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Finì, in tono gelido: — Naturalmente è possibile che io sia impazzito, o temporaneamente o in via definitiva, e che abbia allucinazioni, ma fintanto che non ne sarò sicuro, non voglio correre rischi idioti… e non intendo farmi ridere dietro.

Byers, che aveva continuato a scuotere la testa e ad alzare le mani in segno d’implorazione, disse, in tono un po’ offeso e rassicurante: — Mio caro Franz, non ho dubitato neppure per un istante della tua serietà, e non ho mai sospettato neppure lontanamente che fossi uno psicotico. Anzi, sono portato a credere alle entità paramentali fin da quando ho letto il volume di De Castries e in particolare dopo che ho sentito varie storie molto strane, molto circostanziate sul suo conto; e adesso la tua sconvolgente testimonianza diretta ha spazzato via i miei ultimi dubbi. Ma io non ho mai visto una di quelle entità: se l’avessi vista, sono sicuro che proverei il tuo stesso terrore. Però, fintanto che non ne avrò viste, e forse in ogni caso, e nonostante l’orrore che evocano in noi, sono entità molto affascinanti, non lo ritieni anche tu? Ora, quanto all’accusa che avrei scambiato il tuo racconto per una storia d’invenzione… ecco, mio caro Franz, per me, il fatto che una storia sia buona è la prova più alta della sua veridicità. Non faccio distinzioni tra realtà e fantasia, tra oggettivo e soggettivo. La vita e la coscienza sono la stessa cosa, in ultima analisi, e includo nel discorso anche la sofferenza più acuta e perfino la morte. Non è detto che l’intera recita ci debba piacere, e i finali non sono mai consolanti. Certe cose si collegano tra loro in modo armonioso e gradevole, o in modo sorprendente con affascinanti dissonanze, e queste sono le cose vere; altre non si collegano per nulla, e queste sono soltanto una cattiva opera d’arte. Non capisci?

Franz non fece commenti immediati. Naturalmente, non aveva prestato alcuna fede alle “rivelazioni” di De Castries in se stesse, ma… Annuì, pensieroso, anche se non per rispondere alla domanda. Sentiva la mancanza dell’acutezza di Gunnar e di Saul… e di Cal.

— E adesso ti racconterò la mia storia — disse Byers, soddisfatto. — Ma prima un sorso di cognac: mi sembra necessario. E tu, cosa prendi? Be’, allora un po’ di caffè bollente: te lo porto subito. E qualche biscotto? Sì.

Franz cominciava ad avere un leggero mal di testa e a sentire una certa nausea. I biscotti di tapioca, semplicissimi e pochissimo zuccherati, gli diedero subito la sensazione di stare un po’ meglio. Si versò il caffè nero e aggiunse un po’ di panna e di zucchero che questa volta il suo anfitrione gli aveva portato premurosamente. Anche il caffè contribuì a migliorare la situazione. Franz non allentò la vigilanza, ma cominciò a sentirsi un po’ più tranquillo, come se la coscienza del pericolo stesse diventando un modo di vivere.

18

Byers alzò un dito (inanellato in un grosso gingillo in filigrana d’argento) e disse: — Devi tener presente che De Castries è morto quando tu e io eravamo bambini. Quasi tutte le mie informazioni provengono da un paio di amici di De Castries, non troppo intimi e non particolarmente benvoluti, dei suoi ultimi anni di vita: George Ricker, che era un fabbro e che giocava a go con lui, e Herman Klaas, che gestiva una libreria antiquaria in Turk Street ed era una sorta di anarchico romantico, e per un certo tempo era stato anche un iscritto al movimento per la Tecnocrazia. E in parte le mie informazioni provengono da Clark Ashton Smith. Ah, questo t’interessa, vero? Ma non si trattava di grandi cose… Clark non amava parlare di De Castries. Probabilmente, è stato a causa di De Castries e delle sue teorie se Clark si è tenuto alla larga dalle grandi città, perfino da San Francisco, ed è diventato l’eremita di Auburn e di Pacific Grove. E poi ho qualche dato ricavato da vecchie lettere e ritagli, ma non è molto. La gente non amava mettere nero su bianco le cose che riguardavano De Castries, e aveva buone ragioni per non farlo. Del resto, verso la fine, lui stesso viveva circondato dalla massima segretezza. È strano, se pensiamo che aveva cominciato la carriera scrivendo e pubblicando un libro sensazionale. Tra parentesi, la mia copia l’ho avuta da Klaas, quando è morto, e forse lui l’aveva trovata fra la roba di De Castries, dopo la morte di quest’ultimo… non l’ho mai saputo con precisione.

“Inoltre — proseguì Byers — probabilmente ti racconterò la storia in uno stile un po’ romanzesco, almeno in certe parti. Non lasciarti fuorviare. Mi serve per aiutarmi a organizzare i pensieri e scegliere i particolari importanti. Non mi allontanerò minimamente dalla verità rigorosa, così come l’ho scoperta: anche se nella mia storia possono esserci accenni ai paramentali, suppongo, e di sicuro c’è almeno uno spettro. Io penso che tutte le città moderne, soprattutto quelle più grossolane e recenti, altamente industrializzate, dovrebbero avere i loro spettri. Esercitano un’influenza civilizzatrice.”

19

Byers bevve una generosa sorsata di cognac, se la fece passare sulla lingua con soddisfazione, e poi si appoggiò alla spalliera della poltrona.

— Nel 1900, con il secolo nuovo — incominciò in tono drammatico — Thibaut De Castries era giunto nell’assolata e vivace San Francisco come un portento tenebroso, scaturito dai reami orientali del freddo e del fumo di carbone, dove pulsava l’elettricità di Edison e dove si levavano i grattacieli di Sullivan dall’anima d’acciaio. Madame Curie aveva appena annunciato al mondo l’esistenza della radioattività, e la radio di Marconi superava i mari. Madame Blavatsky aveva importato dall’Himalaia le misteriose conoscenze della teosofia e aveva trasmesso la torcia dell’occulto ad Annie Besant. L’astronomo reale scozzese Piazzi Smith aveva scoperto la storia del mondo e il suo tremendo futuro nella galleria principale della grande piramide d’Egitto. Intanto, in tribunale, Mary Naker Eddy e le sue principali accolite si scagliavano l’un l’altra accuse di stregoneria e di magìa nera. Spencer predicava la scienza. Ingersoll tuonava contro la superstizione. Freud e Jung s’immergevano nelle sconfinate tenebre del subconscio. Prodigi mai sognati erano stati presentati all’Esposizione universale di Parigi, per la quale era stata eretta la Torre Eiffel, e all’Esposizione mondiale colombiana di Chicago. New York scavava le gallerie della sua sotterranea. Nel Sudafrica, i boeri sparavano contro i cannoni britannici, costruiti da Krupp in acciaio a prova di esplosione. Nel lontano Catai infuriavano i Boxer, che si credevano invulnerabili alle pallottole grazie alla loro magìa. Il conte Von Zeppelin dava il varo al suo primo dirigibile, mentre i fratelli Wright si preparavano al primo volo.

“De Castries portava con sé soltanto una grande valigia nera Gladstone, piena di copie del suo libro mal stampato, che non si riusciva a vendere più di quanto Melville non riuscisse a vendere il suo Moby Dick, e una testa zeppa di idee fenomenali, tenebrose e insieme illuminanti; e inoltre (affermano alcuni) una grossa pantera nera, tenuta al guinzaglio con una catena d’argento alla moda tedesca. E secondo altri era anche accompagnato, o perseguitato, da una donna misteriosa, alta e flessuosa, che portava sempre un velo nero e ampi abiti scuri che sembravano di foggia orientale, e che aveva la caratteristica di apparire e sparire all’improvviso. Comunque De Castries era un uomo magro e muscoloso, instancabile, piuttosto piccolo, con l’aria da aquila, gli occhi penetranti e una piega ironica sulle labbra, e indossava la propria fama come un mantello da sera.