Nihal non sapeva perché, ma quella sera aveva voglia di parlare. «Io ho sempre saputo dove stavano il bene e il male, fin da piccola. Non ho mai pensato di fare altro che il guerriero.»
«Se c’è una cosa che ho imparato in anni di battaglie, Nihal, è che il bene e il male non stanno mai da una parte sola.»
Nihal scattò a sedere. «Ah, no? Io so solo che il Tiranno vuole distruggere il nostro mondo. E so cosa ha fatto. Ecco dov’è il male. Il sangue versato deve essere riscattato!»
Lo gnomo sbuffò e si coricò sull’erba. «Parli come certi soldatini boriosi…»
«Parlo come mi ha insegnato mio padre. È per lui che combatto, prima di tutto.»
«È lui che ti vuole guerriero?»
«È la sua morte che mi vuole guerriero.»
Ido non disse nulla, ma Nihal non si interruppe. L’argine era stato rotto e lei voleva solo parlare, parlare di tutto quello che non gli aveva mai raccontato: la fine della sua infanzia quel giorno a Salazar, la scoperta delle sue origini, il desiderio di vendetta…
Lo gnomo continuava a fumare in silenzio.
Nihal era certa che capisse: era un guerriero, non poteva non provare le stesse sensazioni.
Le parole le uscivano di bocca una dopo l’altra, la sua storia fluiva nel buio come un ruscello in piena.
«Il Tiranno ha sterminato il mio popolo, Ido. Sono stata trovata tra i corpi ancora caldi dei miei simili quando ero una neonata. Il sangue dei morti ha imbevuto la mia anima, e ora quel sangue lo rivoglio.»
Quando Nihal tacque, Ido si tolse la pipa dalla bocca e si levò a sedere. «Non c’è modo per riscattare chi è morto, Nihal. Non esiste al mondo un tesoro tanto prezioso da riscattare una singola vita. Ora rientriamo, si avvicina l’inverno e comincia a fare freddo.»
18
Il drago.
Il drago arrivò in un’enorme gabbia di ferro tra lo stupore generale della base. In genere i draghi per i novizi erano giovani e venivano trasportati da un cavaliere che fosse in grado di farsi accettare.
Quello invece viaggiava su un carro accompagnato da tre soldati.
Mentre Nihal si avvicinava ammirata alla gabbia, Ido lo osservò attentamente. Era una bestia splendida: forte e robusto, gli occhi rossi fiammeggianti e il manto di un verde smeraldo vivido come quello delle foglie novelle a primavera. Però…
«Come mai è rinchiuso?» chiese.
Uno dei soldati rispose con un’imprecazione. «Questa bestia è una maledizione!
Non si lascia avvicinare da nessuno. Ha quasi ucciso un cavaliere che aveva provato a montarlo, il bastardo.»
«Ha delle cicatrici.»
«Certo che le ha. Ha già combattuto» rispose un altro soldato. «Il suo padrone è morto in battaglia qualche tempo fa: è quel Dhuval, vi ricordate?»
Ido si sfregò la faccia e scosse la testa. «Nihal…»
La ragazza non staccò gli occhi dal carro. «Sì?»
«Si può sapere che accidenti hai fatto a Raven?»
Nihal si girò con aria interrogativa. «In che senso?»
«Questo drago ha già avuto un cavaliere, che è morto in battaglia: sai che cosa significa?»
Ma Nihal si era di nuovo persa a guardare il suo drago. «Come si chiama?» chiese a uno dei soldati.
«Il suo vecchio padrone lo chiamava Oarf.»
Ido alzò la voce. «Allora, mi ascolti o no?»
Nihal alzò gli occhi al cielo. «Sì, sì… ti ascolto…»
«Un drago a cui è morto il cavaliere non accetta la presenza di nessun altro umano. Solo un cavaliere esperto può riuscire a cavalcarlo e a combattere con lui.»
Nihal rivolse al suo maestro uno sguardo determinato. «E allora? Sono sopravvissuta alla distruzione di Salazar e ai fammin. Non sarà certo questo drago a fermarmi.»
Ido perse definitivamente la pazienza. «Bene. Vorrà dire che inizieremo oggi stesso» disse allontanandosi.
Se fosse stato per lei, Nihal avrebbe iniziato anche subito.
Andarono nell’arena quel pomeriggio.
Oarf stava al centro, immobile e assorto come se attendesse un attacco da un momento all’altro. Quando vide arrivare Nihal e Ido si mise in allerta e spalancò le ali con fare minaccioso. Erano enormi e nervose, le membrane sottili come carta, fragili e possenti al tempo stesso. Nihal rimase senza fiato: sembravano proprio quelle scolpite da Livon sulla sua spada.
Ido la fece sedere sugli spalti, al suo fianco. «Ora ascoltami bene, Nihal. Questo drago è diverso dagli altri. Ricordatelo sempre quando ti avvicini. Il suo cavaliere è morto, non ha più fiducia negli uomini.»
Nihal annuì concentrata.
«Tenterà di attaccarti. Tu non lo devi temere, sta’ dritta di fronte a lui come un guerriero davanti al nemico e non abbassare mai lo sguardo. Adesso vai.»
Nihal si alzò e prese ad avanzare.
Pensava che con Oarf sarebbe stato come con Vesa: l’avrebbe guardata storto per un po’ ma alla fine l’avrebbe lasciata avvicinare. Si sbagliava. Non appena iniziò ad accostarsi, Oarf agitò minacciosamente le zampe anteriori verso di lei.
Nihal arretrò.
Oarf continuava a ringhiarle contro.
Nihal riprovò una, due, decine di volte, ma il drago si faceva via via più aggressivo: la coda spazzava nervosa la terra battuta dell’arena e le narici fremevano.
All’ultimo tentativo si sollevò ruggendo, pronto a scagliarlesi contro.
Nihal si allontanò piena di rabbia. Ora ti faccio vedere io. Raggiunse il fondo dell’arena, si voltò verso Oarf, fece un profondo respiro e gli corse incontro urlando.
«Ferma! Così non otterrai niente: non ti puoi imporre a un drago!»
Nihal si fermò incespicando. Era esasperata.
«Ma che cosa devo fare? Io ho bisogno di lui, lo capisci?»
«Tu non hai bisogno di lui. Tu vuoi che lui sia il tuo compagno, il tuo alleato. Devi cercare di entrare in contatto con lui, sentire cosa prova. Concentrati.»
Allora Nihal fece appello alle sue arrugginite capacità di maga. In fin dei conti anche quel drago era figlio della natura con cui lei aveva stretto il patto anni prima.
Respirò profondamente. Tutto è uno e uno è tutto. Chiuse gli occhi. Tutto è uno e uno è tutto. Si concentrò. Tutto è uno e uno è…
I sentimenti del drago la travolsero come un’onda. Paura, odio, sofferenza, disprezzo. Un flusso di sensazioni che la colpì con la forza del pugno. Barcollò.
Ido la agguantò per un braccio un attimo prima che cadesse a terra. «Lo senti già?»
«Io… sì, mi sembra di sì. Sono stata educata un po’ alla magia…»
«Bene. Ti sarà di grande aiuto. Continua, ora. Cerca di rassicurarlo.»
Nihal riacquistò l’equilibrio e si aprì di nuovo alle emozioni di Oarf.
Sentì che la rabbia dell’animale era la sua stessa rabbia.
Il dolore di Oarf il suo stesso dolore.
Cercò di comunicare con lui, ma Oarf rispondeva con ostilità, timore, diffidenza.
Tentò ancora di avvicinarsi. Il ruggito della bestia risuonava per tutta la base, ma Nihal continuò ad avanzare tendendo le mani aperte. Sono con te. Sono come te.
Lo gnomo si alzò di scatto e si mise a correre. «Nihal!»
Ma Nihal non ascoltava. Anch’io ho perso tutto. Sono come te.
Oarf spalancò le fauci.
Ido si gettò su Nihal buttandola di lato.
La fiammata sfrigolò poco sopra le loro teste.
«Dove hai il cervello, ragazza? Entrare in contatto con lui non significa isolarti dal resto! Devi tenere sotto controllo la situazione!»
Ido si alzò scrollandosi la polvere di dosso e porse una mano a Nihal. «Riprova.»
Nihal tentò di nuovo, e poi ancora, e ancora, ma l’animale rispondeva solo con la violenza, senza aprire nessun tipo di contatto con la ragazza. Ido le dava consigli, la spronava a non desistere. E Nihal non desisteva.
Il pomeriggio passò così, mentre nell’arena si radunavano cavalieri, scudieri e soldati incuriositi dall’incontro tra la ragazza guerriero e il drago senza padrone.
All’ennesima fiammata di Oarf un giovane cavaliere si rivolse allo gnomo: «Ido, stai esagerando. Non ti pare il caso di fermarla?».