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O forse la risposta la conoscevo già?

Desideravo tanto riavere la mia bambina. Ma volevo anche che questo sentimento fosse corrisposto, che non si trattasse soltanto di me o dei miei desideri.

Tara mi era sembrata così felice.

Si era fatta mezzanotte. Tornai a guardarmi allo specchio. E se la cosa giusta da fare fosse lasciare la bimba con Abe e Lorraine? Avrei trovato il coraggio e la forza di andarmene? Continuai a guardarmi allo specchio, quasi volessi sfidarmi. Ce l’avevo quel coraggio e quella forza?

Mi sdraiai di nuovo e forse mi addormentai, trasalendo poi quando udii bussare alla porta. L’orologio digitale accanto al letto segnava le 5.19 del mattino.

«Sto dormendo» bofonchiai.

«Dottor Seidman?»

Era una voce maschile.

«Dottor Seidman, mi chiamo Abe Tansmore.»

Andai ad aprire la porta. Da vicino Abe era un bell’uomo, il tipo alla James Taylor per intenderci. Indossava dei jeans e una camicia marrone scuro. Gli guardai gli occhi, erano azzurri ma cerchiati di rosso: come i miei, sicuramente. Rimanemmo a lungo a fissarci, io cercai di parlare senza riuscirci. Allora mi feci da parte e lo lasciai entrare.

«È passato a trovarci il suo avvocato, e…» Abe s’interruppe, deglutendo «… e ci ha raccontato tutto. Lorraine e io siamo rimasti svegli tutta la notte, ne abbiamo parlato, abbiamo pianto. Ma credo sapessimo fin dall’inizio che era una sola la cosa da fare.» Abe Tansmore tentava di farsi animo, ma stava cominciando a perdere colpi. Chiuse gli occhi. «Dobbiamo restituirle sua figlia.»

Non sapevo che cosa dire, scossi il capo. «Dobbiamo fare ciò che è meglio per la bambina.»

«È quello che sto facendo, dottor Seidman.»

«Diamoci del tu, per favore.» Era una fesseria quella che avevo detto, lo so, ma non ero ancora preparato a quella novità. «Se è una lunga causa giudiziaria a preoccuparti, Lenny non avrebbe dovuto…»

«No, non è per questo.»

Rimanemmo qualche minuto in piedi, poi gli indicai la sedia. Lui scosse il capo e mi guardò. «Per tutta la notte ho cercato di immaginarmi quanto abbia sofferto, Marc, ma non credo di esserci riuscito. Credo che esistano posti in cui non ci si può avventurare se non si ha esperienza e forse questo è uno di quei posti. Ma se io e mia moglie abbiamo preso questa decisione non è per lenire la tua sofferenza, anche se ci rendiamo conto che dev’essere terribile, e nemmeno perché ci riteniamo colpevoli di ciò che è successo. Ripensandoci, forse avremmo dovuto porci subito certe domande. Ci eravamo rivolti al signor Bacard, ma si trattava di tirare fuori qualcosa come centomila dollari e io non sono ricco, non potevo permettermelo. Poi, qualche settimana dopo, è stato il signor Bacard a telefonarci perché aveva una bambina da sistemare immediatamente. Non era una neonata, disse, la madre l’aveva appena abbandonata. Sapevamo che qualcosa non quadrava, ma lui ci disse subito che se la volevamo dovevamo prendercela senza fare tante domande.»

Distolse lo sguardo e io osservai il suo viso. «Dentro di me, forse, l’ho sempre saputo e lo stesso vale per mia moglie, anche se non abbiamo mai avuto il coraggio di parlarne. Ma nemmeno questo è il motivo della nostra decisione.»

Inghiottii a vuoto. «Qual è, allora?»

Fissò i suoi occhi nei miei. «Non si può commettere qualcosa di sbagliato per un giusto motivo.» Devo essergli sembrato confuso. «Se Lorraine e io non le restituiamo la bambina significa che non siamo adatti ad allevarla. E noi vogliamo che Natasha sia felice, che sia una brava persona.»

«Forse siete gli unici in grado di crescerla bene.»

Scosse la testa. «Non è così che va, i figli non si danno ai genitori che sono capaci di allevarli meglio. È un giudizio, questo, che non spetta né a me né a te. Non sai quanto ci costi, questa decisione: o forse sì, invece.»

Mi voltai, cogliendo il mio riflesso nello specchio. Durò un secondo, o forse meno, ma fu sufficiente. Vidi l’uomo che ero, vidi l’uomo che avrei voluto essere. «Voglio che alleviamo la bambina tutti insieme, io e voi due» dissi a Abe.

Lui era sbalordito, e anch’io. «Credo di non capire» disse.

«Nemmeno io. Ma è quello che faremo.»

«Come?»

«Non lo so.»

Abe scosse di nuovo la testa. «Non può funzionare, lo sai.»

«No, Abe, non lo so. Sono venuto per riportare a casa mia figlia, ma ho scoperto che forse è già a casa. È giusto che la porti via da qui? Voglio che nella sua vita ci siate anche voi, e non dico che sarà facile. Ma oggi i bambini vengono cresciuti da genitori single, da patrigni o matrigne, da famiglie adottive. Ci sono divorzi e separazioni e sa Dio che altro. Noi amiamo questa bambina e il nostro sistema funzionerà.»

Vidi la speranza riaffacciarsi sul volto scavato di quell’uomo, che per qualche secondo non riuscì ad aprire bocca. «Lorraine è giù nella hall» disse poi. «Posso andare a parlarle?»

«Certamente.»

Stette via poco tempo. Udii bussare alla porta e quando l’aprii Lorraine mi gettò le braccia al collo. Anch’io l’abbracciai, per quanto fosse la prima volta che incontravo quella donna, i suoi capelli odoravano di fragole. Dietro di lei c’era Abe, che teneva in braccio Tara addormentata. Mi si avvicinò e delicatamente mi restituì mia figlia. La presi tra le braccia e nel mio cuore scoppiò un incendio. Tara si mosse leggermente e prese ad agitarsi. «Shh, shh, dormi tesoro» le sussurrai, cullandola.

Lei mi si rannicchiò contro e si riaddormentò.

46

Tutto ricominciò ad andare storto quando guardai il calendario.

Il cervello umano è un sorprendente miscuglio di elettricità e chimica: scienza pura, a pensarci bene. Capiamo di più e meglio ciò che avviene nel cosmo piuttosto che i curiosi percorsi del cervello, del cervelletto, dell’ipotalamo, del midollo allungato e di tutto il resto. E, come nel caso di ogni composto pericoloso, non sappiamo come reagirà in presenza di un certo catalizzatore.

C’era più di un particolare che mi induceva a riflettere. La questione dell’informatore nella polizia, per esempio. Io e Rachel avevamo dato per scontato che nella polizia o nell’FBI ci fosse qualcuno che raccontava a Bacard e soci delle nostre mosse. Ma se a uccidere Monica era stata Stacy, questa teoria non stava in piedi. Per non parlare del fatto che mia moglie era stata trovata nuda. Forse ora capivo il perché, ma certo Stacy non si sarebbe mai sognata di spogliare sua cognata.

Ma il vero catalizzatore fu il calendario, nel momento in cui, guardandolo, mi resi conto che era mercoledì.

La tragedia in casa mia era successa di mercoledì. In quei diciotto mesi c’erano stati ovviamente moltissimi mercoledì. Un giorno della settimana è qualcosa di abbastanza innocuo: ma adesso, dopo aver saputo certe cose, dopo che il mio cervello aveva elaborato tutti quei nuovi dati, alcune caselle vuote cominciarono a riempirsi. Tutti quei piccoli interrogativi, quei piccoli dubbi, tutte quelle idiosincrasie, tutti quei momenti che avevo dato per scontati senza darmi la pena di esaminarli… tutti modificarono leggermente la propria fisionomia. E ciò che vidi fu addirittura peggio di quanto avessi immaginato.

Ero tornato a Kasselton, a casa mia, dove tutto aveva avuto inizio.

Mi serviva una conferma e telefonai a Tickner.

«A me e a mia moglie hanno sparato con due calibro 38, vero?» gli chiesi.

«Sì.»

«Ed è certo che si trattasse di due pistole diverse?»

«Sicuro.»

«E una delle due era la mia Smith and Wesson?»

«È una cosa che sa già, Marc.»

«Avete già ricevuto tutte le perizie balistiche?»

«Quasi tutte.»

Mi inumidii le labbra preparandomi alla domanda successiva, nella speranza folle di sbagliarmi. «Contro chi ha sparato la mia pistola: me o Monica?»

Lui si fece evasivo. «Perché adesso mi fa questa domanda?»