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Oarf abbassò la grande testa smeraldo e vide che dalle mani di Nihal proveniva una lieve luce rosata. Cercò di ritrarsi, perché non voleva l’aiuto di nessuno, ma lo fece con poca convinzione. Nihal gli si avvicinò di nuovo e riprese a curarlo.

Oarf continuò a guardarla. Da tempo nessuno lo trattava con tanto amore. Fu allora che il drago si aprì ai sentimenti di Nihal. Ne comprese la tristezza, lo smarrimento, il dolore. Sentì i suoi ricordi, percepì l’affetto che stava infondendo in quel gesto.

Nihal non era abbastanza esperta per mantenere un incantesimo di guarigione a lungo, ma quando smise la ferita non era più infetta. Si sedette a terra tutta sudata: quella piccola magia le era costata uno sforzo notevole.

Oarf la annusò incuriosito: come erano fragili le razze di quella terra…

Nihal abbozzò un sorriso e si alzò in piedi. «Mi devi la libertà, Oarf. Da oggi vedi di fare il buono.»

Per la prima volta Oarf ritornò spontaneamente al suo giaciglio.

Il giorno seguente entrò nell’arena di sua volontà.

Nihal gli si avvicinò e tese la mano verso di lui. Non aveva mai accarezzato un drago. Neppure Vesa si era mai lasciato toccare, sebbene ormai fosse abituato alla sua presenza.

Oarf si ritirò sdegnato.

«Ehi, come sarebbe? Ti ho liberato, ti ho curato… una carezza me la devi, Oarf!»

Il drago grugnì e scosse con vigore la testa.

«Su, vedrai che ti piacerà.»

Nihal allungò nuovamente la mano. Le tremava, perché era emozionata. Le dita sfiorarono la pelle di Oarf: era coriacea, umida, ma era piacevole al tocco.

Nihal appoggiò tutta la mano sul petto dell’animale e percepì immediatamente un pulsare ritmico, poderoso. La vita, era quella la vita. Iniziò a passare la palma sul fianco squamoso, con gesti sempre più ampi.

Oarf non si muoveva.

Sembrava in ascolto: nessuno lo aveva mai accarezzato.

Era dolce, era piacevole. Quella mano era piccola e fresca. E quella creatura era così gentile con lui. Eppure ne conosceva l’odio. L’aveva intuito fin dalla prima volta che l’aveva vista. Era un essere tenace, pieno di rancore e di tristezza. Come lui.

Forse si poteva davvero ritornare ad avere fiducia negli uomini. Aveva voglia di spiegare le ali e volare sfiorato dal vento, come aveva fatto tante volte da cucciolo…

«Anch’io ho sempre desiderato volare, sai?» disse Nihal mentre lo accarezzava.

Le piaceva il contatto con le squame.

Ora era davvero il suo drago.

Le sembrava incredibile avercela fatta: stava coccolando un drago. Il suo drago. E un giorno lo avrebbe cavalcato.

Per un istante Nihal ritrovò la parte di sé che aveva perduto nel rogo della sua città. Si sentì di nuovo libera e con tutta la vita davanti, una vita il cui sentiero non era ancora tracciato. Come ho fatto ad allontanarmi tanto da quel che ero?

Poi Oarf si sottrasse alle carezze, ma Nihal riuscì ugualmente a intravedere nei suoi occhi il barlume di un sentimento molto simile alla serenità.

Più tardi Nihal raccontò al suo maestro come era andata la giornata.

«Bene, Nihal. Sono contento di te.»

«Ora mi insegnerai a cavalcarlo, vero?»

Lo gnomo sbuffò una nuvola di fumo. Sembrava esitare.

Nihal era sulle spine. «Allora? Eh?»

Un’altra nuvola di fumo. Ido si tirò la barba, pensieroso, poi annuì. «Sì, penso che sia ora. Sono tre mesi che sei qui: abbiamo aspettato abbastanza.»

Nihal sentì un tuffo al cuore. Avrebbe cavalcato il suo drago. Avrebbe imparato a combattere come un cavaliere. Era quello che aveva sempre desiderato. E stava per realizzarsi.

Ido non condivideva lo stesso entusiasmo.

Si era affezionato a Nihal e più di tutto voleva aiutarla a liberarsi del dolore che aveva provato. Però sapeva anche che se non ci fosse riuscito avrebbe dovuto impedire che Nihal diventasse un Cavaliere di Drago. Era troppo concentrata sulla vendetta, troppo chiusa in se stessa per poter essere davvero utile all’esercito delle Terre libere.

Nella tecnica di combattimento Nihal aveva fatto grandi progressi, ma in battaglia continuava a essere accecata dalla furia. Finché non avesse imparato a battersi per qualcun altro e non solo per se stessa, sarebbe stata sempre un pericolo.

Ido sperava che prima o poi Nihal avrebbe iniziato a seguire davvero i suoi insegnamenti. Ma al tempo stesso sentiva di dover prendere una decisione.

Nelle due settimane successive Nihal passò tutti i suoi pomeriggi nell’arena. Parlava con Oarf, lo accarezzava, poi lo riportava nella scuderia e si occupava personalmente di dargli da mangiare.

Il drago si era abituato alle sue attenzioni e le accettava con un malcelato piacere: quella pulce di ragazza iniziava a piacergli, anche se non voleva darlo troppo a vedere.

Col passare dei giorni, però, Nihal si faceva sempre più impaziente e ogni volta che aveva modo di incrociare lo gnomo lo assillava.

«Domani cosa fai?»

«Vado al comando, Nihal.»

«Ah. Ancora?»

«Sì, Nihal.»

«Dopodomani?»

«Sono in un altro accampamento.»

«E quand’è che mi insegni a cavalcare?»

«Non lo so, Nihal.»

Ido era molto impegnato. A breve sarebbe scattata una grossa offensiva e lo gnomo ne era uno dei principali strateghi. Tra i consigli di guerra alla base e gli incontri con i generali e i cavalieri degli altri accampamenti, non aveva un attimo per lei.

«Se non hai tempo potrei provare da sola» azzardò una sera Nihal mentre mangiavano alla mensa.

Ido lasciò cadere il cucchiaio nella ciotola e la guardò dritto negli occhi. «Vedi di non metterti in testa strane idee: cavalcare un drago non è uno scherzo.»

«Lo so, però…»

«Chiuso l’argomento!»

Ma ormai l’idea era stata partorita.

La ragazza provò a resistere alla tentazione. Si fidava di Ido e ammirava la sua tranquillità, la sua sicurezza. Ma sempre più spesso si chiedeva perché aspettare. Lei aveva una missione da compiere. Stare lì ferma era una perdita di tempo.

Una mattina Nihal si svegliò e si recò nell’arena in anticipo rispetto al solito. Non sapeva perché era arrivata così di buon’ora, ma aveva sentito il bisogno di correre subito da Oarf. Era un inverno rigido, il freddo penetrava nelle ossa. Nihal si strinse nel mantello e si sedette sugli spalti ad aspettare.

Lo vide apparire a poco a poco dalla bruma, accompagnato dallo scudiero: la grande figura di Oarf avanzava con maestà.

Si prefigurò la mattinata: le solite chiacchiere, i soliti gesti, il solito tragitto fino alla scuderia e, per finire, la solita carrettata di carne fresca.

E se oggi…

Oarf continuava ad avanzare.

No, Nihal, lascia perdere. Ido si infurierebbe.

Oarf era sempre più vicino.

D’altra parte…

Nihal sentiva che tutto il suo corpo le chiedeva di innalzarsi sopra quella nebbia umida e volare lontano.

No, non posso. Non so neppure da che parte cominciare.

Poi una vocina le suggerì che non doveva essere poi tanto complicato: era montata su un drago già altre volte. Non da sola, certo, però in fin dei conti che differenza faceva?

Oarf le fu davanti e abbassò la testa imponente.

«Come va?» chiese Nihal mentre gli grattava il muso. Il respiro del drago le riscaldava le mani gelate.

Nihal iniziò ad accarezzarlo. Dopo due mesi di lotte, di passi falsi e tentativi, lei e Oarf avevano trovato finalmente l’intesa. Erano tutti e due pronti per quel passo.

«Che ne diresti di volare, oggi?»

Il drago la fissò con i suoi occhi rossi. Allontanò il muso dalla mano di Nihal.

Ora magari non vuole, ma è normale. Quando sarò in groppa sarà contento.

«Fammi salire, Oarf.»

Per tutta risposta Oarf iniziò a brontolare e a scostarsi da lei.

Ma ormai Nihal aveva deciso: quel giorno l’avrebbe cavalcato a qualsiasi costo. Alzò la voce: «Fermati!» ma Oarf affrettò il passo.

Nihal agì d’impulso: lo raggiunse di corsa, spiccò un balzo e gli si aggrappò a un fianco, arrampicandosi agilmente sulla sua schiena.