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Sennar batté con violenza i pugni sul tavolo che gli stava davanti.

Il generale aveva ragione.

Sennar si ritirò nella tenda che gli era stata allestita. Posò a terra una bacinella colma d’acqua e vi si sedette accanto.

Un incantesimo di localizzazione richiedeva la massima concentrazione. Il giovane mago iniziò a escludere tutti i rumori: le voci dei soldati, i fabbri al lavoro sulle armature devastate dalla battaglia, le urla e i comandi che si rincorrevano per il campo. Respirò profondamente, cercando di calmarsi. Dove sei, Nihal? Mosse lentamente le mani sopra la bacinella. Lascia che io ti veda.

Dopo qualche istante la superficie dell’acqua cominciò a incresparsi. Una figura ammantata di nero cavalcava su una piana. Dammi un segno. Dove sei? L’immagine svanì per un attimo. Nihal! Il volto della giovane mezzelfo rigato dalle lacrime apparve sullo specchio dell’acqua per sparire subito dopo. Nihal!

Sennar imprecò. Non riusciva a controllare le proprie emozioni. La preoccupazione per l’amica gli impediva di svuotare la mente e lasciar fluire liberamente la magia. La bacinella non gli avrebbe mostrato altro.

Quella sera stessa, ancora sconvolto, dovette avere un incontro con i vertici dell’accampamento e i Cavalieri di Drago per stabilire la linea da seguire nei futuri attacchi all’esercito del Tiranno.

Per lui fu particolarmente penoso: fin dal primo giorno aveva capito che i militari, vista la sua giovane età, non gli davano credito. Gli sguardi che gli indirizzavano lo irritavano: lo fissavano come fosse un pivello, e non appena interveniva scorgeva sempre sul volto di qualcuno degli astanti un’espressione di scherno.

Fu così anche in quell’occasione: una serata di interminabili discussioni in cui le sue parole cadevano nel vuoto.

Sennar partì dagli errori commessi sul campo di battaglia per proporre una serie di innovazioni tattiche. Non aveva ancora finito di parlare che già uno dei colonnelli lo interrompeva scuotendo la testa, con un sorriso di sufficienza stampato in faccia.

«Permettete, consigliere, ma voi non eravate presente, pertanto non potete conoscere l’esatto svolgersi dei fatti. D’altronde questa è la vostra prima esperienza di guerra. E non siete uno stratega. Ritengo che sarebbe più opportuno lasciar parlare noi, prima di lanciarvi con le vostre proposte.»

Fu solo l’inizio di un’infinita controversia che cominciò su toni cauti ma che finì per snervare Sennar e fargli perdere la pazienza.

Non servì a nulla dire che il confronto con gli strateghi l’aveva già avuto, che si era fatto una sua idea della situazione del fronte, che le sue proposte erano frutto di studio: i suoi consigli vennero sistematicamente scartati. Poi ci fu la classica goccia che fece traboccare il vaso della sopportazione di Sennar.

«Forse al momento non siete in grado di giudicare correttamente la situazione. Del resto, la fuga della vostra amica deve avervi colpito molto» insinuò con malizia uno dei presenti.

Sennar si alzò di scatto. «Per quanto mi riguarda, la riunione è chiusa.»

Andò via senza salutare nessuno.

Detestava quella situazione. Tra militari e Consiglieri c’era una continua lotta. Sennar aveva l’impressione sempre più netta che la posta in gioco fosse il potere: i soldati rivendicavano la loro fetta sostenendo che senza di loro l’intero Mondo Emerso sarebbe stato conquistato dal Tiranno, mentre i Consiglieri facevano leva sul fatto che le loro risoluzioni strategiche, e spesso anche la magia, erano state decisive in tante battaglie fondamentali.

Lui desiderava semplicemente liberare gli oppressi, riportare la pace in quel mondo, e vivere lui stesso in pace, ma la grettezza di alcuni membri del Consiglio e di molti militari lo disgustava.

Rientrò nella sua tenda e si sedette al tavolo.

Gli avevano portato del cibo, ma aveva lo stomaco serrato. Non riusciva a non pensare a Nihal. Se la immaginava a passare la notte all’addiaccio. Aveva voglia di vederla, così com’era solo un anno prima: contenta, vivace, piena di vita. Si domandò perché il destino si accanisse contro di lei. Si incupì ancora di più pensando che probabilmente non l’avrebbe mai più ritrovata.

Poi dall’ingresso della tenda fece capolino un viso. Sennar lo riconobbe immediatamente. E questo qui ora che vuole?

«Posso?» chiese Laio timidamente.

Il mago cercò di combattere l’antipatia che provava nei confronti di quel ragazzino. «Entra. Come ti è andata la prova?»

Laio si avvicinò al tavolo, intimidito. «Male, non l’ho superata. Se sono vivo lo devo a Nihal.»

Sennar non capiva cosa volesse da lui quel ragazzino. Una raccomandazione, forse? «Insomma, non sei diventato un guerriero. Mi dispiace, ma io non posso farci niente.»

Laio fece un profondo respiro. «È colpa mia se Nihal è scappata.»

Sennar si alzò facendo cadere la sedia su cui era seduto. «Che cosa significa?»

«La notte dopo la morte di Fen sono stato con lei. Era tanto triste, non parlava, non si muoveva. Non ho avuto la forza di dirle niente, quando lei invece aveva bisogno di qualcuno che la consolasse. Non sono stato neppure capace di restare sveglio. La mattina dopo non c’era più.»

Sennar tacque per un lungo istante, poi sospirò. «Non è colpa tua, Laio. Nihal è fatta così, quando sta male si chiude in se stessa. Se tu le avessi parlato, non ti avrebbe ascoltato. E sarebbe scappata anche se tu non ti fossi addormentato, credimi.»

«Ma io ero suo amico, e gli amici devono almeno essere capaci di consolare!»

«Ti ripeto che tu non hai nessuna colpa. Torna nella tua tenda, Laio, vai a dormire.»

Quando Laio si diresse a capo chino verso l’uscita, Sennar si rese conto che il ragazzino aveva passato tanto tempo con Nihal. Sentì una fitta di nostalgia per i giorni in cui lui e la sua amica erano una cosa sola, inseparabili. Non poteva lasciarlo andare via così.

«No, aspetta!» lo fermò. «Dimmi ancora di Nihal prima che partisse…»

Laio gli raccontò tutto: della battaglia, del coraggio che aveva dimostrato, di come lo aveva salvato e poi consolato a fine battaglia, quando si era sentito un incapace.

«Lei… lei è eccezionale, Sennar. Per questo sento che tornerà. Perché è forte, e non scappa così. Ha sempre voluto combattere. Tornerà, ne sono sicuro.»

Ascoltando quelle parole al mago sembrò quasi che Nihal fosse lì. «Che cosa farai ora?» chiese alla fine.

«Ci ho pensato molto, in questi giorni. Se non posso essere utile in battaglia, voglio almeno esserlo a chi combatte: ho deciso di fare lo scudiero.»

Sennar sorrise. «Sarai un ottimo scudiero. Ne sono certo.»

I due giovani si strinsero la mano, poi Laio uscì dalla tenda.

Sì, si disse il mago, Nihal sarebbe tornata: non per lui, né per altri, ma perché il dolore le dava una ragione di più per combattere.

Sennar e gli allievi partirono il giorno seguente portando con sé i corpi di Dhuval e Fen.

Il mago si fermò per un po’ davanti all’accampamento, nella speranza che Nihal li vedesse: voleva credere che fosse rimasta in zona e che, accorgendosi che portavano via il corpo di Fen, si sarebbe fatta viva.

Ma Nihal non comparve.

Per tutta la durata del viaggio Sennar scrutò la pianura, poi i boschi della Terra dell’Acqua e infine le periferie disordinate della Terra del Sole. Non poteva credere che Nihal si fosse arresa. Quella era una fuga, e Nihal non fuggiva.

Giunsero fino all’Accademia senza incontrarla.

Il mago sperava solo che la notizia della sparizione di Nihal non fosse ancora giunta. Il sommo Raven non sarebbe stato comprensivo come il generale dell’accampamento.

Sennar chiese udienza al Supremo Generale prima che fosse lui a convocarlo.

«Sono lieto che vi presentiate al mio cospetto, consigliere. È indispensabile iniziare a concertare da subito le azioni future…»

«Veramente non sono qui per questo.»