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Ma ripenso anche alla faccetta curiosa del piccolo Conner quel giorno all’incontro di calcio. Ripenso a Kevin che giocava nella squadra, ai capelli di Marianne che sapevano di cloro dopo l’allenamento di nuoto. Ripenso a quanto si fosse fatta bella Cheryl dopo quelle quattro gravidanze.

Poi guardo mia figlia, al sicuro con me. Tasha mi sta ancora guardando. Nel pacco in effetti c’è un regalo del suo padrino. Mi viene in mente la prima volta che incontrai Abe, alle cinque del mattino all’Hotel Marriott. Mi disse che non bisogna fare la cosa sbagliata per un motivo giusto, e io ci riflettei su a lungo prima di decidere come comportarmi con Lenny.

Alla fine comunque ci ho messo una pietra sopra.

A volte però confondo i due termini di quell’equazione. È la cosa sbagliata per la ragione giusta, che non bisogna fare, o il contrario? Oppure è lo stesso? Monica aveva bisogno di amore e per questo mi aveva ingannato e si era fatta mettere incinta. E tutto ha avuto inizio da lì. Ma se non l’avesse fatto ora non starei a guardare la creatura più splendida del mondo. È la ragione giusta? O quella sbagliata? Chi può dirlo?

Tasha piega la sua testolina e mi guarda arricciando il naso. «Papà?»

«Non è nulla, tesoro» le dico sottovoce.

Lei fa spallucce. Rachel solleva lo sguardo e nei suoi occhi leggo la preoccupazione. Allora prendo il pacco e lo vado a mettere sulla mensola più alta dell’armadio. Poi richiudo l’anta e prendo mia figlia tra le braccia.

RINGRAZIAMENTI

L’autore (quanto mi piace, gente, parlare di me in terza persona) vorrebbe ringraziare per la consulenza tecnica le seguenti persone: il dottor Steven Miller, primario di Pronto soccorso pediatrico al Children Hospital del New York Presbyterian, Columbia University; Christopher J. Christie, procuratore degli Stati Uniti per lo stato del New Jersey; la dottoressa Anne Armstrong-Coben, direttore medico del Covenant House Newark; Lois Foster Hirt, R.D.H.; Jeffrey Bedford, FBI; Gene Riehl, FBI (in pensione); Andrew McDade, cognato straordinario ed eclettico. Eventuali errori sono da attribuire a loro e soltanto loro. Dopo tutto gli esperti sono loro, o no? Perché mai dovreste prendervela con me?

Voglio anche ringraziare Carole Baron, Mitch Hoffman, Lisa Johnson e tutti gli amici del Dutton and Penguin Group (USA); Jon Wood, Susan Lamb, Malcolm Edwards, Anthony Cheetham, Juliet Ewers, Emily Furniss e tutti quelli della Orion; e i sempre affidabili Aaron Priest, Lisa Erbach Vance, Maggie Griffin e Linda Fairstein.

A proposito, un grosso ringraziamento a Katharine Foote e Rachel Cooke per avermi messo in condizione di scavalcare l’ultimo ostacolo.

FINE