Lei si limitò a sorridergli ironica e a fargli un inchino.
«Le regole sono queste: ciascuno combatterà con le armi di cui è in possesso. Gli scontri avverranno uno di seguito all’altro, senza pausa. Dovrai battere tutti e dieci i tuoi avversari. Vince l’incontro chi riesce a far cadere, a ferire o a disarmare l’avversario. Non ti è permesso uccidere i tuoi avversari.»
Era evidente che Raven mirava a spaventarla. Combattere senza sosta contro dieci abili guerrieri, armata della sola spada e priva di corazza, sembrava un’impresa impossibile.
Nihal si tolse il mantello e rispose con voce ferma. «Io, Nihal della torre di Salazar, ultimo mezzelfo di questo mondo, accetto le vostre condizioni, Supremo Generale.»
Tra il pubblico calò il silenzio.
Il primo avversario era una specie di gigante: alto e possente, avanzava con piglio deciso. Era armato di spada, e gran parte del corpo era difeso da una leggera armatura.
Raven alzò il braccio, lo calò e il combattimento ebbe inizio.
Il gigante menò subito su Nihal un fendente dall’alto con l’intento di spezzarle la spada, ma andò a vuoto. Nihal schivò guizzando di lato e sferrò subito il suo attacco. L’avversario non si fece cogliere alla sprovvista e senza fermarsi cercò di colpirla dal lato. Nihal si limitò ad abbassarsi. Il ragazzo si fermò un istante per ricaricare il braccio per il successivo fendente e Nihal, rapida, lo colpì al fianco con la spada. La corazza che gli copriva il petto scivolò dolcemente a terra. Il colpo aveva tranciato i lacci in cuoio. Al gigante sfuggì di mano la spada. Restò perplesso per un istante, guardando stupito il sottile segno rosso che gli segnava il petto.
Nihal piantò a terra la spada dell’avversario. «Questo è il primo!»
Un brusio d’ammirazione serpeggiò tra la folla: il combattimento era durato meno di un minuto.
Raven mascherò il proprio sconcerto. Non immaginava che quella ragazzina potesse essere tanto abile, ma volle credere che la vittoria fosse frutto di un colpo di fortuna.
Anche il secondo avversario era armato di spada e corazza. Vista la misera fine del suo predecessore, pensò di puntare non sulla forza bensì sulla tecnica e sulla velocità. Iniziò a combattere come se stesse leggendo le mosse su un manuale. Dapprima sembrò una scelta vincente. Nihal era così impegnata a rispondere colpo su colpo, che apparentemente non aveva spazio per andare all’assalto. In realtà studiava la tattica dell’avversario. Dopo alcuni minuti poteva prevederne le mosse. Lo lasciò libero di attaccarla per un po’, tanto per dargli l’impressione di avere la meglio. Quando il rivale sentì la vittoria in pugno e si lanciò in un ultimo fendente dall’alto, la mezzelfo si limitò a saltare. Con un unico gesto bloccò la spada nemica al suolo con un piede, puntando la sua al collo del ragazzo. Con un movimento della gamba fece volare in alto l’arma dell’avversario, la raccolse al volo con la mano libera e la piantò in terra come secondo trofeo.
Dalla folla si levò un timido applauso.
Raven iniziò a innervosirsi. C’era poco da dire: Nihal era brava e aveva già sconfitto due abili guerrieri, quando le previsioni erano che non ne battesse nemmeno uno.
Le cose non andarono diversamente per il terzo scontro, né per i tre successivi. Nihal sconfisse gli avversari senza difficoltà. Sei spade erano allineate sull’arena, infisse nella terra. L’entusiasmo del pubblico era via via aumentato: grida d’incitamento, applausi, urla di approvazione. Ma lei non sentiva niente: pensava solo a combattere, il corpo che si muoveva preciso schivando assalti e fendenti.
Si accorse di non avere fatto i conti con la stanchezza solo con il settimo avversario. Era quasi un adulto e la sua tecnica sembrava priva di brecce. Certo, non era veloce, ma ormai neppure Nihal era più in grado di tenere un ritmo serrato. La gara procedette a furia di parate e attacchi in una situazione di apparente equilibrio. A un tratto Nihal fece un passo falso. Un piede messo in fallo rischiò di farle perdere l’equilibrio. Fu allora che vide un lampo baluginare e un pugnale dirigersi rapido verso il suo ventre. Ebbe appena il tempo di spostarsi. Il pugnale le disegnò un ampio strappo sul corpetto di pelle. L’avversario non si diede per vinto e ricominciò ad attaccarla sia con il pugnale sia con la spada. Nihal capì che non poteva farcela. Raggiunse la zona in cui aveva conficcato le spade nel terreno. Non aveva mai combattuto con due spade contemporaneamente, ma più di una volta si era esercitata con la sinistra.
Non se la cavò affatto male. Il pubblico osservava in silenzio quella ragazza che sembrava danzare, ipnotizzato dal moto vorticoso delle spade. Anche Sennar, che aveva raggiunto l’arena dello scontro, non aveva mai visto la sua amica combattere così. Le parve forte e bella come non mai. Parata e attacco, parata e attacco, il corpo teso nello sforzo. Era incantato.
L’avversario di Nihal aveva riposto troppa fiducia nel pugnale, e ora che era stato reso inoffensivo non sapeva più che fare. Iniziò a indietreggiare, poi il pugnale gli sfuggì di mano. Nihal gettò via la seconda spada e prese a incalzarlo finché non lo disarmò del tutto.
Quando Nihal raccolse le due spade e le infisse al suolo, dal pubblico si alzò un boato.
La voce di Raven risuonò all’improvviso. «Dichiaro conclusa la prova. Sei stata ferita, ragazza. Puoi andare.»
Seguirono fischi e grida di disapprovazione.
Nihal non si scompose. Con la spada in pugno si avviò verso lo scanno di Raven e gli mostrò lo squarcio sul corpetto. «Come vedete, Supremo Generale, non mi sono fatta niente.»
Raven era furente. Quella strana creatura stava ridicolizzando i suoi allievi: sembrava non ci fossero trucchi, abilità e colpi segreti che non conoscesse.
L’ottavo avversario era armato d’ascia.
Nihal lo guardò negli occhi con aria di sfida. «L’ultimo che mi ha sfidato con l’ascia era un fammin. Gli ho staccato la testa di netto.»
Il ragazzo non si fece intimorire. «Vorrà dire che dovrò essere veloce a farti fuori.»
Iniziò il combattimento. Il guerriero colpiva per uccidere. Era dotato di una forza poderosa, ma non mancava di agilità né di tecnica. Nihal sapeva di non poter controbattere troppi colpi di ascia, così si limitava a schivare. Ma il suo avversario non demordeva: roteava l’arma in ogni direzione e la costringeva a spostarsi di continuo. La mezzelfo si rendeva conto che non avrebbe potuto sostenere quello scontro a lungo. La lama le fischiava a pochissima distanza dal corpo e alla prima goccia di sangue che fosse caduta a terra la sua speranza di entrare nell’Accademia sarebbe stata perduta per sempre. Fu allora che le venne un’idea.
Nihal iniziò a valutare con attenzione le mosse del rivale. Al momento giusto impugnò la spada con quanta forza aveva e menò un colpo sul manico dell’ascia. Il contraccolpo sui polsi fu forte, ma strinse i denti e aumentò la stretta sull’impugnatura. Quindi si abbassò di scatto.
La lama dell’ascia roteò via come impazzita, abbattendosi al suolo alcuni metri più in là. Il polso sinistro le faceva male, ma il pubblico continuava a osannarla, scandendo ritmicamente il suo nome.
L’ennesimo ragazzone alto e possente, avvolto in una robusta corazza e dotato di scudo, le si avventò contro senza neppure darle il tempo di prepararsi. I suoi assalti si susseguivano impetuosi, senza un attimo di tregua.
Il pubblico era ammutolito. Nihal indietreggiava inesorabilmente, incapace di contrattaccare. Era ormai prossima a toccare con le spalle la rastrelliera delle armi. Decise per un gesto disperato: si avvicinò alla rastrelliera e restò ferma per un istante. Convinto di avere la vittoria in pugno, il suo nemico mise tutta la forza nell’ultimo colpo. Nihal fu veloce come il lampo a piegarsi in basso, mirando con la spada al basso ventre del nemico, che per un breve tratto era scoperto dalla corazza.