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«Ehm, attlevey,» dissi. Mi sentivo molto estranea. Ho già detto che i circoli stanno diventando terribilmente esclusivi e quello era un magnifico esempio.

«Attlevey,» cantilenarono tutti, guardandomi come se fossi spuntata inaspettatamente dallo scarico a vuoto o qualcosa del genere.

«Sei il nuovo matrimonio di Lorun, non è vero?» mi chiese la cocca con il corno, in tono carognesco. Capivo benissimo che le sue lunghissime unghie non avevano solo funzione decorativa.

«Oh, pensavo che l’ultimo fossi ancora tu,» disse un’altra femmina, che aveva gli occhi tutti blu e mani a otto dita… altre unghie pericolose. Beh, ecco.

«Mi dispiace,» dissi, dolcemente. «Io sono la nuova, con un caratteraccio e irrefrenabili tendenze omicide.»

«Oh, davvero!» esclamarono: ma avevano ancora l’aria un po’ preoccupata.

Lorun sembrava ignaro di tutto, un po’ come Hergal, sebbene nessuna delle femmine prevalentemente femmine del mio circolo, come Thinta e me, fosse atroce quanto quelle lì.

«Allora andiamo,» disse Sarl, senza badarmi, come se mi considerasse indegna del suo disprezzo. «Non perdiamo altro tempo.»

Perciò uscimmo dal parco galleggiante dove c’eravamo incontrati. Passammo per una successione di ponti fluttuanti e di strade mobili, terrìbilmente complicate, che dovevano far parte del divertimento o non so cosa. Io diventai sempre più tosky, e alla fine dissi agli altri di aspettarmi un momento. Andai a rubare tre catenelle di madreperla e d’ambra, che mi avvolsi con disinvoltura intorno ai fianchi. Mi sentii un po’ meglio, ma gli altri brontolarono per il ritardo, poiché non si rendevano conto delle mie Esigenze Neurotiche, il che forse era un bene.

Lorun li fece tacere semplicemente guardandoli e dicendo, con voce sommessa e soave: «Silenzio, voi, thalldrap a due occhi.»

Mi sentii gratificata, e anche un po’ irritata, senza capire bene il perché. Comunque, non molto più avanti dovemmo camminare con le nostre gambe: ci avvicinavamo agli avamposti di Quattro BOO. Gli avamposti, lì, hanno dei nomi, oltre alle lettere dell’alfabeto. Quello dove volevamo andare si chiamava Dulsa D.

«Ci siamo!» annunciarono quando arrivammo sulla piattaforma di roccia, alla base di milioni di rampe di scale non mobili. L’avamposto era un piccolo cubo azzurrognolo, situato nei pressi di una delle entrate della cupola. Ci avviammo alle porte di vetroghiaccio e prememmo il pulsante di chiamata. Io cominciai a sentirmi veramente nervosa, poi mi accorsi che mi faceva piacere esserlo, e allora tornai mortalmente calma e smisi di provare piacere, il che fu un vero peccato. In Dulsa D lampeggiarono delle luci rosee. Una voce ci chiese cosa volevamo.

«Emergenza!» strillammo con voci piene di panico. Sinceramente, pensai, se la Commissione si preoccupasse di quei piccoli disastri, programmerebbe i robot degli avamposti perché si rendessero conto che non ci può mai essere una situazione d’emergenza, solo un branco di stupidi Jang che cercano di entrare per combinare un pasticcio. Suppongo che la spiegazione sia questa. La Commissione non si preoccupa affatto. Com’è deprimente, non essere in grado di preoccupare qualcuno, anche se ti impegni al massimo.

Naturalmente, appena le nostra urla di terrore arrivarono all’interno, le luci rosee divennero rosse; le solite dieci porte si aprirono e si chiusero dietro di noi, in successione, ed entrammo a passo di carica, gridando. Talvolta ci sono due robot, talvolta uno solo. Questa volta ce n’erano quattro. Superfluo aggiungere che eravamo entusiasti all’idea di menar le mani.

Lorun e Sarl e l’altro maschio agguantarono il robot più vicino e lo scaraventarono contro quello che stava dietro, poi sedettero sulla massa metallica che si dibatteva e strapparono le spine. Tre femmine aggredirono un altro e lo atterrarono con funi di perle di crystallize, mentre la cocca con il corno ed io ci scoprimmo improvvisamente compagne d’armi e assaltammo l’ultimo. Trovai la spina dello smantellamento, mentre lei rovistava con il corno nei circuiti elettrici dei riflessi.

Ci congratulammo reciprocamente, raggianti, e ci avviammo verso i comandi. Ma per la verità, pensai, non si può mai far molto, tranne creare un lieve tremito nei raggi della barriera, che lascia entrare per circa due split un po’ di vere intemperie o di terremoto o qualcosa del genere. Comunque, noi non ci pensavamo, ed eravamo convinti di essere temerari e tremendi, di sovvertire il sistema. Guardammo gli schermi, e vedemmo tre montagne molto ooma che cominciavano a eruttare tutte insieme, riversando la lava verso di noi.

«Via!» gridò Lorun, e tutti cominciammo a sfasciare in giro tra i pulsanti e le manopole, con zampe esperte.

E poi ci ritrovammo sul pavimento. Quattro BOO aveva sussultato con forza. Le onde si stavano già riallacciando, tutto intorno, ma un po’ di quella lava sarebbe riuscita a passare. E poi qualcosa mi colpì. Non era pioggia, o cenere, o un fremito del terreno, di cui gli edifici della città possono ridere. Questo era magma rovente, doloroso, mortale. A Quattro BEE i vulcani sono meno numerosi e meno attivi. Non credo che riusciremmo mai a fare entrare la lava a Quattro BEE, se ci provassimo. Ma cercare di combinare le cose in modo che la lava fosse la portata principale del menù… Mi sentii orribilmente, all’improvviso, agghiacciata e nauseata.

«Qualcuno si brucerà,» dissi a Lorun, rendendomi conto all’improvviso di aver capito molto meglio degli altri ciò che stava succedendo.

«E allora?» fece Lorun, «È un Evento. Abbiamo fatto succedere qualcosa. Siamo venuti qui altre volte, ma non abbiamo mai avuto molta fortuna con la lava. Questo è veramente groshing, mia ooma. Goditelo.»

«Oh, Lorun,» mormorai. E poi notai qualcosa che nessun altro vedeva: una piccola spia verde che si accendeva e si spegneva sulla parete. Andai a guardare, e c’era scritto Scudo d’onde d’emergenza in funzione. La Commissione! Ringraziai la Commissione. La saggia, meravigliosa groshing Commissione! Là sapevano del sabotaggio dei Jang, ma proteggevano la città. Benissimo, lasciamo che i Jang aprano la cupola ma, con quella pericolosa lava tutto intorno, mettiamo un meccanismo a reazione immediata per schermare la cupola, mentre le onde si riordinano: un meccanismo al quale i Jang non possono arrivare.

Il nostro sabotaggio era stato sventato, e io mi sentivo così felice.

Gettai le braccia al collo di Lorun e lo baciai. Lui sembrò soddisfatto. Sembrò meno soddisfatto quando corremmo via e trovammo la città perfetta, intatta. Gli altri diventarono di pessimo umore. Sembrava pensassero che fossi io la responsabile del loro insuccesso: e se desiderare significa fare, immagino che lo fossi davvero.

9.

Dopo la storia della lava, avrei dovuto essere più ferma con me stessa, per quanto riguardava Lorun. Ma non lo fui. Bene, pensai, c’era in lui qualcosa, un particolare, che non mi piaceva, ma ero ancora zaradann di lui, in modo insumatt. Non potevo dire: «Me ne vado. Otteniamo l’annullamento.» Mi dissi che avrei resistito fino alla scadenza della proroga matrimoniale, che sarebbe stata di lì a dieci unit; e allora avrei deciso per la faccenda della bambina.

Poi Lorun mi chiese se mi sarebbe piaciuto andare a Quattro BAA con il suo avioplano privato, e questo sistemò tutto. Beh, tanto ci tenevo a vedere Quattro BAA.

«Il mio fattore,» disse distrattamente Lorun, «ha qualcosa a che fare con gli allevamenti. Possiamo andare a dare un’occhiata in giro, se vuoi.»

L’avioplano era superlussuoso e guidato da un robot. Facemmo l’amore e suonammo una speciale Musica per l’Orecchio Superiore, che ti faceva sentire beato e sereno e impazzito di gioia, e mangiammo prugne di zucchero su ghiaccio d’oro, e in genere ci demmo ai bagordi.