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Sennar guardò l’amica. La ragazza che gli stava davanti era davvero un guerriero e la luce che le brillava negli occhi era il fuoco che arde in chi sa ciò che deve fare. Il mago sospirò, poi le prese una mano e gliela strinse.

Nella sua decisione Nihal non era più sola.

Dieci giorni dopo l’arrivo a Loos Nihal si era ripresa completamente. Avevano passato giorni sereni, ma per Sennar, Soana e Nihal era arrivato il momento di lasciare quella Terra. La loro meta era la Terra del Sole, dove quell’anno aveva sede il Consiglio dei Maghi.

Ciascuno dei viaggiatori si avviava verso un futuro incerto.

Soana andava a rinunciare alla sua carica per intraprendere un viaggio senza meta – e probabilmente senza esito – alla ricerca di Reis. Sennar si accingeva a diventare consigliere e si domandava se, con i suoi diciott’anni da poco compiuti, era davvero all’altezza del compito. E Nihal pensava soltanto alla guerra: a quella che avrebbe combattuto sul campo di battaglia, e a quella che già stava combattendo dentro di sé contro la disperazione.

Si misero in viaggio una mattina all’alba.

Approfittando di alcuni giorni di licenza, Fen si era offerto di scortarli. Soana stava per imbarcarsi in chissà quale viaggio e lui voleva approfittare del tempo che rimaneva per starle accanto.

Nihal ne fu felice. Voleva comunicargli di persona la sua decisione.

Erano già lontani dalla Terra dell’Acqua quando la ragazza affrontò il discorso. Si erano fermati nei pressi di un bosco per riposarsi e mangiare qualcosa, e l’atmosfera era rilassata.

Nihal prese coraggio. «Io… ecco, ho una cosa da dirvi. Ci ho pensato molto e… insomma, ho deciso di diventare Cavaliere di Drago. Quando saremo arrivati, mi piacerebbe che Fen mi accompagnasse all’Accademia.»

Le sue parole ebbero l’effetto di un fulmine a ciel sereno.

Dopo qualche secondo di gelo fu Fen, il cavaliere, il suo maestro e mentore, a parlare per primo. «Ma ti rendi conto di quello che dici? Finché si tratta di allenarti non c’è problema, ma qui stiamo parlando di guerra. Guerra vera.»

Nihal sentì la terra franarle sotto i piedi. Si era immaginata che il cavaliere avrebbe accolto con gioia la sua decisione, che l’avrebbe spalleggiata e ammirata. «Io non mi sono mai allenata per giocare…»

Uno sguardo di Soana, e Fen cambiò tono. Il suo volto si addolcì in uno dei soliti sorrisi, ma Nihal vi scorse una nota di condiscendenza che la irritò.

«Non intendevo dire questo.»

Gli occhi di Nihal iniziarono a colmarsi di lacrime. «Non ti sto chiedendo di aiutarmi. Non sto nemmeno chiedendo la tua approvazione.»

«Nihal, ascolta, cerca di ragionare…»

Ma lei scattò in piedi. «Farò da sola. Non ho bisogno di nessuno, io.»

Poi prese la spada e si inoltrò nel folto. Non voleva farsi vedere in lacrime. Mentre scappava, sperando con tutta se stessa che nessuno tentasse di seguirla, si chiedeva perché Fen l’aveva trattata così, perché proprio lui. Era un vero e proprio tradimento, un tentativo di infrangere i suoi sogni.

Si sedette ai piedi di un albero e mise la testa fra le ginocchia. Immaginò allora che Fen la raggiungesse e le dicesse che aveva parlato così perché era preoccupato, perché l’amava, perché voleva stare con lei. Ma chi voglio ingannare? Le lacrime iniziarono a scorrerle sulle guance. Fen ama Soana, e io sono solo una ragazzina.

Quando Fen arrivò, Nihal aveva già versato tutte le sue lacrime.

«Non volevo farti piangere.»

Lei continuò a fissare l’erba.

«Io sono il tuo maestro, e so bene che hai grandi capacità. Il fatto è che l’addestramento è durissimo. E tu sei una ragazza. Ecco tutto.»

«Lo so che sono una ragazza. Non c’è bisogno che continuiate tutti a ricordarmelo» disse Nihal senza sollevare il viso.

«Intendo dire che andrai incontro a mille difficoltà.»

«So anche questo.»

Fen sospirò. «Sei davvero sicura che è quello che vuoi?»

Nihal annuì con decisione.

«E va bene. Ti presenterò a Raven, il Supremo Generale. Gli chiederò di ammetterti. Sei contenta?»

Il cavaliere si piegò per sbirciare il suo volto stretto tra le ginocchia. «Su, non mi piace vedere le donne piangere.»

Nihal sollevò il viso arrossato e lo guardò: nel suo sorriso non c’era più quella nota di compassione. «Grazie» disse sottovoce.

Lui le porse la mano per farla rialzare e Nihal non resistette: appena fu in piedi lo abbracciò stringendosi a lui.

Il resto del viaggio fu breve: avevano buoni cavalli e in cinque giorni giunsero nella Terra del Sole. Il nome evocava nella mente di Nihal l’idea di una terra magnifica e ricca di splendori, ma quella che si trovò davanti fu una regione caotica e intensamente popolata.

Il territorio pullulava di città affollatissime, in cui le case si ammassavano una sull’altra in un dedalo inestricabile. La regione, tuttavia, era anche ricca di boschi rigogliosi, tanto che Nihal pensò che sarebbe stato il posto ideale per Phos e i suoi.

Era una terra opulenta e mostrava tutta la sua ricchezza: gli abitanti sfoggiavano abiti sontuosi e le case erano impreziosite da decori arzigogolati.

Ogni città, grande o piccola che fosse, era organizzata intorno a un imponente palazzo squadrato, sede del governo cittadino. Là si riunivano i delegati e il governatore. Davanti al palazzo si stendeva una vasta piazza, che tutti i giorni accoglieva un mercato straripante di merci. Era l’unico spazio aperto che le città della Terra del Sole conoscessero: per il resto, era un fiorire di viuzze che si dipanavano senza alcun ordine apparente, intercalate da tortuosi viali appena più ampi e piazzette che si aprivano a sorpresa tra il labirinto delle case. Ovunque stucchi dorati, statue, fontane traboccanti d’acqua e un viavai frenetico di gente.

Tutto quello sfoggio di abbondanza infastidiva Nihal, che in tempo di guerra trovava quello sfarzo fuori luogo. La povertà faceva capolino solo nei vicoli più bui, dove in misere baracche vivevano i profughi delle Terre soggette al Tiranno. Nel vederli Nihal non poteva fare a meno di pensare al suo popolo: probabilmente anche i mezzelfi erano stati costretti a vivere così prima di essere definitivamente distrutti, chiedendo l’elemosina a gente che dilapidava le proprie ricchezze incurante della tragedia che la incalzava.

Attraversarono una miriade di città, o almeno a Nihal sembrò che non finissero mai, finché giunsero a Makrat, la capitale, dove avevano sede sia il Consiglio dei Maghi sia l’Accademia dell’Ordine dei Cavalieri di Drago.

L’impressione che Nihal aveva ricevuto da quella Terra non poté che rafforzarsi: case principesche costruite senza ordine, gente che andava e veniva, profughi che assillavano i viandanti a ogni passo. Il tutto dava un senso di caos e di soffocamento.

Fen le indicò una costruzione stranamente sobria per gli standard architettonici della Terra del Sole: la sede dell’Accademia. Nihal se la fissò bene in mente. L’indomani stesso, decise, si sarebbe presentata a Raven.

Quella notte dormirono in una locanda. Le camere erano poche e per un istante Nihal sperò di poter passare la notte con Fen.

Naturalmente le toccò dividere una stanza con Sennar. Il letto era uno solo e il mago fu così costretto a passare la notte sul pavimento.

Nessuno dei due riusciva a prendere sonno.

Fu il mago a rompere il silenzio. «Dormi?»

«No.»

«Mi stavo chiedendo se da domani cambierà tutto. Se io e te finiremo per prendere strade diverse.»

Nihal sorrise. «Io non ho nessuna intenzione di perdere il mio nemico preferito. Piuttosto tu, consigliere: non sarai troppo impegnato per venire a farmi visita?»

«Tra un incantesimo e l’altro… vedrò di trovare il tempo…»

Nihal gli tirò una cuscinata.

Nihal e Fen si diressero al palazzo dell’Accademia di buon’ora, percorrendo le strade di Makrat ancora deserte.

Il cavaliere non era del solito umore. Sembrava teso e la ragazza percepì che, se fosse stato per lui, avrebbe lasciato perdere tutta quella storia assurda. Di tanto in tanto la guardava di sottecchi, ma lei continuava a camminare con decisione, concentrata su quello che stava per fare.