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Nei mesi che seguirono la vita di Nihal migliorò decisamente.

Dopo quell’approccio burrascoso si era affezionata a Malerba. Lui era gentile: le teneva in serbo dalla mensa qualche boccone speciale, le riordinava la stanza e ogni tanto le portava qualche fiore di campo che Nihal accettava col sorriso sulle labbra, perché da tempo nessuno era così premuroso nei suoi confronti.

Talvolta parlavano. Lo gnomo, tra lacrime e frasi sconnesse, le raccontava gli stessi orrori che Nihal vedeva nei suoi sogni. E lei si lasciava andare, confessandogli le sue paure e il suo desiderio di vendetta. Le sembrava che Malerba, a dispetto dell’apparente demenza, con la ragione del cuore capisse il dolore e il senso di spaesamento che lei provava. E poi non riusciva più a tenersi tutto dentro.

Anche la presenza di Laio era diventata importante. Sapere che c’era qualcuno pronto ad ascoltarla e a consolarla nei momenti bui rassicurava Nihal.

I mesi di addestramento e la rigida disciplina dell’Accademia non lo avevano cambiato. Laio era rimasto un bambino, con gli occhi spalancati su un futuro che vedeva tutto rose e fiori. La sua vicinanza ricordava a Nihal i giorni felici in cui viveva ancora a Salazar con Livon.

Formavano una strana coppia: lei era il più promettente allievo della scuola, lui il più debole e il meno dotato. Ma erano sempre insieme.

Ogni mese, puntualissimo, Sennar si presentava in Accademia.

Qualche volta si univa anche Fen, e allora Nihal si lasciava andare alla sua parte più femminile e si crogiolava nel suo eterno e infelice amore.

Il cavaliere era fiero di lei: più il tempo passava, più si rendeva conto che era destinata a grandi cose.

Tiravano di spada nell’arena centrale, quella dei draghi, quando gli altri allievi non c’erano. Erano capaci di combattere per ore. Lei non si stancava mai di stargli vicino e lui provava un insolito piacere a combattere con quella ragazzina.

Era passato un anno dal giorno in cui Nihal aveva varcato la porta dell’Accademia dell’Ordine dei Cavalieri di Drago della Terra del Sole.

Ormai padroneggiava perfettamente tutte le armi con le quali si era cimentata e con la spada superava di gran lunga i suoi compagni.

Persino Raven dovette capitolare di fronte alla testimonianza dei vari maestri che giuravano che un combattente così non capitava tutti i giorni e che conveniva farla scendere in campo il prima possibile.

In anticipo sui tempi dell’addestramento, Nihal era ormai pronta per la prova più importante: la battaglia.

15

Finalmente in battaglia.

Erano una trentina in tutto. Sarebbero stati divisi in piccoli gruppi e assegnati a plotoni dislocati sui diversi fronti.

Ogni gruppetto sarebbe stato alle dirette dipendenze di un veterano, che aveva il compito di giudicarne il comportamento sul campo, oltre a quello di salvare la pelle a chi si fosse messo nei guai.

A ciascuno di loro sarebbe stato dato un corpetto a colori sgargianti, che permettesse di identificarli come allievi dell’Accademia. In quel modo per il supervisore sarebbe stato più facile controllare il comportamento dei ragazzi in battaglia.

Prima della prova gli addestramenti si susseguirono a ritmo serrato.

A partire dall’alba gli aspiranti cavalieri combattevano nell’arena, approfondivano le tecniche di ogni singola arma, correggevano gli errori, affinavano il comportamento da tenere in battaglia.

Quando il sole calava erano distrutti. Tutti, tranne Nihal.

Sola nella sua stanza, si rigirava sotto le coperte senza riuscire a prendere sonno. Con la mente era già proiettata verso la guerra. Il suo sogno stava per realizzarsi: finalmente avrebbe potuto contribuire alla distruzione del Tiranno. Non riusciva a credere di essere riuscita ad arrivare fino a quel punto. E non vedeva l’ora di combattere: le sembrava che in quella battaglia avrebbe finalmente trovato il senso della sua esistenza. Combattendo avrebbe riscattato la colpa di essere sopravvissuta ai suoi simili, la colpa di non aver amato abbastanza Livon e di averlo lasciato morire. Contava i giorni.

Non tutti erano altrettanto contenti.

Laio era stato ammesso alla prova grazie alle pressioni di suo padre, ma era terrorizzato. Fino ad allora aveva accettato con noncuranza il destino che la sua famiglia aveva scelto per lui: vedeva il giorno in cui sarebbe sceso sul campo di battaglia così lontano che non se ne preoccupava. Ma ora di notte gli sembrava di sentire il clangore delle armi risuonargli in testa. Forse non sarebbe morto in combattimento, ma di spavento di sicuro.

Nihal cercava di tirarlo su, con scarsi risultati.

Alla fine lo costrinse a fare un patto. «Ascoltami bene, Laio. Io ti giuro che se le cose si mettono male ci penserò io a salvarti. Ma tu devi promettermi che parlerai a tuo padre e lo convincerai a lasciarti fare quello che vuoi.»

Lui aveva annuito, sperando con tutto se stesso che Nihal mantenesse il suo giuramento.

Sennar era in ansia per Nihal, ma la prova non lo colse impreparato: sapeva da sempre che non si sarebbe fermata fino a quando non avesse assaggiato la polvere del campo di battaglia.

I mesi trascorsi nella Terra del Sole gli avevano fatto bene. Dopo gli orrori della guerra, poter finalmente vivere in pace era stato meraviglioso. Quella terra disordinata cominciava quasi a piacergli. Flogisto, poi, il mago sotto la cui guida aveva continuato a perfezionarsi, era un personaggio straordinario: un vecchietto dall’età indefinita, piegato in due dagli acciacchi e afflitto da una tendenza a dimenticare tutto. Gli anni erano passati su di lui lasciandogli in dono saggezza e capacità di capire gli altri.

Sennar imparò da lui pazienza, diplomazia, comprensione, empatia.

Poi fu pronto per entrare ufficialmente a far parte del Consiglio dei Maghi.

Per l’occasione venne organizzata una solenne cerimonia nel palazzo reale della Terra del Sole, con tanto di investitura, presentazione ufficiale all’alta società e faraonico banchetto finale. Tutti i cuochi del Palazzo furono impegnati per giorni nella preparazione del simposio e la grande sala centrale venne addobbata con cornucopie d’oro da cui fuoriuscivano frutti proveniente dai più remoti anfratti del Mondo Emerso, arazzi antichi e stoffe pregiate.

La nomina di un consigliere era un’occasione importante: a Makrat convennero non solo i maggiorenti della Terra del Sole, ma anche svariati rappresentanti dei regnanti di altre Terre. Senza contare i generali in alta uniforme e i curiosi, tutti vestiti in pompa magna, che non si lasciavano sfuggire nessuna occasione mondana.

Dopo infinite insistenze, Nihal riuscì a strappare a Raven il permesso di partecipare. Il giorno dell’investitura indossò i suoi abiti: le erano così mancati! Senza quell’orribile saio informe si sentiva bella come non mai.

Lucidò la spada fino a farla scintillare, si intrecciò i capelli con cura e si recò al palazzo reale con il sorriso sulle labbra.

Quando fece il suo ingresso nella sala centrale, sfavillante di luci e ridondante di stucchi e di affreschi, furono in molti ad ammutolire.

Tra dame eleganti, maghi in alta uniforme e ospiti di ogni grado di nobiltà, una ragazza in abiti da guerriero, con i capelli blu e l’incedere militaresco non passava inosservata.

Con tutti quegli occhi puntati addosso, Nihal si sentì improvvisamente fuori posto. Per la prima volta in vita sua desiderò un vestito da donna, una gonna lunga, una bella scollatura, dei gioielli. Accidenti. Ma che ci faccio qui?

Poi però vide Sennar.

Aveva i capelli lunghi e arruffati e non si era fatto la barba. Per di più, portava la sua vecchia tunica nera, quella della sua prima investitura, con l’occhio rosso ricamato sul petto. Avevano cercato in tutti i modi di convincerlo a togliersela.

«E perché mai? Questo non è un vestito, è la mia seconda pelle. E non è mia abitudine cambiarla come i serpenti!» aveva risposto.

Allora lo avevano scongiurato di legarsi i capelli, di farsi la barba, perché aveva l’aspetto di un naufrago, ma lui aveva riso: gli piaceva sovvertire certe stupide regole, e si divertiva un mondo a farlo ogni volta che poteva.