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«Curiosità.»

«Già, giusto. Aspetti un momento.» Lo udii scartabellare dei fogli ed ebbi l’impressione che la gola mi si potesse chiudere da un momento all’altro. Stavo per riattaccare. «Sua moglie.»

Quando sentii l’auto che si fermava davanti a casa mia, riattaccai. Lenny girò la maniglia e aprì la porta, senza bussare. Ma lui non bussava mai.

Me ne stavo seduto sul divano, la casa era silenziosa, tutti i suoi fantasmi dormivano. Lui teneva in mano due bicchieri di Slurpee e sfoggiava un gran sorriso. Mi chiesi quante volte avevo visto quel sorriso. Me lo ricordavo più simile a un ghigno, me lo ricordavo con l’apparecchio ortodontico. Me lo ricordavo insanguinato, dopo che Lenny aveva sbattuto contro un albero scendendo insieme a me su uno slittino lungo il pendio dietro la casa dei Goret. Ripensai alla volta in cui, facevamo la terza elementare, Lenny saltò sulla schiena di Tony Merruno, un bambino grande e grosso che voleva picchiarmi: ora ricordo che in quella circostanza Tony Merruno gli mandò in pezzi gli occhiali, ma non credo che Lenny se la prese più di tanto.

Lo conoscevo così bene. O forse non lo conoscevo affatto.

Quando Lenny mi guardò, il sorriso scomparve dal suo volto.

«Quella mattina, Lenny, dovevamo andare a giocare a racquetball, ricordi?»

Lui posò sul tavolo i bicchieri.

«Tu non bussi mai ma apri direttamente la porta, come hai fatto adesso. Che cos’è successo allora quella mattina, Lenny? Sei venuto a prendermi, hai aperto la porta.»

Prese a scuotere la testa, ma ormai lo sapevo.

«Le due pistole, Lenny. È questo che ti ha tradito.»

«Non so di che cosa tu stia parlando.» Ma nella sua voce non c’era convinzione.

«Pensavamo che Stacy non fosse riuscita a procurare a Monica una pistola, che mia moglie cioè avesse sparato con la mia. Non è andata così invece, sai. Ho appena controllato le perizie balistiche. È buffo, non mi hai mai detto che a Monica avevano sparato con la mia pistola, e a me invece con l’altra.»

«E allora?» Lenny si era trasformato nell’avvocato. «Questo non significa nulla, forse Stacy gliel’aveva trovata davvero una pistola.»

«Ed è stato così, infatti.»

«E allora i conti tornano.»

«Spiegami come.»

Cambiò posizione. «Forse Stacy aveva procurato a Monica una pistola. Monica ti spara con quest’arma e quando, dopo pochi minuti arriva Stacy cerca di sparare anche a lei.» Lenny si avvicinò alle scale come per darmi una dimostrazione di quanto stava dicendo.

«Stacy corre su, Monica spara e questo spiegherebbe il foro di proiettile.» Mi indicò con il dito il punto con il foro riempito di stucco. «Stacy va in camera da letto, prende la tua pistola, ridiscende e spara a Monica.»

Lo guardai. «È così che è andata, Lenny?»

«Non lo so. Voglio dire, potrebbe essere andata così.»

Attesi un momento, lui si girò dall’altra parte. «C’è un particolare» dissi.

«Quale?»

«Stacy non sapeva dove tenevo la pistola e non sapeva nemmeno la combinazione della cassetta di sicurezza.» Mi avvicinai a lui di un passo. «Tu invece lo sapevi, Lenny, perché era lì che tenevo tutte le mie carte legali. Ti avevo affidato tutto. Ora quindi voglio la verità. Monica mi ha sparato, tu sei arrivato e mi hai visto sul pavimento. Pensavi che fossi morto?»

Lenny chiuse gli occhi.

«Fammi capire, Lenny.»

Lui scosse lentamente la testa. «Tu credi di amare tua figlia, ma non hai idea di che cosa significhi. L’amore cresce giorno dopo giorno e più passa il tempo più il tuo legame con un figlio si fa stretto. L’altra sera, tornando a casa dallo studio, ho trovato Marianne che piangeva perché alcune bambine l’avevano presa in giro a scuola. Sono andato a letto con il cuore pesante e mi sono reso conto in quel momento che posso essere felice solo come il mio figlio più triste. Capisci che cosa intendo dire?»

«Dimmi che cos’è successo quella mattina.»

«In pratica hai capito tutto. Arrivai a casa tua e aprii la porta, Monica parlava al telefono e aveva in mano la pistola. Corsi verso di te, non riuscivo a crederci, ti tastai il polso ma…» Scosse di nuovo la testa. «Monica prese a urlarmi dietro, diceva che non avrebbe permesso a nessuno di portarle via la sua bambina. Mi puntò la pistola contro. Cioè, Cristo, ero certo che stavo per morire. Allora rotolai sul pavimento e poi salii di corsa le scale. Ricordavo che tenevi una pistola di sopra. Lei mi sparò.» Indicò di nuovo il foro nel muro. «È li che si è conficcato il proiettile.»

Si fermò a prendere fiato. Attesi.

«Ho preso la tua pistola.»

«Monica ti ha inseguito su per le scale?»

La sua voce si era fatta dolce. «No.» Poi cominciò a battere le palpebre. «Forse avrei dovuto tentare di telefonare, forse sarei dovuto scappare. Non lo so. Ci ho pensato e ripensato centinaia di volte, cercando di immaginare quello che avrei dovuto fare. Ma sul pavimento c’era il mio migliore amico, morto, e quella maledetta pazza gridava che si sarebbe portata via tua figlia, la mia figlioccia. Mi aveva già sparato una volta e non sapevo che cosa avrebbe potuto fare.»

Distolse lo sguardo.

«Lenny?»

«Non lo so che cos’è successo, Marc. Davvero non lo so. Sono sceso senza farmi sentire, lei stringeva ancora la pistola…» La sua voce si affievolì lentamente.

«E quindi le hai sparato.»

«Non volevo ucciderla o, almeno, non credo. Ma all’improvviso eravate tutt’e due morti, a terra. Stavo per chiamare la polizia, ma poi mi sono reso conto che le apparenze erano contro di me. Avevo sparato a Monica da un’angolazione insolita e quelli avrebbero potuto sostenere che quando l’ho colpita mi stava dando le spalle.»

«Pensavi che ti avrebbero arrestato?»

«Naturalmente, la polizia mi odia, sono un penalista di successo e faccio assolvere i miei clienti. Secondo te, che cosa sarebbe accaduto?»

Non risposi. «Il vetro della finestra l’hai rotto tu?»

«Sì, dall’esterno, in modo che sembrasse che l’assassino era entrato da lì.»

«E hai spogliato Monica?»

«Sì.»

«Per lo stesso motivo?»

«Sapevo che sui suoi abiti, ci sarebbero state tracce di polvere da sparo e gli investigatori avrebbero scoperto che lei aveva sparato, mentre io volevo che pensassero a un solo assalitore. Mi sono quindi sbarazzato dei suoi abiti e le ho pulito la mano con una salviettina umidificata.»

Ecco un altro particolare rimasto oscuro fino a quel momento, Monica nuda voglio dire. A spogliarla poteva essere stata Stacy, per depistare la polizia, ma non ce la vedevo mia sorella ad architettare un trucco del genere. Lenny il penalista ce lo vedevo invece, eccome.

Stavamo per arrivare al punto cruciale e lo sapevamo entrambi. «Parlami di Tara.»

«Era la mia figlioccia, volevo proteggerla.»

«Non capisco.»

Lenny spalancò le braccia. «Quante volte ti avevo chiesto di fare testamento?»

Ero confuso. «E questo che cosa c’entra?»

«Pensaci un attimo. Nei momenti più difficili, da quel giorno, tu hai fatto affidamento sulla tua esperienza di chirurgo, giusto?»

«Credo di sì.»

«Io faccio l’avvocato, Marc, e anch’io mi sono affidato alla mia esperienza. Tu e Monica eravate morti, nella stanza accanto Tara piangeva disperatamente e io, Lenny l’Avvocato, ho immediatamente realizzato ciò che sarebbe accaduto.»

«Che cosa?»

«Tu non avevi fatto testamento, non avevi nominato un tutore. Non capisci? Questo significava che la bambina sarebbe stata affidata a Edgar.»

Lo guardai in faccia. Non ci avevo pensato.

«Tua madre si sarebbe opposta, ma contro i soldi di tuo suocero non avrebbe avuto speranza. Oltretutto aveva tuo padre da accudire e sei anni prima era stata condannata per guida in stato di ebbrezza. La bambina sarebbe andata a Edgar.»