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Ma a Eleusi non era sfuggito che la ferita era notevolmente migliorata. «Sei una maga…» mormorò.

«No, davvero. So solo qualche formula semplice. Sai, per un guerriero può essere utile, e allora…»

Nihal si accorse dell’improvvisa freddezza della donna. Da quando il Tiranno era salito al potere c’erano molti pregiudizi sui maghi.

Eleusi insistette per controllare la ferita: non necessitava più dei punti. Mentre tagliava con mano sicura il filo e lo sfilava dalla gamba di Nihal la guardava di sottecchi, indecisa se preoccuparsi di quell’ultima novità. Al termine dell’operazione sembrò essersi rasserenata. Guardò Nihal e le sorrise. «Sai cosa ti ci vuole adesso? Un bel bagno caldo! Anzi, vado a preparartelo subito.»

Un bagno caldo? Nihal si era sempre lavata nel modo più semplice: una secchiata di acqua gelida.

Eleusi si mise a trafficare. Uscì di casa e ne rientrò poco dopo con un enorme catino ramato, che spinse in camera sua. Poi si affaccendò intorno al focolare con una serie di pentoloni colmi d’acqua.

Quando tutto fu pronto, trascinò Nihal in camera. «Forza, cos’è quella faccia? Vedrai che dopo ti sentirai una regina!»

Nihal si spogliò davanti allo specchio. Da piccola aveva avuto un momento di grande curiosità per gli specchi: ci si rimirava e cercava di capire se quella bimba che vedeva al di là della lamina argentea fosse davvero lei e non un qualche folletto che la ingannava.

Si guardò con la curiosità di chi si vede per la prima volta. Osservò i muscoli compatti delle gambe, la pancia piatta, le braccia forti, frutto degli allenamenti con la spada e delle battaglie. Si stupì che il suo corpo fosse cresciuto tanto in fretta, quasi a sua insaputa, trasformandola in una donna: aveva belle forme e un seno forse un po’ abbondante, ma ben disegnato. Si avvicinò al riflesso del suo volto. Ho gli occhi troppo grandi. Però il colore le piaceva: era intenso e profondo. Provò a sorridere, ma in fondo al suo sguardo rimaneva una nota di tristezza.

Allungò una gamba per saggiare l’acqua: era piacevolmente calda. Entrò nella tinozza e si abbandonò alla sensazione del tepore che l’avvolgeva lentamente. Poi immerse anche la testa. I capelli blu le ondeggiarono intorno al volto. Forse era quella la vita.

Eleusi si stupì della richiesta di Nihal. «Prestarti un vestito? Certo. Comunque se vuoi i tuoi, sono puliti…»

Nihal arrossì fino alla punta delle orecchie. «È che… mi piacerebbe un vestito da donna…»

Eleusi le scoccò un sorriso entusiasta. «Ma certo! Un vestito da donna!»

Prese dalla cassapanca uno dei suoi abiti migliori, quello che metteva per andare con suo marito alle feste del villaggio. Poi aiutò Nihal a indossarlo: lei da sola non capiva neppure come si legassero i lacci del corsetto. La divisa che aveva portato fino allora era infinitamente più semplice: fissava il corpetto di pelle sul davanti, stringeva i lacci laterali del pantalone ed era fatta. Quel vestito invece aveva corsetto, sottogonna, gonna, grembiule… sembrava che la roba da mettere addosso non finisse più.

Quando Nihal si guardò allo specchio, si vide stranissima. Non sapeva se si piaceva o no.

«Allora?» le chiese Eleusi soddisfatta.

«Ho un po’ freddo alle gambe. E poi questa gonna pesa! Non riesco quasi a muovermi.»

Eleusi scoppiò a ridere. «È solo questione di abitudine, Nihal! Solo questione di abitudine!»

Quel giorno Nihal volle far divertire Jona.

Si sedettero sulla panca fuori dalla casa, la schiena appoggiata al muro, a godersi il pallido sole invernale, e Nihal gli mostrò qualche piccola magia che aveva imparato da piccola. Emise qualche innocuo lampo colorato, accese un ramoscello secco con uno schiocco di dita e per finire creò un piccolo globo luminoso. Lo tenne per un po’ sulla palma della mano, poi lo passò al bambino.

«È bellissimo! È bellissimissimo!» continuava a ripetere, fuori di sé dalla gioia.

Giocando con Jona, Nihal sentì una struggente nostalgia per Sennar: se l’avesse potuta vedere in quel momento, vestita da ragazza, a giocare con un bambino, forse l’avrebbe presa in giro. Ma sarebbe stato contento. Pregò con tutto il cuore che tornasse sano e salvo. Ora che non c’era, si rendeva conto di quanto avesse bisogno di lui. Di quanto gli volesse bene.

La sera, dopo che Jona fu andato a dormire, Nihal ed Eleusi restarono vicino al fuoco: la ragazza seduta per terra a guardare le fiamme, la donna su una sedia a dondolo a ricamare.

Fu Eleusi a rompere il silenzio. «Hai deciso cosa fare?»

«Sì» rispose Nihal, lisciandosi le pieghe della gonna e carezzandone la stoffa morbida, così leggera rispetto alla pelle della sua divisa.

«E…?» chiese Eleusi titubante.

«Resto per un po’.»

Eleusi depose il ricamo, le si avvicinò e la strinse a sé sorridendo.

22

Addio.

Tra le cure di Eleusi e gli incantesimi, Nihal si rimise in fretta. Volle subito rendersi utile: l’inverno si preannunciava duro e lei non voleva essere un peso. Insistette perché la donna le trovasse qualche compito, ma si rese presto conto di non saper fare quasi nulla.

Eleusi decise di insegnarle a impastare il pane.

«Farai tutto da sola, io ti do solo le indicazioni» disse, e le mise davanti gli ingredienti.

Fu un vero disastro: Nihal si infarinò da capo a piedi, rovesciò una brocca d’acqua per terra e la pagnotta rimase grumosa e mal lievitata.

Eleusi la convinse a infornarla lo stesso. Il risultato fu una focaccia bassa, dura e con un disgustoso sapore di lievito, ma le due donne si erano divertite un mondo. Stavano bene insieme: Nihal assaporava la normalità che le era sempre mancata, Eleusi non era più sola.

Una mattina decisero di uscire tutti insieme, Nihal, Eleusi e Jona, per andare al mercato. Nihal insistette per coprirsi: si fece prestare uno scialle, ci si avvolse la testa in modo che non fuoriuscisse neppure una ciocca di capelli e lo strinse per cercare di camuffare le orecchie. Poi si guardò allo specchio. Non male, Nihal. Non male. Da quel primo giorno in cui si era specchiata ci aveva preso gusto, e spesso si sorprendeva a sbirciarsi: non si capacitava ancora di quanto potesse essere femminile vestita in quel modo.

La piccola comitiva si incamminò nella neve. Jona era eccitatissimo: per lui il giorno di mercato era una festa, anche se da quando c’era la guerra gli scambi si erano molto ridotti.

«Quando ero una bambina» raccontò Eleusi «il fronte era ancora lontano e il mercato era davvero bellissimo: venivano venditori da altre Terre, l’aria del villaggio si riempiva del profumo delle spezie e anche d’inverno c’era un’infinità di merci diverse: stoffe, frutta, verdura, piccoli animali in gabbia… Mi dispiace che tu debba vederlo adesso…» La donna sospirò.

Nihal non rispose. Era tesa e avanzava a capo chino.

«Ehi, che ti succede?» le chiese l’amica.

«Niente, niente. Forse era meglio se restavo a casa…»

Eleusi la rassicurò: «Stai tranquilla e pensa a divertirti. Nessuno baderà a te».

Marciarono per un po’ in silenzio, e solo dopo un bel pezzo Nihal udì una risata soffocata alle sue spalle. Si voltò ed Eleusi tornò subito seria, ma sulle sue labbra rosse rimase un’ombra di divertimento. Nihal la guardò con aria interrogativa.

«Scusami. È che… cammini proprio come un uomo!»

Nihal si fermò. «In che senso?»

«Sì, insomma, vai a passo di marcia…»

Nihal si imbronciò. «Nell’esercito tutti camminano così.»

«Sì, certo. Non era una critica. Solo che è buffo.»

Poco dopo, Nihal si lasciò superare e finì in coda alla piccola carovana. Si mise a osservare con attenzione l’incedere di Eleusi. Non notava niente di diverso dal suo modo di camminare. Era così che camminava una donna?

«Eleusi! Aspetta, spiegami. Perché è buffo?»

«Be’, è che tu avanzi decisa, a passi larghi. E poi non ancheggi nemmeno un po’! Non te l’ha detto tua madre che ai ragazzi piace?» scherzò Eleusi.