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“Correvano dieci voci diverse sulle sue origini. Alcuni dicevano che lui stesso ne improvvisava una nuova ogni sera, e alcuni che erano tutte inventate da altri, ispirati dal suo aspetto cupo e dal suo magnetismo personale. La versione prediletta da Klaas e Ricker era moderatamente spettacolare: a tredici anni, durante la guerra franco-prussiana, De Castries era fuggito da Parigi assediata salendo su un pallone all’idrogeno, insieme con il padre mortalmente ferito, che era un esploratore dell’Africa nera, alla giovane, bellissima e colta amante polacca del padre, e a una pantera nera (non la stessa) che suo padre aveva catturato nel Congo e che avevano appena salvato nel giardino zoologico, dove i parigini affamati uccidevano gli animali selvatici per mangiarseli. (Naturalmente, un’altra leggenda affermava che a quell’epoca De Castries era il giovanissimo portamessaggi di Garibaldi in Sicilia, e che suo padre era il più rispettato e temuto dei Carbonari.)

“Volando rapidamente verso sudest sul Mediterraneo, il pallone incontrò a mezzanotte un temporale che pur aumentandone la velocità lo fece abbassare sempre di più verso le onde dai bianchi artigli. Immagina la scena, rivelata dalla successione dei lampi, nella cesta del pallone, fragile e troppo carica. La pantera sta acquattata in un angolo, ringhiando e soffiando e agitando la coda, e i suoi artigli sono piantati nei vimini con tanta forza da minacciare di spezzarli. I volti del padre morente (un vecchio falco), del ragazzo ansioso e con gli occhi lampeggianti (già un aquilotto), e della giovane donna fiera, intellettuale, ardentemente fedele… tutti disperati e pallidi come la morte, nell’azzurrognolo bagliore dei lampi. Intanto, il tuono risuona assordante, come se l’atmosfera della notte venisse lacerata o cannoni enormi sparassero nelle loro orecchie. All’improvviso la pioggia, sulle loro labbra, assume un sapore salmastro. Gli spruzzi delle fameliche onde.

“Il padre moribondo afferra la mano destra degli altri due, le congiunge, le stringe per un attimo, ansima qualche parola (che si perde nel vento furioso) e con un ultimo sforzo convulso si getta nel vuoto.

“Il pallone balza verso l’alto, esce dal temporale, e continua a volare verso sudest. Agghiacciati e atterriti, ma decisi, i due giovani stanno raggomitolati uno tra le braccia dell’altra. Nell’angolo opposto, la pantera nera, più calma, li fissa con gli enigmatici occhi verdi. E a sudest, dove si stanno dirigendo, la falce della luna appare sopra le nubi, come la corona di strega della Regina della Notte, imponendo sulla scena il suo suggello.

“Il pallone atterra nel deserto egiziano, nei prezzi del Cairo, e il giovane De Castries s’immerge subito nello studio della grande piramide, assistito dalla giovane amante polacca del padre (che adesso era diventata la sua amante) e aiutato dal fatto che discendeva, per parte di madre, da Champollion, il decifratore della Stele di Rosetta. Fa tutte le scoperte di Piazzi Smith (e ne fa qualche altra, che tiene segreta) con dieci anni d’anticipo, e getta le basi della sua nuova scienza delle supercittà (e anche le basi del suo Grande Cifrario), prima di lasciare l’Egitto per andare a studiare le megastrutture e i criptoglifici (lui li chiamava così) e i paramentali in tutto il mondo.

“Vedi, il legame con l’Egitto mi affascina — disse Byers, interrompendosi per versarsi altro cognac. — Mi fa pensare al Nyarlathotep di Lovecraft, venuto dall’Egitto per tenere conferenze pseudoscientifiche che annunciavano la disgregazione del mondo.”

L’accenno a Lovecraft ricordò qualcosa a Franz, che esclamò: — Ehi, ma Lovecraft non aveva, tra i clienti delle sue revisioni, anche un tale con un nome simile a Thibaut De Castries?

Byers spalancò gli occhi. — In verità, sì. Adolphe De Castro.

— Sono molto simili! Non credi che…?

— … che fossero la stessa persona? — Byers sorrise. — La possibilità è venuta in mente anche a me, mio caro Franz, e c’è una cosa da aggiungere in proposito: Lovecraft chiamava Adolphe De Castro “amabile ciarlatano” e “vecchio ipocrita untuoso” (pagava a Lovecraft, che glieli riscriveva completamente, meno di un decimo del compenso ottenuto per i suoi racconti). Ma no… — Sospirò, smorzando il sorriso. — No, De Castro era ancora vivo e assillò Lovecraft e andò a trovarlo a Providence, dopo la morte di De Castries.

“Per ritornare a quest’ultimo, non sappiamo se la sua giovane amante polacca l’accompagnasse, e se fosse lei la misteriosa donna velata che, come dicevano alcuni, era comparsa a San Francisco contemporaneamente a lui. Ricker pensava di sì. Klaas invece ne dubitava. Ricker era piuttosto propenso a romanzare il personaggio della polacca. La presentava come una brillante pianista (lo si dice sempre dei polacchi, no? la colpa è tutta di Chopin) che aveva trascurato il proprio talento per porre tutta la sua sorprendente conoscenza delle lingue e le sue doti di segretaria… e tutte le consolazioni del suo corpo giovane e ardente… al servizio del genio ancor giovane che lei adorava con una devozione superiore a quella con cui aveva adorato il padre.”

— E come si chiamava? — chiese Franz.

— Non sono mai riuscito a saperlo — rispose Byers. — Klaas e Ricker l’avevano dimenticato, oppure, più probabilmente, era uno dei particolari che il vecchio aveva tenuto segreti. E poi c’è qualcosa di compiuto nella frase “la giovane amante polacca di suo padre”: cosa potrebbe esserci di più esotico e seducente? Fa pensare ai pianoforti, a oceani di trine, a champagne e pistole! Perché, dietro la sua maschera dotta e serena, lei aveva un temperamento forte e collerico, o almeno così la descriveva Ricker. Quando s’infuriava, sembrava sul punto di esplodere, come una bambola di pezza imbottita di esplosivo. I fellahin avevano paura di lei, la credevano una strega. Era stato durante gli anni del soggiorno in Egitto che aveva preso l’abitudine di portare il velo, diceva Ricker.

“Altre volte era incredibilmente seducente, il culmine della seduzione europea, e iniziava De Castries alle pratiche erotiche più voluttuose e cercava di rendere più ampia e profonda la sua conoscenza della natura e dell’arte.

“Comunque, De Castries, quando è arrivato nella città del Golden Gate, aveva, acquisita chissà come, la fama di uomo tenebroso e satanico. Immagino che fosse un po’ come il satanista Anton La Vey (che per qualche tempo si è tenuto in casa un leone più o meno domestico; lo sapevi?). Tuttavia non aspirava al solito tipo di pubblicità. Cercava invece persone brillanti e indipendenti, amanti della vita più scatenata, e se avevano anche parecchio denaro, questo non guastava.

“E naturalmente le ha trovate! Il prometeico (e dionisiaco) Jack London. George Sterling, poeta fantastico e idolo romantico, favorito del ricco ambiente del Bohemian Club. Il loro amico, il brillante avvocato Earl Rogers, che in seguito difese Clarence Darrow e gli salvò la carriera. Ambrose Bierce, un vecchio stizzoso, anche lui un’aquila, con il suo Dizionario del diavolo e i suoi racconti dell’orrore incomparabili nella loro sintesi. La poetessa Nora May French. Una leonessa di montagna: Charmion London, e una che non le era molto da meno: Gertrude Atherton. Ed erano solo i più vivaci, questi.

“E, com’è ovvio, si sono buttati con entusiasmo su De Castries. Lui era proprio il tipo di curiosità vivente che prediligevano. Jack London soprattutto. Una misteriosa origine cosmopolita, aneddoti alla Munchhausen, teorie scientifiche bizzarre e allarmanti, forti preconcetti anti-industriali e (diremmo noi) anti-Establishment, un pizzico di Apocalisse, un’atmosfera da fine del mondo, gli accenni a poteri tenebrosi: c’era tutto! Per molto tempo è stato il loro prediletto, il guru preferito del sentiero della mano sinistra, quasi il loro nuovo dio: e immagino che lui si sentisse tale. Acquistavano perfino copie del suo nuovo libro e se ne stavano seduti senza parlare (ma bevendo) mentre lui lo leggeva. I puri egoisti come Bierce lo sopportavano, e London, per un po’, gli ha lasciato tutto il palcoscenico libero: poteva permetterselo. Ed erano tutti disposti (almeno a parole) ad assecondare il suo sogno di un’utopia in cui gli edifici megalopolisotani erano proibiti (erano stati distrutti o in qualche modo domati) e la paramentalità veniva sfruttata per usi benefici, ed essi erano l’aristocrazia e De Castries il maestro spirituale di tutti.