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Guardava il cielo come se fosse solcato da draghi.

«Be’, per farla breve, io adoravo i draghi. E soprattutto sapevo comunicare con loro. Tutti sono convinti che solo un cavaliere possa parlare col suo drago, ma io ero in grado di comunicare con tutti i draghi, e giocavo coi loro piccoli.

Sapevo entrare in contatto con tutti gli animali. Un giorno, avevo otto anni, Soana passò nel nostro accampamento. Non so se ne sei al corrente, ma lei fa parte del Consiglio dei Maghi, che guida la resistenza al Tiranno. Sono ormai quasi quarant’anni che il Tiranno è in guerra con le Terra del Mare, dell’Acqua e del Sole…»

Nihal fece una faccia scandalizzata. «Lo so, cosa credi?»

«Oh, guarda che sei proprio permalosa!» la prese in giro Sennar. «Insomma, Soana mi notò e volle parlare con i miei: disse che in me vedeva un’enorme forza magica e che se mi avessero lasciato andare con lei avrebbe fatto di me un mago potentissimo. La decisione per i miei genitori non fu facile, ma alla fine permisero che io seguissi la maga. Del resto, un campo di battaglia non è il posto più adatto per un bambino. Per tutta la vita non avevo visto altro che armi, morti, feriti, miseria. All’inizio l’idea di stare con Soana non mi piacque neanche un po’. Poi però quando iniziai ad assaporare il gusto della pace, qui nella Terra del Vento, le cose cambiarono. Certo, mi mancavano mio padre, mia madre, mia sorella Kala… ma allo stesso tempo ero contento di non dover più vedere gli uomini intorno a me morire come mosche. Quando compii dieci anni Soana mi lasciò libero di scegliere: restare con lei e continuare l’addestramento o tornare a casa e dimenticare la magia.»

«E tu?»

«Io, prima di decidere, le chiesi di tornare nella Terra del Mare per rivedere la mia famiglia.»

Sennar si interruppe e trasse un profondo respiro.

«Quello che trovai fu terribile: la guarnigione di mio padre era stata praticamente spazzata via, quasi tutti quelli che conoscevo erano morti. Mio padre, mi dissero, aveva protetto con il suo corpo Parel, il cavaliere di cui era scudiero, salvandogli la vita.»

Sennar si fermò ancora. Nihal lo guardò senza parlare.

«Versai tutte le mie lacrime: cercarono di consolarmi dicendo che ero figlio di un eroe, ma a me cosa importava? Mio padre era morto, non l’avrei più rivisto.» La voce gli si incrinò. «Alla fine decisi: sarei tornato con Soana e avrei appreso la magia. Una volta diventato mago avrei messo il mio potere al servizio della pace e avrei combattuto contro il Tiranno, per mio padre e per tutti gli innocenti che questa guerra sta massacrando. Capisci ora perché me la sono presa con te? La guerra non è un gioco, è morte, e solo la pace può riscattarla.»

Nihal guardò Sennar con ammirazione: quel ragazzino le parve all’improvviso forte, maturo e saggio come un vero guerriero.

«Stupita, eh?» disse Sennar facendole l’occhiolino. «Credevi che fossi uno stupido qualunque venuto ad attaccar briga e invece ti trovi davanti un uomo vissuto, con la sua triste storia alle spalle.»

Risero entrambi.

«E tu? Parlami un po’ di te: perché vuoi fare il guerriero?»

Anche Nihal si gettò sull’erba. Sopra di lei il cielo srotolava tutto intero l’ordito delle stelle.

«Voglio fare il guerriero per vivere tante avventure. Voglio girare il mondo e conoscere popoli e genti. E poi mi piace combattere: quando ho un’arma in pugno mi sento al sicuro da tutto, mi sento forte. Quando combatto mi sembra di essere leggera come l’aria. Di essere libera. Non so per chi combatterò, ma so che la pace è bella per tutti, e allora forse combatterò per la pace. E poi voglio essere un guerriero per Livon, lui per me è tutto. Padre, madre, fratello.»

Sennar si rimise a sedere e guardò la ragazzina con affetto. «Stanotte sto qui con te, così potrai dormire tranquilla. Ma domattina me ne vado: devi o non devi sostenere una prova? Per cui ora cerca di dormire, che domani sarà una giornata faticosa.»

Nihal seguì il consiglio di Sennar e si coricò sul mantello che lui stesso le aveva approntato a mo’ di letto.

Si sentiva incredibilmente calma.

Prima di scivolare nel sonno ringraziò ancora Sennar, ma già dormiva quando lui le rispose: «E di che cosa? Siamo soli in questa terra, e possiamo andare avanti solo aiutandoci. Dormi bene Nihal» e le tirò la coperta sulle spalle.

5

Sogni, visioni e spade.

Era in una terra mai vista, ne era sicura, eppure la sentiva come patria. Si trovava in una grande città e si muoveva con disinvoltura tra le sue mille strade. Un’enorme quantità di gente, un continuo via vai, un caotico sottofondo di voci e rumori. Benché fosse circondata da una moltitudine di persone, non riusciva a distinguere nessun volto. Forse era in compagnia di qualcuno.

In fondo a una strada piuttosto larga vedeva una torre di cristallo, accecante al sole del mattino. Alta, bianchissima, sembrava elevarsi fino a sfiorare il cielo.

All’improvviso la gente che la circondava iniziò a urlare.

Sul selciato si stese un’immensa macchia nera. Sembrava inchiostro. Guardò meglio. Era sangue. Vermiglio, denso, viscoso. Sangue che copriva ogni cosa, tingendo il paesaggio e la torre.

Un baratro senza fondo si spalancò ai suoi piedi e lei iniziò a cadere. Urlò con quanto fiato aveva in gola.

Precipitava con furia verso il fondo, ma sapeva che il fondo non c’era e che la caduta sarebbe stata eterna. Mentre cadeva, nella testa le rimbombavano lamenti, urla, pianti strazianti di bambini. Vendicaci! Riscatta il nostro popolo! Non voleva ascoltare, ma le voci la incalzavano, la tormentavano. Uccidilo! Distruggi quel mostro!

Poi, rapidamente come era giunta, quella visione di morte si dissolse.

Nihal si trovò a volare sulle ali di un drago. Il vento le solleticava il volto e si sentiva libera. Indossava un’armatura nera e aveva i capelli molto corti. Dietro di lei c’era Sennar. Sentiva di averlo ritrovato dopo lungo tempo ed era felice, poiché in qualche modo era legata a lui.

L’immagine si dissolse in un bianco accecante.

Nihal sbatté le palpebre. Era la mattina di un’altra splendida giornata di sole, e lei era ancora nella piccola radura. Aveva sognato, dunque. Ma chi era quella gente? Che cosa gli era successo? E perché lei cavalcava un drago? Con Sennar, poi! Forse si stava facendo troppe domande: in fin dei conti, era solo un sogno.

Si stiracchiò, si levò a sedere e il rumoroso sbadiglio che stava facendo si mozzò a metà, lasciandola senza fiato. La radura era gremita di creature grandi poco più di una mano. Avevano capigliature di mille colori e le svolazzavano intorno sbattendo le loro fragili ali iridescenti.

Nihal non poteva credere a quel che vedeva. Sto ancora sognando, si disse, e strizzò gli occhi un paio di volte.

Uno di quegli esserini le si parò davanti, la scrutò con i suoi occhi blu privi di pupilla, quindi si allontanò un po’. «Sei un’umana?» le chiese.

Nihal ci mise un attimo a rispondere: «Sì che lo sono».

«Strano, me li ricordavo diversi, gli umani. Mica con le orecchione come noi!»

«A me sembra identica a un…» ribatté uno più lontano. «Hai capito chi intendo, no?»

«Impossibile! Non ce ne sono più» fece eco un altro.

Un terzo si unì alla discussione. «E già. Il Tiranno li…»

«Silenzio!» urlò quello davanti a Nihal, e tutti tacquero. «Può essere che sia un umano. Ci sono tanti di quegli umani strani nella Terra del Vento!»

Nihal si era parzialmente ripresa dallo stupore. «Chi sei tu? E tutti questi altri… cosi, come te? Che cosa ci fate qui?»

Quello fece una faccia stizzita. «Signorina, piano con le parole. Non siamo “cosi”. Siamo folletti. Io mi chiamo Phos e sono il capo della comunità della Foresta. E qui ci abitiamo, se non ti dispiace. Tu, piuttosto? Voi umani non avevate paura della Foresta?»

«Io sono Nihal e vengo da Salazar. Sono qui perché voglio diventare maga. Devo superare una prova.»