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Nihal si sentì intimidita sia dall’aspetto della zia sia da quella casa così diversa dalla rassicurante bottega di Livon.

«Siediti.»

Nihal obbedì. Anche Soana si sedette.

«Immagino che ti abbia mandato Livon.»

La ragazzina annuì.

«Ti ricordi di me?»

Nihal era sempre più confusa. Si erano già conosciute, allora!

«Quando tua madre è morta, per un po’ ho aiutato Livon a occuparsi di te. Ma è normale che non lo ricordi. Me ne sono andata che non avevi neppure due anni, e questi tempi bui non mi hanno permesso di starti accanto.»

Seguì qualche minuto di imbarazzato silenzio. Nihal avrebbe preferito avere a che fare con un perfetto estraneo, piuttosto che con una che l’aveva cresciuta quando era piccola; e poi quella donna era tanto bella da farla sentire a disagio. D’un tratto il motivo per cui era andata da lei le sembrò infinitamente stupido.

«Dimmi, Nihal. Che cosa ti ha portato da me?»

Nihal prese coraggio. «Ecco, io… sono venuta perché vorrei che tu mi addestrassi.»

«Capisco.»

«In realtà io vorrei diventare un guerriero, in futuro» si sentì in dovere di chiarire.

«Lo so. Livon mi parla molto di te.»

La cosa innervosì Nihaclass="underline" non sospettava neppure l’esistenza di quella donna e lei invece sapeva tutto.

«Però vorrei apprendere anche la magia perché credo che sia utile. Per un guerriero, intendo.»

Soana annuì impassibile. «E posso sapere come hai raggiunto questa consapevolezza?»

A Nihal la domanda parve sibillina, ma decise di rispondere con sincerità. Le raccontò tutta la storia, cercando però di colorare la verità in modo da farla apparire più accettabile. Ebbe nondimeno la curiosa impressione che quel che stava dicendo non risultasse affatto nuovo a Soana. Alla fine del racconto, la maga fu lapidaria.

«E non ti pare che questo sia un motivo quanto mai sciocco per apprendere la magia?»

Il tono era così duro che Nihal cominciò a rimpiangere la sua decisione.

«È importante che la tua motivazione sia forte, Nihal, perché lo studio della magia è arduo. Inoltre, il mago padroneggia grandi poteri ed è dunque indispensabile che sia saggio e usi le sue potenzialità per alti fini. Il Tiranno è tale proprio perché usa la magia per il male.»

Nihal tentò un’autodifesa: «Io non voglio conoscere la magia per il male o per un motivo stupido. Voglio solo essere un guerriero completo». In fondo, non era quasi la verità?

«Non sono del tutto convinta, ma voglio darti la possibilità di dimostrarmi che dici il vero. Fra poco arriverà qui Sennar».

Nihal sobbalzò sulla sedia. «Come Sennar?»

«È mio allievo. Voglio che tu gli stringa la mano e prometta di non esigere vendetta su di lui tramite la magia.»

Per Nihal fu come se nella stanza si fosse alzato un vento gelido: ecco perché Soana sembrava conoscere tutta la storia! Che stupida era stata! E sì che Sennar l’aveva detto che veniva dal limitare del bosco. Così quella serpe era stata nutrita in seno alla sua stessa famiglia.

Un dubbio atroce le si profilò nella mente, e con un filo di voce chiese: «L’hai mandato tu a sfidarmi?».

«E perché? Ho saputo di questa storia solo poco fa, quando Sennar me l’ha confessata. E comunque non mi metterei mai in mezzo a questioni di ragazzini.»

Nihal temette che la maga si fosse offesa. Era così difficile riuscire a capire cosa pensasse…

«Dovrebbe essere qui a momenti» disse Soana gettando uno sguardo fuori dalla finestra.

Nihal rimase sola con i propri pensieri. Certo, stringere la mano a Sennar era come accettare la sconfitta, e l’onore andava decisamente a farsi benedire. D’altra parte rifiutarsi equivaleva ad ammettere di aver raccontato a Soana una frottola.

Alla fine decise di accettare: avrebbe promesso, per il momento.

La sua vendetta se la sarebbe presa con comodo.

Sennar fece il suo ingresso carico di erbe di ogni tipo.

«Ho raccolto tutto quello che ti serviva, Soana. Spero che adesso mi perdon…»

La sorpresa gli fece morire la frase in gola, ma dopo un attimo di disorientamento esclamò con tono gaio: «Oh, ciao. Sei venuta a prendere la mia testa?».

«Ti sbagli, Sennar. Nihal è qui per diventare mia allieva e per rappacificarsi con te. Non è vero, Nihal?»

La ragazzina represse il disgusto e si preparò al supremo sacrificio. Si alzò in piedi riluttante, guardò Sennar dritto negli occhi e gli strinse con vigore la mano. «Nessun rancore, ho perso in un combattimento leale.»

E con questo l’amaro calice è stato bevuto fino in fondo, si disse.

«Bene. Meglio così. Vado a smistare le erbe» disse Sennar, e si ritirò dalla stanza con tutto il suo raccolto.

Nihal fece un profondo respiro e Soana finalmente le sorrise.

«Hai fatto la cosa giusta. Adesso puoi affrontare la prova.»

Una prova? Non era già una prova quella che aveva appena sostenuto?

Nihal sentì la sua decisione vacillare.

«Ma ne parleremo a suo tempo.»

Fu la maga stessa a cucinare. Dietro la casa c’erano un piccolo orto e qualche gallina.

Soana raccolse un po’ di verdura fresca e si mise a preparare una zuppa. Nihal stava a guardare: a vederla lì, intenta a tagliare zucchine, la zia sembrava una donna del tutto normale. L’unico momento di vera sorpresa fu quando Soana si avvicinò al focolare, stese una mano e mormorò qualche parola strana: la legna prese fuoco da sola.

«Accidenti! Saprò farlo anch’io?»

«Forse, Nihal. Forse.»

Il pranzo trascorse in silenzio. Soana sembrava a suo agio, ma Sennar non faceva altro che spostare gli occhi dalla ragazzina alla maga e viceversa, e Nihal teneva la faccia quasi immersa nella scodella.

Solo dopo aver mangiato l’atmosfera sembrò sciogliersi un po’.

Soana doveva aver capito che la presenza di Sennar metteva a disagio la sua ospite e lo mandò fuori a provare un incantesimo. Rimasero sole, sedute ai due estremi della tavola. Nihal avrebbe voluto sprofondare tanto si sentiva in imbarazzo. Mentre il silenzio del primo pomeriggio riempiva la casa, la maga iniziò a farle domande. D’un tratto sembrava molto interessata alla nipote e la ascoltava con interesse.

Nihal si disse che se voleva sapere qualcosa di più su sua madre, forse quello era il momento giusto. «Cosa sai di mia madre?»

«Non molto. È stata con noi così poco…»

«Papà non me ne parla mai.»

Soana parve non raccogliere. Era sempre così quando si parlava di sua madre. Ma perché, poi?

«A me basta anche solo sapere com’era, visto che a quanto pare ho preso tutto da lei.»

«Era molto giovane, più di tuo padre, e molto bella.» Soana parlava senza guardare la ragazzina, con lo sguardo perso verso la Foresta. «Morì che tu eri nata da pochi giorni.»

«E questi capelli, questi occhi? Queste cavolo di orecchie a punta?»

«Di persone con queste caratteristiche, come te e tua madre, ne nascono pochissime. Una ogni mille anni, si dice. Devi ritenerti fortunata.»

Soana sorrise, e la ragazzina si sentì di contraccambiare.

Passarono il resto del pomeriggio a parlare dell’infanzia di Soana e Livon a Salazar. Nihal si divertì molto. La maga era schiva e riusciva a controllare le proprie emozioni, però a tratti i sentimenti emergevano sul suo volto, che si colorava di tenerezza o di ilarità. In quei momenti Nihal riusciva a vedere quanto in realtà essa assomigliasse al fratello.

Sennar tornò che era già buio. Nihal e Soana avevano preparato la cena insieme. Fu buffo: quando si trattava di maneggiare una spada non aveva rivali, ma in cucina Nihal era un disastro.

A cena l’atmosfera di complicità che s’era instaurata fra zia e nipote parve spezzarsi: la maga non fece che parlare di arti magiche con Sennar e Nihal si annoiò. A quanto pareva Soana era disposta a lasciar trasparire qualcosa di sé solo in casi eccezionali.