«Esatto.»
«Che cosa significano gli asterischi e quegli altri simboli?»
«Una cosa alla volta. Guarda la strada che hanno fatto: prima hanno puntato verso nord, oltre il Tappan Zee, poi a ovest, quindi a sud e di nuovo a ovest. Alla fine sono tornati verso est per poi dirigersi a nord.»
«Cercavano di guadagnare tempo.»
«Proprio così, è andata come dicevamo. Ci stavano preparando la trappola davanti a casa tua. Ora rifletti un attimo. Finora abbiamo pensato che un loro informatore all’interno della polizia li avesse messi al corrente della microspia, giusto?»
«Allora?»
«Nessuno quindi sapeva della microspia finché tu sei rimasto in ospedale. Questo significa che almeno all’inizio del pedinamento non sospettavano che li stavamo seguendo.»
«Okay» dissi, anche se non ero sicuro di avere capito bene dove volesse andare a parare.
«La bolletta del telefono la paghi via computer?» mi chiese.
La domanda mi lasciò per un attimo sconcertato. «Sì.»
«Questo significa che ti arriva sul computer il dettaglio delle telefonate, no? Ti basta collegarti per vedere quali numeri hai chiamato. E probabilmente è possibile anche l’operazione contraria, cioè cliccando sul numero puoi sapere a chi corrisponde.»
Era proprio così.
«Bene, ho guardato l’ultima bolletta telefonica di Denise Vanech.» Sollevò una mano. «Non ti preoccupare, anche quest’operazione è abbastanza facile. Harold probabilmente ci sarebbe riuscito forzando il sistema, se avesse avuto tempo, ma con le conoscenze giuste oppure pagando è più semplice. E adesso con l’addebito via Internet è ancora più facile.»
«Harold ti ha mandato la bolletta della Vanech?»
«Sì, e la signora fa un bel po’ di telefonate. Per questo c’è voluto del tempo, abbiamo dovuto esaminarle, trovare i nomi e poi gli indirizzi.»
«Ed è saltato fuori un nome in particolare?»
«No, un indirizzo. Ho controllato se ha mai telefonato a qualcuno che abita in una via di quel tortuoso itinerario.»
Capii dove voleva arrivare. «Ed è andata proprio così, immagino.»
«Meglio ancora. Ti ricordi quando si sono fermati davanti al Centro uffici MetroVista?»
«Certo.»
«Il mese scorso Denise Vanech ha telefonato sei volte allo studio legale di un certo Steven Bacard.» Rachel mi indicò un asterisco che aveva segnato sulla cartina. «E questo studio ha sede al MetroVista.»
«Un avvocato?»
«Harold sta cercando di saperne di più, ma ancora una volta sono andata su Google. E il nome Steven Bacard compare con una certa frequenza.»
«A che proposito?»
Rachel sorrise. «È un avvocato specializzato in adozioni.»
«Santa madre di Dio!» esclamò Verne.
Provai ad assimilare quella notizia. Nel mio cervello cominciarono a suonare numerosi campanelli d’allarme, ma non capivo bene che cosa significassero. Katarina tornò al nostro tavolo e Verne la informò della scoperta. Ci stavamo avvicinando alla verità, lo sapevo, ma mi sembrava di andare alla deriva. Il mio cellulare suonò, anzi per la precisione quello di Zia. Guardai il numero sul display, era Lenny. Fui tentato di non rispondere, ricordando le raccomandazioni di Zia: ma lui sapeva che c’era la possibilità di essere intercettati, era stato proprio lui a mettere in guardia la mia socia.
Premetti il tasto verde.
«Lasciami parlare» esordì Lenny, prima ancora che potessi dire: “Pronto”. «Voglio subito mettere in chiaro, nel caso qualcuno ci stia ascoltando, che questa è una conversazione tra avvocato e cliente e di conseguenza gode di particolare tutela giuridica. Non dirmi dove ti trovi, Marc, non dirmi nulla che possa mettermi nella condizione di dover mentire. Capito?»
«Sì.»
«Il tuo viaggetto ha dato dei frutti?» mi chiese.
«Non nel senso che intendi tu, quel frutto che cercavamo non l’abbiamo trovato, o almeno non ancora. Ma ci siamo vicini.»
«Posso esserti d’aiuto?»
«Non credo. Anzi sì, aspetta un momento.» Mi ero ricordato che ogni volta che mia sorella era stata arrestata, Lenny si era occupato di lei, le aveva fatto insomma da consulente legale. «Stacy ti ha mai detto nulla a proposito di adozioni?» gli chiesi.
«Non ti seguo.»
«Ha mai pensato di dare un bambino in adozione, ti ha mai parlato comunque di adozioni?»
«No. C’entra qualcosa con il rapimento di Tara?»
«Può darsi.»
«Non ricordo nulla del genere. Ascolta, è possibile che ci stiano ascoltando e quindi lasciami dire perché ti ho telefonato. Hanno trovato vicino a casa tua il cadavere di un uomo con due pallottole nella testa.» Lenny sapeva che conoscevo già tutta la storia, e capii che me lo stava raccontando solo a beneficio di eventuali intercettatori. «Non l’hanno ancora identificato, ma hanno trovato l’arma del delitto nel giardinetto dietro la casa dei Christie.»
La cosa non mi sorprese, Rachel aveva previsto che avrebbero fatto trovare la pistola da qualche parte.
«Il fatto, Marc, è che si tratta della tua vecchia pistola, quella scomparsa da casa tua. Hanno già fatto l’esame balistico. A sparare a te e a Monica erano state due calibro 38 diverse, ricordi?»
«Sì.»
«Ebbene, quella pistola, la tua pistola, è una delle due che sono state usate quella tragica mattina.»
Chiusi gli occhi. “Che c’è?” mi chiese Rachel muovendo soltanto le labbra.
«Ora ti lascio» riprese Lenny. «Guarderò tra le mie carte per vedere se c’è qualcosa che riguardi Stacy e le adozioni, se vuoi.»
«Grazie.»
«Tu fai attenzione.»
Riattaccò. Raccontai a Rachel la storia della pistola e dei test balistici e lei prese a mordicchiarsi il labbro inferiore, un tic che aveva già quando stavamo insieme. «Questo significa quindi che Pavel e soci sono senza dubbio coinvolti nella tragedia in casa tua» osservò.
«Avevi ancora qualche dubbio?»
«Fino a poche ore fa sospettavamo che si trattasse di una messinscena, ricordi? Pensavamo che questa gente sapesse abbastanza da poter fingere di avere Tara in modo da spillare denaro a tuo suocero. Ora sappiamo che non è così, questi sono gli stessi che sono venuti in casa tua e ti hanno portato via la bambina.»
La spiegazione aveva una sua logica, ma c’era qualcosa che ancora non quadrava. «E adesso che cosa facciamo?» le chiesi.
«La mossa più logica sarebbe quella di andare a fare una visita a questo avvocato Steven Bacard» disse lei. «Il problema è che non è chiaro se lui sia il capo o soltanto uno della banda, per quello che ne sappiamo il cervello potrebbe essere Denise Vanech e Bacard solo un gregario. Oppure sono tutt’e due agli ordini di qualcun altro. Se ci presentiamo da lui, Bacard potrebbe chiudersi a riccio: è un avvocato, sa come ci si muove in certi casi.»
«Che cosa consigli di fare, allora?»
«Non lo so ancora. Forse sarebbe il caso di chiamare i federali, di fargli fare una bella irruzione nello studio di Bacard.»
Scossi il capo. «Ci vorrebbe troppo tempo.»
«Potremmo convincerli a muoversi in fretta.»
«Quanto in fretta, ammesso e non concesso che ci credano?»
«Non lo so, Marc.»
Non mi piaceva come si stavano mettendo le cose. «Supponi che Denise Vanech abbia avuto qualche sospetto. Supponi che Tatiana si spaventi e richiami la Vanech. Supponi che ci sia effettivamente un infiltrato nella polizia. Esistono troppe incognite, Rachel.»
«Secondo te, allora, che cosa dovremmo fare?»
«Attaccare su due fronti» le risposi, in pratica senza pensarci su. C’era un problema e io all’improvviso avevo trovato la soluzione. «Tu ti occupi di Denise Vanech, io di Steven Bacard. Ci organizziamo in modo da muoverci in contemporanea.»
«È un avvocato, Marc, non gli tirerai fuori nulla.»