«Mi trovavo benissimo in America» riprese Katarina dopo un po’. «Voi pensate di vivere in un paese meraviglioso, ma non avete la minima idea di quanto lo sia. Avrei voluto tanto rimanere, ma i soldi stavano per finire. Cominciai a cercare un modo per rimanere qui e seppi da una donna di questo sito Internet, nel quale inserisci il tuo nome e gli uomini ti scrivono. Ma non vogliono una puttana, mi disse quella donna. Allora mi inventai quella storia della fattoria e, quando qualche uomo si metteva in contatto con me, gli davo un indirizzo e-mail. Tre mesi dopo ho conosciuto Verne.»
Lui sembrava sempre più abbattuto. «Mi stai dicendo che durante tutto il tempo che ci siamo scritti…?»
«Ero in America, sì.»
Verne scosse il capo. «Ma c’è almeno una cosa vera tra le tante che mi hai raccontato?»
«Le cose che contavano erano tutte vere.»
Lui era tutt’altro che convinto.
«E Pavel?» le chiese Rachel, cercando di riportarla sull’argomento che ci stava a cuore. «Dove andò?»
«Non lo so. A volte tornava a casa, questo lo so, per assoldare ragazze da portare qui e prendersi la sua provvigione. Ogni tanto si metteva in contatto con me, e se aveva bisogno di qualche dollaro glielo davo. Niente di particolare, insomma. Fino a ieri.»
Katarina sollevò lo sguardo sul marito. «I bambini saranno affamati.»
«Possono aspettare.»
«Che cos’è successo ieri?» le chiese Rachel.
«Pavel mi telefona nel tardo pomeriggio per dirmi che ha bisogno di vedermi subito. La cosa non mi piace, gli chiedo che cosa vuole, lui mi risponde di non preoccuparmi, me l’avrebbe spiegato appena arrivato qui. E io non sapevo che cosa dire.»
«Non potevi dirgli di no?» esclamò Verne.
«Non potevo.»
«Perché?»
Lei non rispose.
«Ah, capisco, temevi che mi raccontasse tutto. Non è così?»
«Non lo so.»
«Come sarebbe a dire che non lo sai?»
«È vero, ero terrorizzata all’idea che ti dicesse tutto.» Ancora una volta Katarina alzò lo sguardo verso il marito. «Ma allo stesso tempo pregavo perché te lo dicesse.»
Rachel tentò di riportarla sulla questione principale. «Che cos’è successo quando è arrivato suo fratello?»
Alla donna vennero le lacrime agli occhi.
«Katarina?»
«Ha detto che aveva bisogno di portare Perry con sé.»
Verne sbarrò gli occhi.
Il petto di Katarina prese a sobbalzare, come se le mancasse l’aria. «Gli ho detto di no, che non gli avrei permesso di toccare i miei bambini. Lui mi minacciò di dire tutto a Verne, gli risposi che non m’importava, che non gli avrei dato Perry. E lui allora mi tirò un pugno allo stomaco. Caddi e lui mi promise che avrebbe riportato a casa il bambino di lì a qualche ora, mi giurò che non sarebbe successo nulla a nessuno se avessi tenuto la bocca chiusa. Ma se avessi chiamato Verne o la polizia, lui avrebbe ucciso Perry.»
Verne, rosso in viso, serrò i pugni.
«Cercai di fermarlo, di rialzarmi, ma Pavel mi ributtò giù. E poi…» e la voce le si spezzò «poi salì in auto e se ne andò. Con Perry. Le sei ore successive sono state le più lunghe di tutta la mia vita.» Mi lanciò un’occhiata colpevole e capii che cosa stava pensando: lei era vissuta nel terrore sei ore, io ci vivevo da un anno e mezzo.
«Non sapevo che fare. Mio fratello è cattivo, lo so, ma non potevo credere che fosse capace di fare del male ai miei figli. Era il loro zio.»
Pensai a mia sorella Stacy, e nelle sue parole in difesa del fratello riconobbi le mie in difesa di mia sorella.
«Sono rimasta tutto il tempo accanto alla finestra. Non riuscii a resistere e, verso mezzanotte, lo chiamai al cellulare. Mi disse che stava tornando e che Perry stava bene, non era successo nulla. Si sforzava di essere allegro, ma il suo tono di voce non mi convinse. Gli chiesi dove si trovava, rispose che era sulla Route 80 nei pressi di Paterson. Non ce la facevo a rimanere in casa ad aspettarlo e gli dissi che lo avrei incontrato a metà strada. Preparai Verne Junior e uscimmo. Arrivati alla stazione di servizio dell’uscita per Sparta…» Guardò il marito. «Perry stava bene e non puoi immaginare il mio sollievo.»
Lui guardò da un’altra parte, tormentandosi il labbro inferiore tra pollice e indice.
«Prima di tornarmene a casa, Pavel mi afferrò per un braccio, tirandomi verso di lui. Solo allora mi accorsi di quanto fosse spaventato. Disse che non avrei mai dovuto raccontare a nessuno ciò che era successo. E aggiunse che se quelli avessero saputo di me, se avessero scoperto che lui aveva una sorella, ci avrebbero uccisi tutti.»
«Quelli chi?» le chiese Rachel.
«Non lo so, quelli per i quali lavorava, quelli che compravano i bambini, immagino. Ha detto che erano pazzi.»
«E lei allora che cosa ha fatto?»
Katarina aprì la bocca, la richiuse, poi tentò di nuovo. «Sono andata al supermercato» rispose, emettendo un suono che si sarebbe potuto scambiare per una risata. «Ho comprato ai bambini del succo di frutta e gliel’ho lasciato bere mentre facevo altri acquisti, volevo fare qualcosa di normale per mettermi, come dire, tutto dietro le spalle.»
Katarina alzò nuovamente gli occhi sul marito, io seguii il suo sguardo e mi sorpresi di nuovo a studiare quell’uomo. Dopo un momento lui le parlò.
«Non ti preoccupare» le disse, con la voce più gentile che avessi mai udito. «Eri spaventata, sei stata spaventata tutta la vita.»
Lei cominciò a singhiozzare.
«Non devi avere più paura, okay?»
Le si avvicinò e la prese tra le braccia. Lei vi si rannicchiò dentro. «Lui diceva che si sarebbero vendicati su di noi, su tutta la nostra famiglia.»
«Io vi proteggerò» le disse Verne con la massima semplicità. Poi mi guardò, sempre stringendosi contro la moglie. «Hanno preso il mio bambino, minacciato la mia famiglia. Capito che cosa sto dicendo?»
Feci cenno di sì.
«Quindi ora sono con te fino a quando non sarà tutto finito.»
Notai una smorfia sul volto di Rachel; teneva gli occhi chiusi. Non sapevo quanto avrebbe potuto resistere e le andai vicino, ma lei sollevò una mano. «Deve aiutarci, Katarina. Dove viveva suo fratello?»
«Non lo so.»
«Ci pensi. Ha nulla di suo, qualcosa che possa farci risalire alle persone per le quali lavorava?»
Katarina si staccò dal marito, che le carezzò i capelli con un misto di tenerezza e di forza che gli invidiai. Mi chiesi se avrei avuto il coraggio di fare lo stesso con Rachel. «Pavel era appena arrivato dal Kosovo» ci informò Katarina. «E non tornava mai a mani vuote.»
«Pensa cioè che sia venuto con una donna incinta?» le chiese Rachel.
«È sempre stato così.»
«Sa dove portava queste donne?»
«Nello stesso posto dove sono stata io appena arrivata in America, a Union City. Volete che quella donna vi dia una mano, vero?»
«Sì.»
«Allora dovrò venire con voi, perché quasi sicuramente lei non parla la vostra lingua.»
Guardai Verne. «Con i bambini rimango io» disse subito lui.
Per qualche attimo nessuno si mosse. Dovevamo recuperare le forze, prepararci come se stessimo per entrare in un’area priva di gravità. Ne approfittai per uscire e telefonare a Zia, che rispose al primo squillo.
«I poliziotti potrebbero intercettarci, quindi telefonate brevi» disse.
«Okay.»
«È venuto a trovarmi a casa il nostro amico detective Regan, secondo lui tu te ne saresti andato dall’ospedale con la mia auto. Allora ho telefonato a Lenny, che mi ha consigliato di non confermare o smentire nessuna delle loro affermazioni. Il resto puoi immaginarlo.»
«Grazie.»
«Sii prudente.»