«Sarebbe la tua ex ragazza?»
«Sì.»
«Tu tieni ancora la sua foto nel cassetto della scrivania e Monica sapeva anche questo. Conservi i ricordi di lei.»
Chiusi gli occhi, mentre mi tornava in mente quel CD di Steely Dan nell’auto di Monica. Musica dei tempi del college, musica che avevo ascoltato con Rachel. «Quindi si è rivolta a un investigatore privato per scoprire se avevo una storia» proseguii. «E l’investigatore ha scattato quelle foto.»
Dina fece cenno di sì con il capo.
«Quindi lei adesso ha una prova, sto per lasciarla perché ho un’altra donna. Sosterrò che è mentalmente instabile, che non è in grado di fare la madre. Io sono un medico stimato e Rachel ha molte conoscenze tra le forze dell’ordine, io e la mia ex avevamo quindi molte probabilità di farci dare la custodia dell’unica ragione di vita per Monica: Tara.»
Dina si alzò dal tavolo, andò a sciacquare un bicchiere nel lavandino e lo riempì d’acqua. Ripensai a ciò che era accaduto quella mattina. Perché non avevo sentito la finestra andare in frantumi? Perché non avevo sentito il campanello della porta? Perché non avevo sentito qualcuno entrare?
Semplice. Perché non era entrato nessuno.
Gli occhi mi si riempirono di lacrime. «Monica allora che cos’ha fatto, Dina?»
«Lo sai, Marc.»
Strizzai gli occhi.
«Non pensavo che avrebbe fatto una cosa del genere» proseguì Dina. «Credevo che stesse facendo una scena, sai? Monica era talmente avvilita. Quando mi chiese se potevo procurarle una pistola, pensai che volesse uccidersi. Mai avrei immaginato…»
«Che mi avrebbe sparato?»
L’aria si era fatta all’improvviso pesante, mi sentii oppresso, spossato. Ero troppo stanco per versare altre lacrime, ma dovevo sapere tutta la storia. «Hai detto che ti ha chiesto di aiutarla a trovare una pistola?»
Dina si asciugò gli occhi e fece cenno di sì con il capo.
«E tu l’hai aiutata?»
«No, non avrei saputo nemmeno da dove cominciare. Mi disse che tu tenevi in casa un’arma, ma tua moglie cercava una pistola dalla quale non avrebbero potuto risalire a lei. Si rivolse quindi all’unica persona di sua conoscenza che avesse dei giri abbastanza equivoci da poterla aiutare.»
Capii. «Mia sorella.»
«Sì.»
«E Stacy le trovò una pistola?»
«No, non credo.»
«Perché?»
«La mattina in cui vi hanno sparato Stacy era venuta da me. Monica e io eravamo andate insieme da Stacy, capisci, e quindi tua moglie aveva fatto il mio nome a tua sorella. Lei venne a chiedermi perché Monica avesse bisogno di una pistola, ma io non glielo dissi, anche perché non ero affatto sicura del motivo. Stacy si allontanò di corsa e io fui colta dal panico. Avrei voluto chiedere al dottor Radio consigli sul da farsi, ma avevo appuntamento con lui nel pomeriggio e quindi pensai che potevo anche aspettare.»
«E poi?»
«Non so ancora adesso che cos’è successo, Marc, è la verità. Ma so che è stata Monica a spararti.»
«Come lo sai?»
«Mi spaventai e telefonai a casa vostra, rispose Monica in lacrime. Mi disse che eri morto, ripeteva: “Che cos’ho fatto, che cos’ho fatto!”. Poi improvvisamente ha riagganciato. L’ho richiamata, ma non ha risposto nessuno e non sapevo proprio che cosa fare. Poi ho sentito in televisione la notizia, e quando hanno detto che la vostra bambina era scomparsa… Non capii. Pensavo che l’avrebbero ritrovata subito e invece nessuno l’ha più vista. E non ho più saputo nulla di quelle foto. Speravo, non so, che scoprendo, con il mio aiuto, quelle foto sarebbe saltata fuori la verità su ciò che era veramente avvenuto. E non tanto per voi due, ma per vostra figlia.»
«Perché hai aspettato tanto tempo?»
Chiuse per un momento gli occhi e pensai che stesse pregando. «Ho attraversato un bruttissimo periodo, Marc. Due settimane dopo il tuo ferimento sono stata ricoverata per un esaurimento nervoso, ed ero così conciata male che avevo dimenticato ciò che era successo. O forse volevo dimenticare, non lo so.»
Il mio cellulare squillò, era Lenny. Risposi.
«Dove sei?» mi chiese.
«Con Dina Levinsky.»
«Vai all’aeroporto di Newark, Terminal C. Subito.»
«Che succede?»
«Credo…» Poi s’interruppe per prendere fiato. «Credo di sapere dove possiamo trovare Tara.»
44
Quando arrivai al Terminal C trovai Lenny al check-in della Continental. Erano le sei di sera e l’aeroporto brulicava di passeggeri esausti. Lui mi porse il biglietto anonimo che gli era arrivato in ufficio, sul quale si leggeva:
Tutto qui. Soltanto nome e indirizzo. Nient’altro.
«Ho già fatto qualche ricerca, è una cittadina nei pressi di St Louis» mi spiegò.
Continuavo a fissare quel biglietto.
«Marc?»
Sollevai lo sguardo.
«Diciotto mesi fa i Tansmore hanno adottato una bambina di sei mesi.»
«Il prossimo, prego» disse alle sue spalle l’impiegata della Continental. Una donna mi passò davanti con una leggera spinta, forse si era anche scusata ma non ci giurerei.
«Ho prenotato due posti sul primo aereo per St Louis, parte tra un’ora.»
Arrivati al gate gli riferii del mio colloquio con Dina Levinsky. Ci sedemmo l’uno accanto all’altro, come facciamo spesso, con lo sguardo fisso davanti a noi. «Ora hai una teoria» commentò alla fine.
«Ce l’ho.»
Osservammo un aereo che decollava. Una coppia di anziani seduta di fronte a noi stava divorando delle patatine Pringles. «Sono un cinico, lo so, e sui drogati non mi faccio illusioni; li giudico sempre peggio di quello che sono. Come ho fatto con mia sorella.»
«In che senso?»
«Stacy non mi avrebbe sparato e non avrebbe mai fatto del male alla sua nipotina. Era una tossicomane, ma mi voleva bene.»
«Credo che tu abbia ragione.»
«Se penso al passato mi rendo conto di essere stato talmente chiuso nel mio mondo da non avere mai notato…» Scossi il capo, non era ancora il momento di fare certe considerazioni. «Monica era disperata» proseguii. «Non riusciva a procurarsi una pistola e alla fine ha deciso che non c’era bisogno di cercarla.»
«E così ha usato la tua» disse Lenny.
«Sì.»
«E poi?»
«Stacy deve avere capito ciò che stava per succedere, è corsa a casa mia e ha visto quello che aveva combinato sua cognata. Non so come sia andata esattamente, forse Monica ha tentato di sparare anche a Stacy, e questo spiegherebbe il foro di proiettile accanto alle scale. O forse mia sorella ha reagito: mi voleva bene, mi ha visto sul pavimento in un lago di sangue e ha creduto che fossi morto. Non so bene perché, ma Stacy era venuta armata e ha sparato a Monica. Al telefono mi hai detto che Stacy conosceva Bacard?»
«Sì, mi aveva fatto il suo nome.»
«Ancora una volta non sono sicuro di come siano andate le cose. Ma prova a pensarci. Io sono morto, Monica è morta e Stacy probabilmente stava andando fuori di testa. Tara piange e lei non può lasciarla lì, quindi se la porta via, ma poi si rende conto di non essere in grado di allevare una bambina, è troppo incasinata mentalmente. Allora si rivolge a Bacard perché le trovi una famiglia per bene oppure, al peggio, gliela cede in cambio di soldi. Non lo sapremo mai.»
Lenny annuiva.
«Da quel momento in poi ciò che è successo più o meno lo sappiamo. Bacard decide di guadagnarsi un bel po’ di soldi fingendo il rapimento e si rivolge a quei due pazzi, era l’unico in grado di procurarsi il campione di capelli della bambina. Ha fatto il doppio gioco con Stacy e l’ha incastrata, per poi farla uccidere.»