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— Per voi è dunque tutto chiarissimo, non è vero? — Il grido di lei era una protesta, una difesa.

— Possono essermi sfuggiti alcuni particolari.

— Tutto chiarissimo!

Nonostante il visone gocciolante, non mancava di una certa dignità. Non pareva tipo da piangere facilmente, e infatti dai suoi occhi non sgorgò una lacrima. Taceva, ma quando si scostò un poco le sue spalle erano scosse da un tremito.

— Se aveste un’altra versione… — azzardò Casey.

— Grazie, grazie davvero!

— Santo Dio, che cosa pretendete che pensi?

Non era stata sua intenzione gridare così, ma non voleva farle credere di avere il minimo dubbio e non desiderava averne. Tutto il giorno non aveva fatto che ripetersi che tipo di donna fosse e non intendeva mutare opinione. Eppure aveva sempre saputo di mentire a se stesso. Ora ne era ancora più conscio, mentre Phyllis si volgeva di nuovo verso di lui e lo fissava con sguardo perplesso, indagatore. Così umidi di lacrime, i suoi occhi sembravano più grandi, e lei pareva piccina e spaventata.

— Scusate — disse — è tutto il giorno che mi sto rodendo. Non avrò riflettuto su ciò che avreste pensato, ma se volete ascoltarmi…

Casey ascoltò, ma non in quel momento, perché i minuti successivi gli occorsero per sollevare Phyllis che si era accasciata sul pavimento.

— È svenuta. Mi stava parlando e a un tratto è svenuta. È infreddolita e inzuppata.

— Lo vedo — disse Maggie. — Smettetela di comportarvi come il solito maschio buono a nulla e ficcatevi da qualche parte, mentre io le tolgo gli abiti bagnati. Andate a fare il caffè… se ne siete capace.

Casey si ritirò in cucina e cominciò a fare un baccano del diavolo col macinino e la cuccuma. Già un guaio vedere una ragazza in lacrime, vederla svenire era ancor peggio. Nessuno poteva esser più gradito di Maggie quando si era precipitata nello studio con aria stupefatta, prendendo subito le redini della situazione. Sulle prime gli aveva lanciato un’occhiataccia come se fosse stato lui a tramortire Phyllis — se non peggio — ma non era questo a dare quel tremito alle mani di Casey mentre dosava il caffè. La causa del tremito avrebbe richiesto una lunga analisi, e stava appunto procedendo a farla, quando Maggie lo chiamò.

— È viva — stava dicendo — e parla.

— Casey…

Solo allora lui si rese conto che conosceva il suo nome. Doveva sapere tante altre cose sul suo conto che non ricordava di averle detto, ma ormai non erano più importanti. Si accostò al divano, su cui sedeva avvolta in una coperta militare, e si sedette al suo fianco.

— Va bene, ascolto — disse.

— Non è come avete detto voi.

— E allora?

— È stato… terribile. — Si strinse di più la coperta, ma il suo tremito non dipendeva soltanto da una questione di temperatura. — Era tardi, quando siamo arrivati a casa di mio padre — continuò. — Non so esattamente l’ora, ma dovevano essere circa le undici. Eravate completamente sbronzo, ma sono riuscita a tirarvi fuori dalla macchina e a trascinarvi su fino all’appartamento. Avendo visto la luce nello studio di papà, avevo deciso di farvi fare la sua conoscenza.

— Questa non me l’aspettavo — fece Casey. — Doveva essere di manica larga vostro padre.

Phyllis non parve udirlo, e il suo viso aveva un’espressione tesa.

— Eravamo già nella stanza, prima che io vedessi ciò che era accaduto. Per un momento sono stata incapace di aprir bocca e perfino di fare un gesto, ma voi siete inciampato nell’attizzatoio sul pavimento e poi l’avete raccattato. Ecco come vi siete sporcato di sangue.

— L’ho raccattato! — ripeté Casey. — Ma bene! L’avrò coperto d’impronte.

— Lo suppongo. Non mi è venuto in mente di pulirlo.

Casey diede un’occhiata a Maggie, e i suoi occhi chiedevano: “Come si fa a capire quando mente?”. Ammesso che avesse un’opinione in proposito, Maggie la tenne per sé.

Intanto Phyllis continuava: — Quando mi sono finalmente resa conto dell’accaduto sono stata presa dalla paura. Nello stabile tutto taceva e poi d’un tratto ho udito il rumore dell’ascensore che saliva. Non si è fermato al nostro piano, ma il rumore è stato sufficiente a darmi l’impulso di fuggire. Forse avrei dovuto dominarmi, forse sarei dovuta rimanere e chiamare la polizia, ma ero in preda al panico. Temevo soprattutto per voi, non volevo mettervi nei guai.

— Davvero premurosa — fece Maggie.

— Sono sincera! Non è stato facile, ma sono finalmente riuscita a portarlo giù e a farlo salire in macchina. Nel frattempo si era messo a piovere, e devo aver vagato per ore sotto l’acqua prima di aver l’idea di condurlo qui. È stato l’unico posto che mi sia venuto in mente.

Maggie chiese: — Dopo dove sei andata?

— Mi sono avviata verso casa… per andar da mia madre, ma non ho potuto.

— Perché?

— Non lo so, non me la sentivo.

— Se vi picchia — osservò Casey — nutrirò grande ammirazione per lei.

Phyllis sollevò di scatto il capo biondo e lo fissò con occhi lampeggianti. Gridò: — Non mi credete! Non volete credermi! Ormai avete stabilito di non credermi, e, qualunque cosa io dica, non cambiereste opinione. Ma perché dovrei avere ucciso mio padre o incaricato voi di farlo? Era l’unica persona a cui volessi veramente bene.

Nascose il viso nella coperta che l’avvolgeva e, pur non piangendo, rimase tanto immobile che gli altri due non osarono disturbarla. Dopo poco rialzò la testa e prese a scrutare il viso di Casey con la stessa espressione assorta del giorno prima al bar Nuvola.

Finì per dire con tono calmo: — Voi mi aiuterete a scoprire chi è stato a uccidere mio padre.

— Davvero?

— Sì, e non sarà difficile. Il compito più arduo sarà di provarlo. È molto scaltro.

— Allora sai chi è? — chiese Maggie.

— Credo di saperlo. Anzi, sono sicura di saperlo. Papà era l’unica persona che temeva, l’unico che lo intralciasse. Era riuscito a ipnotizzare mia madre come fa con tutti, ma papà non si era lasciato menare per il naso. Aveva detto che non dovevo sposarlo se non ne avevo voglia.

Casey diede un’occhiata a Maggie, che rispose con un cenno di soddisfatta modestia. Rivolto a Phyllis spiegò: — Maggie ritiene che steste scappando da Lance Gorden quando veniste qui la prima volta.

— Lo conoscete?

— Ci siamo incontrati — fece Casey, sfregandosi le nocche con aria pensierosa.

— Maggie ha ragione, scappavo da lui. Insisteva sempre perché lo sposassi, e la mamma faceva altrettanto, così finii per cedere. — Phyllis aggrottò la fronte, quindi aggiunse: — Mia madre si agita troppo, trova che dovrei sistemarmi. Suppongo che le sue intenzioni siano buone, ma non capisce fino a che punto Lance l’abbia ipnotizzata.

— Dev’essere un vero Svengali — osservò Maggie — e senza neanche la barba.

Nelle sue parole affiorava un’inflessione che consigliava la prudenza, e Casey fu messo in guardia. “Ricorda” gli stava dicendo “è la piccina dalla fantasia fervida. Ricorda la disgraziata prima donna e il padre dedito al sacrificio.”

— A prescindere da una ragione ovvia che per il momento lascerò perdere — disse Casey — perché Gorden ci tiene tanto a questo nozze?

— Denaro. — La risposta era stata pronta.

— Sembra ben provvisto.

— Il verbo sembrare è molto adatto. — Il sorrìso di Phyllis era amaro. — Come credete che se la sarebbe cavata senza l’appoggio di mio padre? E anche quella fu un’idea di mia madre.

— E così, forse stanco di pagare la tassa sui redditi, fa fuori la sorgente di questi redditi? Sarebbe questa la vostra teoria?