Franz annuì. — Ma allora come mai il diario (che adesso racchiudeva la maledizione) era finito dove l’ho trovato io?
Byers rispose, con voce stanca: — Chi lo sa? La maledizione, comunque, mi ricorda un altro aspetto del carattere di De Castries, di cui non ti ho ancora accennato: la sua passione per gli scherzi crudeli. Nonostante la sua morbosa paura dell’elettricità, aveva una sedia (Ricker l’aveva aiutato a costruirla) con il cuscino che dava una scossa: la usava con i rappresentanti di commercio e le venditrici, i bambini e gli altri visitatori non graditi. La cosa l’ha messo nei pasticci con la polizia. Una ragazza che era andata a offrirsi come dattilografa si è bruciata il sedere. Adesso che ci penso, qui c’è un tocco di genuino sadismo, vero? L’elettricità… portatrice di scosse e di dolore. Gli scrittori non parlano forse di “baci che danno la scossa elettrica”? Ah, il male che si annida nei cuori degli uomini! — concluse in tono sentenzioso.
Si alzò, lasciando il diario nelle mani di Franz, e tornò a sedere al proprio posto.
Franz lo guardò con aria interrogativa, tendendo il diario di Smith verso di lui, ma il suo anfitrione disse, versandosi un altro bicchiere di cognac: — No, tienilo tu. È tuo. Dopotutto, sei stato tu a comprarlo. Ma, per amor del Cielo, abbine cura! È un pezzo molto raro.
— Ma tu cosa ne pensi, Donaldus? — chiese Franz.
L’altro scrollò le spalle e cominciò a sorseggiare. — Un documento agghiacciante, davvero — disse, sorridendo a Franz, come se fosse ben felice che se lo tenesse l’altro. — Ed è rimasto davvero in attesa nelle edicole e sugli scaffali per molti anni, a quanto pare. Franz, proprio non ricordi dove l’hai comprato?
— Ho provato mille volte a farmelo tornare in mente — rispose Franz, con voce piena di rammarico. — Era nell’Haight, di questo sono sicuro. Si chiamava… In Group? Black Spot? Black Dog? Grey Cockatoo? No, niente di tutto questo, eppure ho provato centinaia di nomi. Credo che c’entrasse la parola “Black”, ma mi pare che il proprietario fosse un bianco. E c’era una bambina, forse la figlia, che l’aiutava. Non era tanto bambina, per l’esattezza: era pienamente sviluppata, mi sembra di ricordare, e se ne rendeva ben conto. Si strusciava addosso a me… È tutto molto vago. E poi mi sembra di rammentare (ero ubriaco, naturalmente) che ero attratto da lei — confessò, con una certa vergogna.
— Mio caro Franz, non lo siamo tutti? — commentò Byers. — Quelle piccole care creature, appena baciate dal sesso… E loro lo sanno bene! Chi può resistere? Ricordi quanto li hai pagati, i due libri?
— Una somma piuttosto alta, credo. Ma adesso cominciamo a tirare a indovinare.
— Potresti cercare nell’Haight, strada per strada.
— Credo di sì, se la libreria c’è ancora e se non ha cambiato nome. Perché non continui la tua storia?
— Va bene. Non c’è più molto. Vedi, Franz, ecco una prova che quella… ehm… maledizione non è particolarmente efficace. Clark ha avuto una vita lunga e attiva: altri trentatré anni. È rassicurante, non ti pare?
— Non è più tornato a San Francisco — disse brusco Franz. — O almeno non c’è più rimasto a lungo.
— Questo è vero. Be’, dopo la partenza di Clark, De Castries era rimasto solo e triste. Una volta ha raccontato a George Ricker, più o meno a quel tempo, la storia ben poco romantica del suo passato: gli ha detto che era un franco-canadese e che era cresciuto nel nord del Vermont. Suo padre era stato prima un tipografo di paese e poi un agricoltore, sempre fallito; e lui, un bambino solo e infelice. Sembra proprio la verità, non ti pare? E c’è da chiedersi come poteva essere la vita sessuale di un individuo simile. Niente amanti, direi, e tantomeno amanti straniere, misteriose e intellettuali. Be’, comunque adesso aveva avuto (con Clark) l’ultima possibilità di recitare la parte dello stregone sinistro e onnipotente; ma era finita in modo molto amaro, proprio come la prima volta, nella San Francisco fin de siècle… se era stata la prima volta. Tetro e solitario. A quel tempo aveva un’altra conoscenza o amicizia letteraria. Klaas e Ricker lo giuravano entrambi. Dashiell Hammett, che allora viveva a San Francisco, in un appartamento all’incrocio tra la Poste e la Hyde Street, e stava scrivendo Il falcone maltese. Me l’hai fatto tornare in mente quando hai cercato di ricordare il nome di quella libreria antiquaria. Black Dog, il “cane nero”, e il cacatoa. Vedi, il falcone d’oro, favolosamente ingemmato e smaltato di nero (che poi risulta falso), nel romanzo di Hammett viene chiamato qualche volta “l’uccello nero”. Hammett e De Castries facevano un gran parlare di tesori neri, mi hanno detto Klaas e Ricker. E dello sfondo storico del libro di Hammett: i Cavalieri Ospitalieri, in seguito Cavalieri di Malta, che avevano donato il falcone e che un tempo si chiamavano Cavalieri di Rodi.
— Rodi…! Ecco che rispunta! — esclamò Franz. — Quel maledetto Rodi 607!
— Sì — convenne Byers. — Prima Tiberio, poi gli Ospitalieri. Avevano tenuto l’isola per duecento anni, e poi erano stati cacciati dal sultano Maometto II nel 1522. Ma a proposito dell’Uccello Nero: ti ricordi quando ti ho parlato dell’anello di De Castries col mosaico di pietre dure che raffiguravano un uccello nero? Klaas sosteneva che era servito a ispirare Il falcone maltese! Non è necessario spingersi fino a questo punto, naturalmente; ma comunque è davvero molto strano, non pensi? De Castries e Hammett. Il mago nero e l’investigatore della scuola dei duri.
— Non è poi tanto strano, a pensarci bene — ribatté Franz, tornando a guardarsi intorno. — Oltre a essere uno dei pochi grandi romanzieri americani, Hammett era anche un uomo solitario e taciturno, e di un’onestà scrupolosa. Ha preferito scontare una condanna in un carcere federale piuttosto che tradire un impegno preso. E si è arruolato nella seconda guerra mondiale, anche se non era tenuto a farlo, e ha prestato servizio nelle fredde Aleutine, e si è buscato una malattia lunga e fatale. No, era logico che provasse interesse per un vecchio balzano come De Castries e dimostrasse una dura compassione, priva di sentimentalismi, per la sua solitudine, la sua amarezza e i suoi fallimenti. Continua, Donaldus.
— Non c’è molto da aggiungere — disse Byers, ma gli brillavano gli occhi. — De Castries è morto di embolo alle coronarie nel 1929, dopo due settimane di degenza al City Hospital. Era estate… Klaas diceva, ricordo, che il vecchio non era vissuto abbastanza per vedere il crollo della Borsa e l’inizio della grande depressione, “cosa che per lui sarebbe stata una consolazione, perché avrebbe confermato le sue teorie secondo cui il mondo andava a rotoli a causa dell’auto-degenerazione delle megacittà.”
“E così è finita. De Castries è stato cremato, come aveva chiesto; e in questo modo è sfumato il poco denaro che gli rimaneva. Ricker e Klaas si sono divisi le sue poche cose. Naturalmente non lasciava parenti.”
— Mi fa piacere — disse Franz. — Voglio dire, che sia stato cremato. Oh, so che è morto: doveva essere morto, dopo tutti quegli anni; ma, con tutto quello che mi hai detto oggi, avevo l’idea che De Castries fosse un uomo vecchissimo, ma energico e svelto, che si aggira ancora per San Francisco. Adesso, sapere che non solo è morto in un ospedale ma è stato anche cremato, rende più definitiva la sua morte.
— In un certo senso — riconobbe Byers, lanciandogli una strana occhiata. — Per un po’, Klaas ha tenuto le ceneri vicino alla porta di casa sua, in un’urna da poco prezzo fornita dal crematorio, in attesa che lui e Ricker decidessero cosa farne. Alla fine hanno pensato di seguire anche in questo il desiderio di De Castries, sebbene si trattasse di una sepoltura illegale; perciò hanno dovuto farlo di notte, in gran segreto. Ricker portava una piccozza, avvolta in carta da giornale; Klaas una piccola zappa, nascosta nello stesso modo.