal verdeggiante caos di Loos.

Lei e Soana erano alloggiate a casa di un pescatore. L’uomo era prodigo di attenzioni nei confronti della ragazzina: quando la vide arrivare, stanca e malconcia com’era, la costrinse a letto per due giorni di fila senza permetterle di alzare un dito. Ma la notte i sogni le facevano visita puntualmente e al mattino il dolore si rinnovava. Così fece di tutto per rimettersi in fretta e appena le gambe la ressero iniziò a sgattaiolare fuori, andandosene in giro per quella terra stupenda.

Poi c’era Fen.

Il suo accampamento non era lontano dal villaggio e capitava spesso che lui arrivasse a Loos per fare visita a Soana. Nihal attendeva con ansia quelle occasioni. Poco importava che non venisse per lei, ma per la donna che amava. Le fantasticherie erano tutto quello che le rimaneva e la aiutavano a tenere lontani i ricordi.

Il cavaliere la trattava con tenerezza, le parlava, ma soprattutto si prestava a combattere con lei. In duello la mente di Nihal si svuotava. Era meglio di qualsiasi fantasticheria. Prendeva in mano la spada nera, nella quale le sembrava di sentire ancora pulsare la vita di Livon, e il suo corpo iniziava a muoversi da solo, trascinando nell’oblio anche la mente.

Sennar studiava come un forsennato. Si era opposto strenuamente alla decisione di Soana. Certo, sarebbe stato contento di poter accedere immediatamente al Consiglio, ma non in quel modo: era affezionato alla sua maestra e per nulla al mondo avrebbe voluto che rinunciasse al suo ruolo. La maga, però, era stata irremovibile e Sennar dovette farsene una ragione. Decise allora che, se era destino che lui diventasse consigliere, almeno lo facesse al meglio delle proprie possibilità.

Passava le sue giornate immerso nei libri della biblioteca reale e tornava a Loos solo a sera, stanco e affamato. Spesso era talmente sfinito che non andava nemmeno da Nihal. Le loro tradizionali chiacchierate al tramonto si erano fatte sempre più rade, ma il ragazzo non si era scordato di lei.

Un pomeriggio Nihal era andata ad allenarsi nel solito boschetto, dove si erano provvisoriamente sistemati Phos e i suoi. Per i folletti le cose non andavano molto bene.

«Le ninfe ci trattano da servetti: tu le vedi belle e leggiadre, ma ti assicuro che sono insopportabili! “E portami questo, e fammi quest’altro…” Non siamo mica venuti qui per fare i paggi!» si lamentava Phos. Insomma, si capiva che presto sarebbero migrati in qualche nuova terra.

Quel giorno però nel bosco non c’era nessuno: solo Nihal che, concentrata, menava gran fendenti al vuoto. Sennar arrivò silenzioso come al solito, ma la ragazza aveva imparato a percepirne la presenza.

«Niente studio oggi?»

«Niente studio.»

Il mago porse all’amica la pergamena che aveva sotto il braccio.

«Ti ho trovato questa. Era un po’ che la cercavo…»

Era una pagina sgualcita e bruciacchiata. C’era un grande disegno: una città di costruzioni altissime, sulle quali troneggiava una torre bianca. Tra un palazzo e l’altro risaltavano i capelli blu di molti mezzelfi, impegnati nelle più comuni attività quotidiane. Sotto il disegno una scritta vergata con caratteri elaborati recitava: “Città di Seferdi, Terra dei Giorni”.

«Bella, vero? È l’unica testimonianza del tuo popolo che ho trovato nella biblioteca. Ho pensato che ti facesse piacere averla…»

Nihal non rispose. Guardava e riguardava quel foglio consumato dagli anni. Gli occhi le si riempirono di lacrime.

Quando Sennar se ne accorse, si sentì morire. «Sono proprio uno stupido! Scusami, non credevo che ti avrebbe fatto soffrire…»

Ma Nihal si strinse al petto la pergamena e gli sorrise tra le lacrime.

Parlarono del più e del meno, quel pomeriggio: della decisione di Soana, dell’imminente investitura di Sennar a membro del Consiglio, di quella terra verde. Chiacchierarono come se fosse tutto come prima, quando Nihal era ancora una ragazzetta fissata con l’idea di diventare guerriero e Sennar un promettente allievo mago.

Sennar, però, conosceva bene l’amica. «E allora?»

«Allora cosa?»

«Nihal, puoi farla a tutti ma non a me: che cosa stai rimuginando?»

«Niente.»

«Senti: ti sei sforzata di guarire in fretta, non ti sei persa un’occasione per duellare con Fen e passi i pomeriggi a tagliare l’aria con la spada. Si può sapere che cosa ti frulla in testa?»

Una volta di più Nihal si stupì di quanto Sennar la capisse. «Voglio combattere».

Sennar scosse il capo. «Lo sapevo…»

«No, aspetta. Non voglio semplicemente gettarmi nella mischia e morire: se devo morire, dev’essere dopo aver vendicato Livon e il mio popolo.»

«E come pensi di farlo, di grazia?»

«Ho deciso di diventare Cavaliere di Drago.»

«Stai scherzando, vero?»

«Sono serissima.»

«Nihal, l’Ordine dei Cavalieri di Drago della Terra del Sole è l’esercito più potente del Mondo Emerso.»

«Lo so. Per questo ho deciso di farne parte.»

«Intendo dire che non faranno mai entrare una donna in un ordine così importante.»

Nihal sapeva che Sennar aveva ragione: non sarebbe stato facile. L’Ordine dei Cavalieri di Drago era antico e prestigioso.

Anche per un uomo volenteroso e capace era difficile avervi accesso, figurarsi per una ragazzina come lei. Quando anche poi fosse riuscita ad accedere all’Accademia, terminare l’addestramento era comunque difficile: i Cavalieri di Drago erano un paio di centinaia in tutta la Terra del Sole, e ogni anno non più di quattro o cinque aspiranti coronavano il loro sogno. Ma aveva preso la sua decisione e non si sarebbe arresa fino a quando non avesse calcato il campo di battaglia in groppa al suo drago.

«Io non sono una donna, Sennar. E non sono più una bambina. Sono un guerriero. Devo dare un senso alla mia sopravvivenza, e quel senso è nella battaglia. Non è un capriccio, è un’esigenza: devo combattere, per chi è morto e per chi morirà.»